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Arezzo ricorda Emanuele Petri, cerimonia di commemorazione con il capo della polizia Gabrielli

Era il 2 marzo 2003 quando, il sovrintendente capo della polizia di stato Emanuele Petri rimase vittima di un colpo di pistola esploso dalle mani di due terroristi delle Brigate Rosse mentre viaggiavano a bordo del treno 2304 Roma Firenze. Un...

Era il 2 marzo 2003 quando, il sovrintendente capo della polizia di stato Emanuele Petri rimase vittima di un colpo di pistola esploso dalle mani di due terroristi delle Brigate Rosse mentre viaggiavano a bordo del treno 2304 Roma Firenze.

Un giorno di particolare tristezza per la storia contemporanea aretina e italiana e che domani verrà ricordato con una cerimonia solenne alla quale prenderà parte anche il capo della polizia di stato Franco Gabrielli. Quattordici anni fa Il 2 marzo 2003 il sovrintendente Petri, con i colleghi Bruno Fortunato e Giovanni Di Fronzo, svolge servizio di scorta viaggiatori su un treno regionale sulla tratta ferroviaria Roma-Firenze. Poco dopo la fermata alla stazione di Camucia-Cortona, Petri e gli altri colleghi, durante controlli di routine, decidono di verificare le generalità di un uomo e una donna che viaggiavano a bordo del vagone. Questi, dopo aver esibito documenti falsi ai poliziotti che si accorgevano delle incongruenze, reagiscono nei loro confronti. L'uomo estraeva una pistola puntandola al collo del sovrintendente Petri e intimando agli altri poliziotti di gettare le armi. Uno dei due poliziotti obbedisce gettando la propria pistola sotto i sedili del convoglio, ma l'uomo reagisce ugualmente sparando alla gola di Petri, uccidendolo sul posto, e sparando anche contro l'ultimo poliziotto armato che, nonostante le gravi ferite, riesce a rispondere al fuoco dell'assalitore ferendolo mortalmente. La donna preme il grilletto della propria pistola contro l'ultimo poliziotto, ma l'arma non funziona, perché ancora con la sicura innestata. Ne segue una colluttazione al termine della quale la terrorista è bloccata. Secondo le dichiarazioni dell'agente Fortunato:

« Verso la terza-quarta vettura io (Fortunato, ndr) e Di Fronzo ci fermammo per identificare una persona, mentre Petri era andato avanti ed era entrato in uno scompartimento" racconterà poi al processo il sovraintentende Bruno Fortunato "Ho alzato lo sguardo, e ho visto Petri uscire dallo scompartimento con dei documenti in mano e cominciare a telefonare col cellulare collegato alla sala operativa della questura di Firenze. Poi ho visto un uomo (Galesi, ndr) che si avvicinava e gli puntava una pistola all'altezza della gola. Io e Di Fronzo ci siamo avvicinati di qualche passo e io gli ho fatto "ma che fai, butta quella pistola". Lui invece ci ha gridato qualcosa come "datemi le armi, consegnatele a lei" (la Lioce, ndr). Io avevo sfilato la mia pistola dalla fondina e la nascondevo dietro lo spigolo di una poltrona. Lei mi è passata accanto senza guardarmi, poi ho capito che puntava alla pistola che Di Fronzo intanto aveva gettato per terra sotto alcuni sedili. Quando lei era appena dietro di me, ho sentito un pizzico all'addome (il colpo sparato da Galesi, ndr). Poi ho sentito qualche altro colpo, ma non so quanti. Emanuele (Petri, ndr) era a terra, io ho alzato la pistola e ho sparato. Galesi è caduto a terra, disteso nel corridoio. A quel punto sento Di Fronzo che mi fa "Bruno, dammi una mano". Mi sono girato ma non me la sono sentita di fare un'altra cosa (di sparare, ndr). Ho rimesso la pistola nella fondina ho visto l'imputata distesa su una poltrona con una pistola fra le gambe che scarrellava e premeva il grilletto, alcune volte, senza che partisse il colpo. Di Fronzo era dietro di lei, piegato sullo schienale di una poltrona e cercava di bloccarla ma inutilmente perché non arrivava alla pistola. Ho visto la donna che cercava di riarmare l'arma più volte e di sparare verso di me. Dopo ho capito che era l'arma che Di Fronzo aveva gettato sotto i sedili. Gli ho strappato la pistola dalle mani, l'ho data a Di Fronzo e l'ho ammanettata. Poi sono andato a vedere più avanti. Galesi rantolava per terra, Emanuele purtroppo era disteso senza vita»

Il treno si ferma quindi alla stazione di Castiglion Fiorentino dove giungono i primi soccorsi per le persone ferite, tra i quali l'assalitore Galesi (morto alcune ore dopo in ospedale) e l'agente Fortunato, salvato con una lunga operazione chirurgica. Scosso dalla tragedia, non si riprese mai completamente e si suicidò nel 2010. Le prime indagini accertarono che i due sospetti controllati dai poliziotti erano terroristi facenti parte delle Brigate Rosse e, dalle ricostruzioni e dal materiale rinvenuto sul treno e nella borsa della donna (documenti, floppy disk e due palmari), gli investigatori riuscirono a catturare, nel periodo successivo, tutti gli appartenenti dell'organizzazione terroristica responsabile anche degli omicidi di Massimo D'Antona e Marco Biagi, avvenuti nel 1999 e nel 2002. Petri il giorno della sua morte non doveva prestare servizio, ma aveva chiesto un cambio turno per assistere un ex collega dei Carabinieri malato gravemente. Lascia la moglie e un figlio di 23 anni, anch'egli poliziotto. Alla sua memoria è stata conferita la medaglia d'oro al valor civile, consegnata alla moglie dal Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi e un monumento bronzeo a suo ricordo, rappresentante un cuore spezzato, è stato collocato nel piazzale della stazione ferroviaria di Castiglion Fiorentino, a lui ora dedicata. La commemorazione del Comune di Castiglion Fiorentino Giovedì prossimo, due marzo, per non dimenticare il sacrificio di Emanuele e dei suoi colleghi, per non dimenticare il lavoro indefesso delle Forze dell’Ordine, per non dimenticare i risultati importanti ottenuti contro la criminalità si terrà una cerimonia di commemorazione in memoria del Sovrintendente Capo della Polizia di Stato Emanuele Petri.

La manifestazione si terrà alle ore 11.30 presso piazza Emanuele Petri, antistante alla stazione ferroviaria, alla presenza delle autorità militari e civili, degli studenti di Castiglion Fiorentino e di Tuoro e della cittadinanza.

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