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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Fuochi sulla montagna, quella notte in cui Arezzo continuò a resistere. Le antiche fiamme riaccese dalla Brigata XXV maggio

Ieri sera l'Alpe di Poti ha ospitato nuovamente la manifestazione che ogni anno viene organizzata dalla Brigata partigiana XXV maggio per commemorare uno dei capitoli più romantici e carichi di significato della storia contemporanea

I fuochi sulla montagna sono stati riaccesi. Ieri sera, come 77 anni fa, una luce ha schiarito la notte di Arezzo. Bagliori rossi si sono levati dalle alture dell'Alpe di Poti e hanno richiamato alla memoria quel 25 maggio del 1944 quando, un gruppo di partigiani aretini, decise di sfidare apertamente il proclama con il quale veniva intimata loro la resa. Un appuntamento onorato dalla Brigata Partigiana XXV maggio che, ogni anno, durante questa notte, accende delle torce rosse sul versante della montagna che volge verso la città.

"Oggi, un giorno del ’44 - spiegano dalla Brigata - dalle montagne aretine è arrivato un messaggio chiaro e netto. Centinaia di torce rosse della Brigata XXV maggio hanno illuminato l’Alpe di Poti, ricordando il gesto coraggioso e rivoluzionario. Oggi più che mai, non solo il valore della memoria deve essere strenuamente difeso, ma è necessario rimarcare con forza, sempre e ovunque, l’origine antifascista della nostra Costituzione. A pochi giorni di distanza dalla manifestazione della destra estrema di Roma, alla quale hanno partecipato anche elementi del neo fascismo aretino, ricordiamo che il nostro territorio è medaglia d’oro al valor militare per attività partigiana; che il testimone lasciatoci da Pio Borri, Licio Nencetti, Sandokan, London, Fulmine, Pantera e tutti gli altri combattenti è saldo nelle nostre mani e che i fuochi della Resistenza non si spengeranno mai. Ora e sempre Resistenza".

25 maggio 1944

Era il 15 maggio del 1944 quando le autorità nazifasciste emisero, anche ad Arezzo, un’ordinanza intimando a coloro che possedevano armi di consegnarsi da lì a dieci giorni. L’ordinanza, che prometteva di avere salva la vita, aveva però lo scopo di disarmare i partigiani e le bande organizzate della Resistenza. Ma quella breve nota, pubblicata da tutte le prefetture d'Italia, altro non ottenne che infiammare, letteralmente, ancora di più i movimenti partigiani. Alla scadenza indicata non solo nessuno si presentò ma vennero accesi tantissimi fuochi sugli Appennini per dimostrare che coloro che combattevano per la libertà non avevano nessuna intenzione di arrendersi. Arezzo, ovviamente, rispose presente. 

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