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Covid-19, Magnolfi: "Paura, vergogna e sospetto"

Che cos’è che induce migliaia di persone in tutta Italia a sottoporsi a code estenuanti pur di effettuare il tampone per il coronavirus? Una riflessione sull'assalto ai tamponi

Riceviamo e pubblichiamo un contributo del dottor Fabrizio Magnolfi. Magnolfi è stato primario della Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, direttore del Dipartimento di Medicina Specialistica della Usl 8 di Arezzo e poi direttore dell’area funzionale di Medicina Specialistica della Azienda Usl Toscana Sud Est.
 

Che cos’è che induce migliaia di persone in tutta Italia a sottoporsi a code estenuanti pur di effettuare il tampone per il coronavirus?

Paura, vergogna e sospetto sono tre stati d’animo che forse ci possono fornire una chiave di lettura. 

Certamente la paura è il sentimento prevalente, paura di essersi infettati con il terribile virus, paura per sé ma anche e soprattutto per i propri familiari e amici e compagni di lavoro. E’ vero che il cosiddetto nemico invisibile nella grande maggioranza dei casi non provoca sintomi o provoca scarsi sintomi. Ma preoccupa quella percentuale non trascurabile di pazienti che viene ricoverata in ospedale, specie nelle aree di terapia intensiva e subintensiva, dove si corre il rischio di dovere essere sedati ed intubati per un indispensabile sostegno alle funzioni vitali. Preoccupano gli esiti a distanza dei danni d’organo. E soprattutto preoccupa quella fetta significativa di pazienti che purtroppo non ce la fanno. E la paura è alimentata ancor più dalla consapevolezza che la mortalità non riguarda esclusivamente gli anziani ed i soggetti con gravi malattie croniche magari associate, come sembrava all’inizio della pandemia, ma anche, talvolta, pazienti giovani e sani. 

C’è però un altro sentimento che anima il popolo dei richiedenti il tampone. E’ la vergogna di essersi infettati. Sembra paradossale ma è così. Ci si vuole liberare da questo sentimento di colpa con un responso negativo. Si vuole dimostrare di essersi comportati in modo rigoroso, rispettando tutte le regole consigliate per evitare il contagio: uso delle mascherine, distanziamento fisico, lavaggio e disinfezione delle mani. Si prova vergogna perché non si vuole apparire inadeguati, superficiali, inadempienti. Si prova vergogna per il timore di essere in qualche modo incolpati del contagio e per avere così facendo messo nei guai qualcun altro, magari un congiunto o un caro amico. Essere etichettati come Covid 19 positivi suona per molti come un marchio di infamia, che spinge all’emarginazione ed alla separazione dalla comunità in cui si vive.

E poi si sta radicando la cultura del sospetto che spinge reciprocamente a non fidarsi più di nessuno. Ormai si vive nella preoccupazione costante che tutto il nostro prossimo sia un potenziale untore, cioè possa trasmetterci il virus. E qui saltano pure le amicizie consolidate e le parentele. Il sospetto si è insinuato nei nostri rapporti sociali e finanche familiari. Ci pare di essere tutti l’un contro l’altro armati. Nessuno è esente dal sospetto che possa essere la causa potenziale del contagio. Oltretutto nella quotidianità di una normale vita di relazione sono numerose le occasioni di contatto con altri. Quante di queste sono ritenute a torto o a ragione pericolose? E per dissipare il sospetto c’è bisogno di una reiterata rassicurazione della nostra negatività al coronavirus mediante il tampone. Quando il test rapido sarà disponibile in farmacia ci sarà da aspettarsi un assalto alle farmacie stesse per procurarselo.

La paura, la vergogna ed il sospetto stanno dilagando e si sono ormai impadroniti di gran parte della popolazione che vive come un bollettino di guerra il resoconto giornaliero della espansione planetaria della malattia, redatto da televisione e giornali, che non fanno certo sconti nelll’informazione e sono più inclini  al terrorismo che alla tranquillizzazione. 

Sono sentimenti che si stanno radicando nella popolazione e ci vorrà molto tempo perché si dissipi l’ansia generalizzata e ritorni la serenità psichica. Bisognerà aspettare il vaccino e soprattutto un vaccino efficace e sicuro. 

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