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Diritto alla salute mentale e benessere psichico, il manifesto condiviso dal Centro Basaglia

L'associazione: "Le nostre iniziative sono sempre andate nella direzione di sostenere la sanità pubblica e crediamo che mai come in questo momento ci sia bisogno di esserci, di sottolineare le criticità, di contribuire al cambiamento di passo del sistema delle cure pubbliche"

Riceviamo e pubblichiamo la nota da parte dell''Associazione Centro Franco Basaglia di Arezzo.

L'associazione - si legge - "condivide e sottoscrive il documento che diffondiamo qui di seguito a firma di colleghe e colleghi del ruolo pubblico e delle società attive nella salute mentale che, soprattutto in questo periodo, si sono fatte promotrici di iniziative che mirano ad affrontare la crisi presente nella salute mentale pubblica e nelle politiche sociali di comunità. Le nostre iniziative sono sempre andate nella direzione di sostenere la sanità pubblica e crediamo che mai come in questo momento ci sia bisogno di esserci, di sottolineare le criticità, di contribuire al cambiamento di passo del sistema delle cure pubbliche da più parti attenzionato nella sua indispensabilità ma anche nelle evidenti carenze. Lo facciamo e lo faremo in rete con tutta la cittadinanza, le operatrici e gli operatori dei Servizi pubblici di comunità, le associazioni di cura e assistenza alla sofferenza umana, con tutte e tutti coloro che nel nostro paese hanno a cuore la salute e le vite delle persone".

Il manifesto: il diritto alla salute mentale e il benessere psichico

La salute mentale è un diritto. L’investimento di fondi Pnrr per la salute mentale deve essere centrato nel Servizio Pubblico e inserito in un progetto di suo rinnovamento organico. Ciò implica una sua definizione rigorosa e funzionale: - La sofferenza di cui i servizi della salute mentale pubblica si fanno carico, ha, soprattutto nelle sue forme gravi destrutturanti, una complessa natura bio-psicosociale. Richiede una cura multidisciplinare che mette costruttivamente insieme psicoterapia (di bambini, adolescenti, adulti), farmacoterapia, psichiatria sociale, epidemiologia, politiche di prevenzione. Questa cura coniuga il contenimento dell’angoscia con il miglioramento della qualità della vita. - Il soggetto sofferente deve essere preso in cura nel contesto in cui vive. Il suo reinserimento nella vita sociale, lavorativa e culturale, che deve coinvolgere i membri e le istituzioni della sua comunità, è parte integrante del processo della sua restituzione a una vita dignitosa di persona e di cittadino. - Il cuore della salute mentale pubblica è l’equipe territoriale. Essa non è la somma di competenze separate, crea una cultura clinica e di ricerca multiprospettica, fondata su visuali differenti, ma complementari e dialoganti. La salute mentale pubblica è oggi in crisi. La cura è quasi totalmente affidata ai trattamenti farmacologici, spesso eccessivi o mal impostati, i servizi per i bambini e gli adolescenti sono palesemente inadeguati, il lavoro dell’inserimento nella comunità è sempre più limitato all’assistenza materiale. La psicoterapia (l’elaborazione soggettiva del dolore, la valorizzazione dei desideri e dei sentimenti come strumento di riappropriazione dei propri spazi di vista, il lavoro di ripristino di legami affettivi personalizzati, significativi) è in declino. Nell’intero ammontare dei trattamenti erogati dai servizi pubblici le psicoterapie rappresentano un misero 6%. Del tutto comprensibile è quindi la preoccupazione dei cittadini di non potere accedere a uno strumento importante della cura del loro malessere qual è la psicoterapia. Affrontare questo problema richiede progetti credibili, strutturali e funzionali: - Un forte potenziamento della psicoterapia nei servizi pubblici, oggi spopolati di psicoterapeuti, con l’assunzione di specialisti in questo campo della cura e con una ridistribuzione dei trattamenti monopolizzati dalla farmacoterapia a favore di quelli psicoterapici. Nel campo della sofferenza psichica destrutturante c’è una naturale alleanza tra la psicoterapia e un forte investimento nei processi di reintegrazione sociale e culturale delle persone gravemente sofferenti nella comunità in cui vivono come soggetti dotati della personale creatività che è diritto di tutti. - Poiché un intervento psicoterapico più strutturato e prolungato nel tempo può non essere effettuabile nelle strutture pubbliche, si può prevedere il finanziamento parziale di psicoterapie esterne per cittadini a reddito basso. Questo finanziamento deve essere gestito nell’ambito del servizio nazionale della salute mentale (che deve garantire la verifica del processo terapeutico) e deve essere destinato a psicoterapie svolte da professionisti accreditati individualmente o attraverso società scientifiche riconosciute dallo Stato (tra cui gli utenti possono scegliere). Un altro strumento, utile specialmente nel campo della sofferenza grave, sono le convenzioni con società scientifiche che offrono trattamenti psicoterapici per ceti sociali disagiati (inclusi i migranti) a prezzi molto agevolati. Parallelo alla questione del rinnovamento della salute mentale, ma non riducibile ad essa, è il problema della disoccupazione degli psicologi laureati. Questo problema va risolto, ma senza scaricarlo sul servizio nazionale della salute mentale. Si parla oggi genericamente di “benessere psicologico”, al posto di dire più correttamente “benessere psichico”, con l’intento di promuovere una funzione del laureato in psicologia separata dal campo della sofferenza. Questa prospettiva ha un importante limite: favorisce l’idea che un esperto possa intervenire in tutti i campi della nostra vita quotidiana e stabilire cosa porta benessere e cosa no. La “psicologizzazione” della vita “normale”, come pure la sua “medicalizzazione”, sono operazioni intrusive. L’occupazione dei laureati in psicologia non specializzati in campi specifici della cura (requisito fondamentale per la qualità del lavoro nei servizi pubblici) può essere favorita investendo nell’assunzione di psicologi nei servizi delle cure primarie, nella medicina ospedaliera e nei consultori. Attraverso un apposito apprendistato garantito dallo Stato che fornisca a questi laureati, non ancora formati per il loro compito di sostegno psicologico, anche un solido supporto di supervisione e li inserisca nella cultura del lavoro in gruppo. Il diritto alla salute mentale è un derivato del diritto fondamentale al benessere psichico (vivere creativamente la propria vita e goderne). Investire in questo è fondamentale per la costruzione di una società democratica, equa e garante di una buona qualità di vita. L’investimento va fatto in modo ragionato e lungimirante se si vuole davvero cambiare prospettiva.

A cura dei redattori del Manifesto della Salute Pubblica Angelo Barbato (Istituto farmacologico Negri), Antonello D’Elia (Psichiatria democratica), Pierluigi Politi (cattedra di Psichiatria Università di Pavia, Fabrizio Starace (Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica), Sarantis Thanopulos (Società Psicoanalitica Italiana) 

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