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"La Dad dimostra che lo studio non è un diritto, ma è un privilegio"

La lettera di uno studente universitario: "In un sistema scolastico in cui le disuguaglianze sono già presenti, l’azione del Coronavirus peggiora ulteriormente la situazione. La frequenza degli studenti alle lezioni cala vertiginosamente, e le cause sono molteplici"

Ospitiamo di seguito l'intervento di Lucrezia Lombardo, insegnante aretina, a proposito delle lezioni a distanza e dell'esperienza vissuta da un suo ex alunno all'università.

Qualche tempo fa ho avuto modo di dialogare con un giovane, uno studente della facoltà di Chimica, che si è riscritto all’Università dopo un periodo di fermo che gli ha fatto comprendere che, solo attraverso un’istruzione di livello, avrebbe potuto scegliere davvero cosa fare della propria vita. Il disagio che i giovani vivono in questa difficile fase storica è poco analizzato e pone interrogativi collettivi, che hanno a che fare con il futuro del nostro paese e con quello di un’intera generazione. La didattica a distanza lascia enormi lacune nella formazione dei nostri giovani e li priva di ogni relazionalità, eppure, è stata una scelta obbligata a causa dell’imperversare di una pandemia che pare ancora lontana dalla fine.

Ho voluto dare voce alla lettera che questo studente, Riccardo Lamberti, ha scritto, nel tentativo di raccontare il reale stato d’animo che i giovani stanno vivendo e nella speranza che, dalle parole di un ragazzo che s’interroga sul proprio futuro, possano nascere nuove consapevolezze, che ci aiutino a fronteggiare al meglio questa pandemia e a ideare nuove vie d’uscita.

“Come tutti gli studenti di anatomia sapranno, durante le lezioni si fa spesso ricorso all’esperienza tattile, per facilitare l’apprendimento della materia e renderla meglio assimilabile. Purtroppo, in questo periodo drammatico, tutti i sensi coinvolti nell’apprendimento di uno studente sono stati banditi. Anche le spiegazioni, che vengono tradotte da un microfono e ritrasmesse dall’altoparlante di un computer, non rendono la vera intonazione che un professore usa durante la lezione, ed una webcam non è in grado di catturare in maniera organica ciò che avviene nell’espressione del docente mentre sottolinea un concetto, come non è in grado di esprimere il modo in cui le sue mani si muovono mentre mimano un meccanismo troppo difficile da spiegare esclusivamente a parole. Ed è forse proprio la gestualità, una delle mancanze più significative per noi studenti nell’epoca del Coronavirus: il processo educativo non prevede solo concetti, formule e teoremi da ricordare, ma molto di più. La scuola, e maggiormente l’Università, sono luoghi in cui s’impara, in primis, la relazione con gli altri: a scuola vengono formati i cittadini del mondo di domani. La scuola e l’università sono inoltre i luoghi in cui si apprendono le abilità più sottili, quelle che in America chiamerebbero le 'soft skills', che prevedono l’esperienza sul campo.

E’ qui che nasce la mia più impellente domanda: che ne sarà delle nostre 'soft skills'?

Che ne sarà di tutta la conoscenza che ci viene trasmessa? Avremo le giuste abilità cognitive per poter esercitare, un domani, le competenze apprese? Quanto sarà profondo, sul nostro futuro lavorativo e umano, il solco lasciato dall’impatto “dell’asteroide Coronavirus”?

In un sistema scolastico in cui le disuguaglianze sono già presenti, l’azione del Coronavirus peggiora ulteriormente la situazione. La frequenza degli studenti alle lezioni cala vertiginosamente, e le cause sono molteplici: la mancanza di dispositivi idonei alla didattica a distanza, la mancanza di una connessione stabile su rete nazionale, per non parlare poi dei “problemi pratici” connessi a questa nuova modalità di apprendimento. La Dad ha quindi amplificato e reso manifesto il fatto che, quello allo studio non è più un diritto, ma un privilegio. Si sta così verificando un’involuzione, che ci approssima alla situazione vissuta dall’Itala subito dopo la seconda quella mondiale, situazione nella quale solo pochi fortunati avevano un accesso garantito alla scuola.

Le problematiche aperte dalla Dad potrebbero sembrare superficialmente qualcosa che ha poca rilevanza per il futuro degli studenti, ma, ad un’analisi più accurata, ciò si rivela falso.

La situazione che l’istruzione pubblica sta attraversando inciderà sulla possibilità degli studenti di accedere ad un dottorato e di trovare o meno un posto di lavoro decente. Quel che si prospetta è quindi un futuro incerto per un’intera generazioni di giovani, che usciranno dalla pandemia con le possibilità dimezzate e con competenze ridotte. Quel che si prospetta è un futuro incerto per l’intero paese, nel quale il tasso di occupazione diminuirà ulteriormente, mentre le diseguaglianze cresceranno ancora, a meno che noi giovani non cominciamo a far sentire la nostra voce e a pretendere che quello all’istruzione sia davvero un diritto inalienabile”.

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