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Riflessi di Shoah. Aldo, Bianca e Alda Lusena: la storia di una famiglia

Una vicenda umana straziante che affonda le proprie radici in un contesto storico dove la paura si è rivelata il peggiore dei carnefici

Aldo aveva 43 anni sua moglie, Alda, 29. La piccolo Bianca, loro unica figlia, 2 e mezzo. Una famiglia come tante altre la cui storia è solo un riflesso della Shoah che non si consuma dentro ai campi di concertamento ma, bensì, in un angolo di mondo chiamato Biforco nel verde Casentino.

Erano ebrei di origini fiorentine. Avevano un ingrosso di stoffe e, rispetto a molti altri, conducevano una vita agiata potendo contare sull'introiti della loro attività. Scapparono dalla loro città per cercare un luogo dove le leggi raziali e l'antisemitismo non potesse raggiungerli convinti di evitare la deportazione. Prima si rifugiarono ad Ortignano Raggiolo, poi a Bibbiena ed infine nell'alto Casentino. Qui certo, erano sicuri, avrebbero potuto iniziare una nuova vita tanto che con sé trasferirono anche la loro attività usufruendo degli spazi di un magazzino a Bibbiena. Ma, come spesso accade, i loro piani andaro in fumo.

"Incontrarono un profittatore - racconta Enzo Gradassi, autore del libro Sesto senso, volume dove viene ripercorsa l'intera, tragica vicenda umana dei Lusena - quest'ultimo aveva sicuramente interesse a mettere le mani sulla fortuna della famiglia e, piano piano poco alla volta, instillò nella mente di Aldo l'idea che i tedeschi li avessero trovati e stessero per venire a prenderli". 

Un tarlo così potente e così feroce che in pochissimo tempo rosicchiò completamente la mente dei due coniugi tanto che il 17 dicembre 1943 decisero che non avrebbero terminato i loro giorni tra le sofferenze e le umiliazioni di un carcere o campo di concentramento. Scelsero di togliersi la vita e di uccidere, soffocandola nel sonno, anche la loro adorata Bianca. Quella notte a prenderli non venne nessuno, i loro corpi vennero ritrovati dentro a quella stessa casa dove passarono gli ultimi cento giorni della loro vita.

"Dopo la loro morte - racconta ancora Enzo Gradassi - una sorella di Alda avviò un'indagine scoprendo come un uomo, un casentinese, aprì un negozio di stoffe con lo stesso materiale che i Lusena avevano portato da Firenze. Tutti in paese chiamavano quell'esercizio commerciale "la bottega dell'ebreo" anche se al suo interno non c'era nessuno commerciate di origini ebraiche. Ma tutti sapevano da dove veniva la merce che veniva venduta".

Tre vite spezzate. Una tragedia semplice, silenziosa e straziante che non trova ancora oggi alcuna spiegazione se non in un contesto fatto di paura e di cupidigia dove le miserie umane affondano le proprie radici. "La lettura delle carte processuali ritrovate di recente consente di rievocare una terribile vicenda che nasce con le leggi razziali e diviene via via più aberrante mano a mano che l'innocua e indifesa famiglia diventa vittima dell'altrui cupidigia, che non si ferma nemmeno di fronte alla morte" (Enzo Gradassi - Sesto Senso).

la piccola Bianca Maria Lusena-2
Bianca Lusena

Carolina, Aldo, Renzo e Elena Calò: gli ebrei che vissero, lottarono e morirono ad Arezzo

Il giorno della memoria

Il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche della 60ª Armata del "1º Fronte ucraino" del maresciallo Ivan Konev arrivarono per prime presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), scoprendo il vicino campo di concentramento di Auschwitz e liberandone i superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazifascista.

Sono passati esattamente settantacinque anni da quel momento e, ancora oggi, è impossibile dimenticare gli orrori di una delle pagine più buie e tristi dell'intera umanità. Una ferita profondissima, insanabile. 

Arezzo ha scelto di celebrare questa ricorrenza con una lunga serie di iniziative che prenderanno il via al cimitero degli ebrei e si concluderanno con il conferimento delle medaglie d’onore, alla memoria, concesse dal Presidente della Repubblica.

Il programma delle celebrazioni

I 4 campi di detenzione dell'Aretino

Una data carica di significato anche per Arezzo visto che, nel territorio provinciale, tra il 1940 e il 1943, erano quattro i campi di concentramento attivi: Laterina, Renicci, Villa Ascensione e Villa Oliveto.

L'intervista completa ad Enzo Gradassi

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