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Interventi laser alle varici, nuova tecnologia all’ospedale Santa Margherita

Venerdì scorso si sono tenuti i primi interventi alle varici con la tecnica LAFOS all’ospedale Santa Margherita di Cortona. La novità riguarda il trattamento che utilizza laser olmio e liquido scleroterapico, una tecnologia considerata...

Venerdì scorso si sono tenuti i primi interventi alle varici con la tecnica LAFOS all’ospedale Santa Margherita di Cortona. La novità riguarda il trattamento che utilizza laser olmio e liquido scleroterapico, una tecnologia considerata all’avanguardia dalle linee guida internazionali.

Nell’ambito della Asl Toscana sud est, l’ospedale della Valdichiana è il primo a dotarsi di questo strumento, “ribadendo la volontà di sviluppare la chirurgia programmata con utilizzo di tecniche innovative su patologie ad alta frequenza. Le prime persone sottoposte a questo intervento si sono dichiarate subito molto soddisfatte. Per noi è un risultato importante, che funzionerà da elemento di attrazione verso il nostro ospedale dalle zone limitrofe come l’Umbria” spiega Rosa La Mantia, direttore dell’ospedale.

Il chirurgo che si occupa degli interventi è Gaspare Andrea Gerardi dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia generale, diretta da Andrea Bufalari. “Questo tipo di intervento – dichiara Gerardi - garantisce mini invasività e totale assenza di dolore durante e dopo il trattamento. E’ indicato soprattutto per pazienti anziani con comorbilià e sotto terapia anticoagulante. Non richiede accesso alla sala operatoria e può essere eseguito in regime ambulatoriale. Ogni intervento dura circa 30/40 minuti per arto e al termine del trattamento il paziente viene invitato ad indossare la calza elastica. Quindi può essere immediatamente dimesso. Dopo il trattamento, la persona viene rivalutata a 7 giorni, a 1 mese, a 6 mesi e poi annualmente”.

I primi 4 casi trattati (due safene esterne e due interne) sono 2 uomini e 2 donne, di età media 55 anni. La malattia venosa varicosa colpisce gli arti inferiori nel 10 - 50% della popolazione adul­ta maschile e nel 50 - 55% di quella femminile. E‘ una condizione clinica molto rilevante, sia da un punto di vista epidemiologico che per le ripercussioni socio-economiche che comporta.

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