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Arezzo è la città toscana che ha perso più sportelli bancari. Cgil: “penalizzate famiglie e imprese"

"Chiudono gli sportelli, scompare il servizio sul territorio mentre ci sono più utili delle banche a danno delle comunità locali”

Arezzo è la provincia toscana che, in percentuale, ha perso più sportelli bancari tra il 2021 e il 2022: meno 9 e cioè il 5,88% contro il 3,5% della media regionale. Le ultime chiusure sono state quelle di Chiusi della Verna e Badia Tedalda. Meno sportelli, meno servizi per famiglie e imprese, meno dipendenti, la Fisac, il sindacato di categoria della Cgil, stima un calo del 10%. Ma non degli utili che per il sistema bancario continuano a crescere.

“Siamo di fronte ad una sua radicale trasformazione – commenta Alessandro Tracchi, segretario provinciale della Cgil di Arezzo. L’evoluzione tecnologica favorisce l’uso delle app e quindi un rapporto tra cliente e istituto mediato solo dallo smartphone o dal pc. Ma siamo anche di fronte a strategie dei grandi gruppi bancari nazionali che puntano a rendere le “vecchie” filiali luoghi ben diversi da quelli a cui eravamo abituati e dei quali le comunità locali avevano ed hanno bisogno. Il semplice cliente e cioè il lavoratore e il pensionato viene sostanzialmente scoraggiato a recarsi in banca e a fare, invece, tutto on line. I più recenti piani industriali dei gruppi bancari hanno determinato l’affermazione di pochi big players, tra cui  Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bper, Banco BPM, Monte dei Paschi, che continuano  imperterriti a ridurre drasticamente gli sportelli, nella sostanza quasi dimezzandoli”.

La logica la sottolinea Maria Agueci, segretaria Fisac Cgil Arezzo: “si chiudono anche le filiali che fanno utili, ma prive di potenzialità commerciali, potenzialità da cui le banche si aspettano, e realizzano quindi altrove magari al nord e nelle più grandi aree metropolitane, utili sontuosi (nel 2022 i maggiori istituti di credito hanno totalizzato complessivamente circa 13 miliardi di utili). La chiusura di uno sportello non crea solo disagio ai clienti ma impoverisce anche il territorio”. Creando gravi problemi ai dipendenti bancari: “diminuendo gli addetti aumentano i carichi di lavoro, rischia di diminuire la qualità del servizio alla clientela, s’incrementano i rischi operativi e professionali e le pressioni commerciali, con il risultato che i lavoratori sono sottoposti a stress sempre più spesso intollerabile”.

La logica del grande istituto bancario è semplice: meno sportelli, meno personale, meno costi, più guadagni. “Questa spersonalizzazione – afferma Tracchi - non aiuta le famiglie e rende più difficile il rapporto della piccola impresa con il credito: vede infatti allontanarsi il luogo decisionale, perde il rapporto personale, si dissolve la conoscenza diretta del cliente, delle sue potenzialità, delle sue strategie d’impresa; le statistiche confermano che più si allontanano i servizi bancari da un territorio, minore è il flusso finanziario all’economia locale. L’obiettivo delle banche rimane quindi quello di fare utili in gran parte grazie ai costi fissi e a quelli dei servizi di intermediazione, quindi riducendo progressivamente il sostegno creditizio  all’economia dei territori”.

Secondo la Cgil siamo di fronte ad un arrivederci se non a un addio alla banca del territorio. “Si è chiusa una fase storica del rapporto tra la provincia aretina e il credito. Il saldo di questa fase, per usare un linguaggio bancario, è tutto a favore delle banche e a danno delle famiglie e delle imprese. Rimane la presenza degli istituti di natura più locale e di quelli del credito cooperativo che però, per le loro dimensioni, non riescono sempre  a dare risposta ai bisogni complessivi del territorio”.

Tracchi sollecita un intervento tempestivo e incisivo delle istituzioni locali: “la banca è un’impresa privata ma rappresenta un servizio pubblico essenziale. Comuni e Provincia devono valutare se quella che la Fisac chiama “desertificazione bancaria”, in presenza di maggiori utili d’impresa di tale portata, sia un tema sociale oppure no. Secondo noi lo è perché penalizza le aree più deboli e disagiate, le famiglie più fragili, le imprese meno strutturate, le start up di giovani. Inoltre condanna l’intero sistema bancario a vedere progressivamente ridotto il numero degli addetti con un non condivisibile deterioramento della loro professionalità”. 

La Fisac Toscana ha iniziato la battaglia contro la desertificazione bancaria nel 2017. Finalmente è stato ottenuto un riscontro dal Consiglio Regionale che, con una risoluzione del 21 febbraio scorso, ha impegnato la Giunta ad assumere iniziative in tutte le sedi e verso i soggetti interessati per garantire parità di accesso ai servizi nelle aree interne e contrastare la riduzione delle filiali.

 “Cgil e Fisac – concludono Tracchi e Agueci – auspicano che la risoluzione del Consiglio Regionale non rimanga lettera morta e sono disponibili a qualsiasi confronto e in qualunque sede per affrontare un problema le cui ricadute, in questo complesso contesto, rischiano di danneggiare il tessuto socio economico dell’intera società aretina”.

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