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Scoperta la prima diga di castoro del Centro Italia: è in provincia di Arezzo

Si tratta di una struttura temporanea sul fiume Tevere, nei pressi di Sansepolcro. Mercoledì scorso una spedizione di ricercatori ha testimoniato le tracce di un nucleo di esemplari in Valtiberina

Una diga, benché temporanea, sul Tevere fatta dai castori. E' la prima di cui si abbia notizia in Centro Italia, almeno dal 1500, periodo in cui l'animale - che per tutto il Medioevo aveva popolato le zone della Toscana - si era estinto. Il suo ritorno è stato certificato la scorsa estate, ma la tracce del suo passaggio fanno presumere che sia in zona almeno dal 2020. E mercoledì scorso, 23 febbraio, alcuni ricercatori hanno fotograto la prima diga di castoro dell'Italia centrale dei nostri tempi. Si trova nell'Aretino, esattamente in Valtiberina, non lontano da Sansepolcro: qui è stata registrata la presenza di uno dei 4-5 nuclei di castori che si trovano attualmente in Toscana. La diga è temporanea, è stata realizzata sul letto del fiume Tevere: non ostruisce completamente il passaggio dell'acqua e potrebbe cedere alla prima piena. Ma si può già notare come l'attività del castoro (si tratta di quello europeo, il Castor fiber) possa modificare il contesto in cui vive.

Castori a Sansepolcro: la diga e i tronchi rosicchiati

Castoro in Toscana: impatto positivo o negativo?

"Questo roditore - spiega il ricercatore Giuseppe Mazza del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, difesa e certificazione) - è un ingegnere ecosistemico. Ovvero modifica in maniera notevole ambiente". In maniera positiva o negativa? Questo è il grande interrogativo dei biologi, adesso. "E' prematuro parlarne, bisogna approfondire - continua Mazza -. Tra i possibili effetti positivi: il castoro potrebbe stabilizzare i flussi idrici, riducendo così il rischio di inondazioni e piene. Potrebbe migliorare la qualità dell'acqua, alterandone la composizione chimico-fisico. Inoltre le dighe, creando zone di acqua stagnante, potrebbero favorire la biodiversità. Senza contare che dove c'è il castoro, aumenta l'attività turistica per la curiosità che l'animale stimola. Per quanto riguarda i possibili effetti negativi, invece, si può annoverare il fatto che ipotetici scavi per le tane sugli argini di un fiume potrebbero, di contro, anche aumentare i rischi di allagamento. Potrebbe essere messo in preventivo un impatto sulle attività agricole, anche se studi sostengono che sarebbe abbastanza irrisorio. Le dighe, infine, possono ridurre il movimento dei pesci. Di certo c'è un impatto sulla vegetazione. Può essere negativo, ma anche positivo. Ripeto, siamo nel campo delle ipotesi, bisogna raccogliere dati e comprendere, prima di sbilanciarsi".

Il mistero della provenienza del castoro

La presenza del castoro in Toscana e nell'Italia centrale in generale (la cui presenza è stata già certificata, oltre che a Sansepolcro nell'Aretino, anche a Murlo, Monticiano e Montalcino nel Senese, a Civitella Paganico nel Grossetano, a Città di Castello e Deruta nel Perugino, a Terni e a Mercatello sul Metauro, in provincia di Pesaro Urbino) è piuttosto sorprendente: è ricomparso improvvisamente, e in più parti contemporaneamente. Sulle sue tracce indagano alcuni ricercatori, oltre a Giuseppe Mazza ci sono Emiliano Mori e Andrea Viviano del Cnr (Consiglio nazionale delle riceche), Chiara Pucci e Davide Senserini, ricercatori liberi professionisti specializzati nella fauna selvatica. "Abbiamo escluso - dice il biologo del Crea - che si sia diffuso per una fuga da un giardino zoologico (e sul tema c'è stata anche un'accesa polemica, nda) ma è possibile che ci sia stata un'introduzione illegale. Appare difficile che il castoro abbia ripreso possesso di questi luoghi scendendo dall'Europa centrale, come invece ha fatto in Friuli, la cui presenza è documentata dal 2018, e in Alto Adige, dal 2020". Ed è un rebus su quel che occorre fare: perché la presenza del Castor fiber è sì autoctona, ma forse irregolare. "Bisogna osservare, raccogliere dati - aggiunge Mazza - al momento abbiamo trovato soltanto alberi rosicchiati, rami abbattuti".

Un nucleo da 4-6 esemplari a Sansepolcro

"Nessuno di noi ha visto il castoro dal vivo - aggiunge Mazza - abbiamo solo le immagini delle fototrappole. Un adulto può raggiungere i 30 chili. A Sansepolcro c'è un nucleo, si presume possa essere composto da 4-6 membri. La coppia di genitori e almeno due cuccioli. Di solito un nucleo ha due adulti di 2-3 anni e due piccoli di 0-6 mesi. Può capitare, ma molto raramente, che un esemplare di oltre 1 anno continui a fare parte del nucleo. Ma come detto, sono supposizioni per quanto riguarda l'Italia centrale. Ma stimare la popolazione è uno degli obiettivi del nostro progetto "Rivers with beavers". Al momento possiamo solo studiare il materiale raccolto. Abbiamo notato solo le tracce dei denti degli animali sui tronchi, si possono osservare morsi di adulti e di piccoli. Si nutrono prevalentemente di salici, pioppi, ontani. Sappiamo, infine, che sono riusciti a modificare sensibilmente, grazie alla diga, l'habitat. La parte a valle è fluviale, con acqua corrente e un'altezza di 40 centimetri, mentre a monte c'è una sorta di lago, profondo fino un metro".

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