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Addio a Dario Fo, "l'eterno giullare". La Chimera, lo spettacolo mancato e gli affreschi di Piero

Nel 2014 era stato Giovanni Raspini a realizzare una Chimera in argento come omaggio al grande Dario Fo. In occasione della seconda edizione di Icastica, la kermesse di arte contemporanea che da quest'anno ha traslocato a Prato (ieri la...

Nel 2014 era stato Giovanni Raspini a realizzare una Chimera in argento come omaggio al grande Dario Fo.
In occasione della seconda edizione di Icastica, la kermesse di arte contemporanea che da quest'anno ha traslocato a Prato (ieri la presentazione), il premio Nobel era stato scelto come portabandiera del teatro e delle arti.


Avrebbe dovuto ritirare lui stesso il premio ma, purtroppo, ad Arezzo Fo quella volta non arrivò mai perché lo spettacolo in calendario per il 5 agosto all'interno dell'anfiteatro romano venne annullato a causa di problemi di salute.

Oggi Arezzo, insieme a tutto il resto dell'Italia, piange la scomparsa dell'illustre artista.
Attore, regista, drammaturgo, pittore, grande letterato e (come amava ricordare lui stesso) giullare.


Ad Arezzo Fo, come lui stesso scrisse in un articolo, venne in visita negli anni '90. In quella stessa occasione il maestro fece visita alla basilica di San Francesco per ammirare gli affreschi di Piero della Francesca e la storia della vera croce.
Fu lui stesso a scrivere poi un lungo testo riguardante proprio le impressioni suscitate dalla visita all'interno della Cappella Bacci dove, all'epoca erano in corso le operazioni di recupero.




Il messaggio apparso sulla pagina facebook di Dario Fo questa mattina

"Il Maestro Dario Fo si è spento oggi 13 ottobre 2016 presso l’Ospedale Luigi Sacco di Milano, dove era ricoverato da qualche giorno a causa dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute. Il nostro Paese e il mondo intero perdono oggi un artista che per tutta la vita si è battuto contro l’affermazione secondo cui “la cultura dominante è quella della classe dominante”. Attraverso la sua intera opera Dario Fo ha lavorato affinché le classi sociali che da secoli erano state costrette nell’ignoranza prendessero coscienza del fatto che è il popolo a essere depositario delle radici della propria cultura.
Per questo suo impegno nel 1997 gli è stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura “perché, seguendo la tradizione dei giullari medioevali, dileggia il potere restituendo la dignità agli oppressi”.
Insieme all’adorata compagna Franca Rame ebbe il coraggio di allontanarsi dai circuiti teatrali ufficiali, che lui amava definire “teatro borghese”, per portare i loro spettacoli in luoghi non convenzionali come fabbriche occupate, piazze, case del popolo e carceri.
Quando si appassionava a una storia e a un personaggio per prima cosa conduceva un’inchiesta approfondita, per imparare lui stesso in modo da poter trasmettere agli altri. La sua figura si distingue in questo, Dario Fo non ha mai avuto bisogno dell’etichetta di “intellettuale”, perché l’idea di cultura per la quale si è battuto non è né accademica né elitaria. I suoi lavori nascono dalla cultura popolare per essere restituiti al popolo.
Il suo modo di concepire la narrazione non era mai limitato, ma si allargava a tutte le forme artistiche cui amava attingere. Nel momento in cui scriveva una storia all’istante la vedeva, vedeva i personaggi, i volti, le scene, e li raffigurava sulla tela, per poi portarli sul palco, trascinando il suo pubblico in una straordinaria scatola magica.
Tutta la Compagnia Teatrale e la famiglia ringraziano per l’affetto ricevuto in queste ore".


Foto di copertina: tratta da Facebook
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