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Mercoledì, 24 Aprile 2024
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Dall'Albania per dare alla luce una bambina, poi la scoperta della sindrome di Down: "Grazie ai medici, ci hanno sostenuto"

“Nonostante la sorpresa, non abbiamo avuto dubbi sull'amore per la nostra piccolina. La cosa che non ci aspettavamo è invece l'amore ricevuto dall’equipe della Pediatria-Neonatologia della Gruccia". Sono le toccanti parole di due neo genotori...

“Nonostante la sorpresa, non abbiamo avuto dubbi sull'amore per la nostra piccolina. La cosa che non ci aspettavamo è invece l'amore ricevuto dall’equipe della Pediatria-Neonatologia della Gruccia".

Sono le toccanti parole di due neo genotori che in questa estate hanno avuto la gioia di veder nascere la propria figlia all'ospedale della Gruccia. Dall'Albania, dove vivono, sono tornati in Valdrno, dove il padre è nato e dove vive la famiglia paterna, per il lieto evento. Ma c'è stata una "sopresa", come dicono gli stessi genitori: la bimba aveva la sindrome di Down e loro ne erano all'oscuro fino al momento della nascita. Gli esami diagnosti condotti all'estero non avevano evidenziato questa condizione e i neo genotori non sapevano che dopo la nascita avrebbero dovuto affrontare accertamenti specifici a causa delle patologie che la sindrome di Down spesso comporta, e aver cura di un neonato un po' più fragile.

"Senza esagerazione - raccontano mamma e babbo-, in quei giorni di paura per le patologie che la sindrome di Down spesso si porta dietro, ci siamo sentiti in famiglia, tanto da chiamare lo staff gli ‘zii buoni’ della nostra bambina".

Il racconto della madre arriva dritto al cuore: “La famiglia di mio marito risiede in Valdarno. A mia suocera avevano consigliato la Gruccia proprio per l'umanità dei medici – racconta Eri - Devo dire di non essere rimasta delusa per niente di questa scelta. Sono arrivata a Montevarchi con la cartella e tutti gli esami fatti all'estero. Nell’ultima ecografia, il ginecologo albanese aveva consigliato di farmi vedere appena arrivata in Italia, dato che il liquido amniotico non era tanto e sembrava che la bambina non fosse cresciuta molto. Quando è nata, subito c'è stato il sospetto della sindrome di Down, confermato dall'esame genetico”.

La notizia è stata un fulmine a ciel sereno per la coppia e per i familiari. "I medici - spiega la Asl in una nota - hanno saputo rispondere a tutti i dubbi in modo gentile ma anche fermo, sottolineando la necessità di intraprendere un particolare percorso diagnostico. A quel punto i genitori, resi consapevoli, sono diventati estremamente collaborativi ed empatici. Nell'arco di un mese la bambina ha completato tutto l'iter diagnostico: consulenza genetica e relativi esami, visita cardiologica ed eco cuore, visita neurologica e eco cerebrale, valutazione del fisioterapista, esame ABR per l'udito, valutazione della funzionalità tiroidea e follow up clinico - allattamento (esclusivo al seno), crescita staturo-ponderale, sviluppo psicomotorio. Al momento del ritorno in Albania, sono stati già programmati controlli per il mese di dicembre".

Il rientro a casa è stato positivo per la nuova famiglia. La piccola, racconta la mamma:

"E' guarita dall’ittero e ha iniziato a mangiare bene – continua Eri -, Sono stata aiutata per l'allattamento al seno. Patologie congenite per fortuna non ci sono e dormiamo più sereni grazie anche all’equipe, in particolare il dottor Tafi, che non ha voluto lasciar nulla di incontrollato. Ma tutta la struttura mi è piaciuta, sono umani oltre che dei professionisti. Vedere medici con gli occhi lucidi durante i prelievi di sangue dolorosi su una neonata, vale più di qualsiasi cosa. Non penso di voler mai partorire da un’altra parte. In una eventuale futura gravidanza, anche se spero sia più semplice di questa, torneremo a Montevarchi”.

Una grande emozione anche per l'équipe medica, che si è trovata a dover far fronte ad una situazione tanto inaspettata quanto delicata.

“Questa esperienza – raccontano emozionati Luca Tafi e Stefania Mugnai, rispettivamente direttore UOSD Pediatria e Neonatologia e coordinatrice ostetrica della Gruccia - dimostra che, con un po' di buona volontà da parte di tutti gli attori, è possibile conciliare i vari aspetti: il rigore scientifico, la tempestività del percorso diagnostico, l'attenzione e l'ascolto per un neonato più "fragile" degli altri e per i suoi genitori, che si trovano ad affrontare una diagnosi inaspettata che li impegnerà per tutta la vita. Questa sinergia, ad oggi, ha fatto sì che la neonata conduca una vita normale”.

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