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Guerra in Ucraina

Minori ucraini soli in arrivo ad Arezzo, Affidar: "Si prediliga l'accoglienza in famiglia". Sì anche di Pd e Arezzo 2020

Dello stesso avviso anche i rappresentanti del gruppo consiliare del Pd di Arezzo e di Arezzo 2020. "Il Centro affidi abbia il compito di ricevere le disponibilità delle famiglie"

Per i bambini che arriveranno ad Arezzo soli, senza familiari, non venga attivato il servizio in istituto, ma vengano accolti nelle famiglie che si mettono a disposizione. E' questo il punto cardine del principio di accoglienza che mette in evidenza Affidar, l'associazione che si occupa degli affidamenti di minori nelle famiglie aretine e che è guidata dalla presidente Giuliana Aquilanti. L'appello in questo preciso momento storico riguarda in particolare i minori non accompagnati che sono in arrivo dal territorio ucraino colpito dalla guerra d'invasione della Russia.

Affidar in questo si rifà ai principi contenuti nelle leggi internazionali quali la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti dell’Infanzia del 1989 e le leggi nazionali 4 Maggio 1983 n. 184 e 28 Marzo 2001 n. 149 sull’istituto dell’affidamento familiare. Inoltre l'associazione, in linea con la ”Nota del Tavolo Nazionale Affido in merito ai Minori provenienti dall’Ucraina“ del 9 Marzo 2022 e con la circolare del Tribunale per i minorenni di Firenze del 10 Marzo 2022, si sta impegnando a che venga privilegiata l'accoglienza in famiglia dei minori ucraini non accompagnati, evitandone la istituzionalizzazione.

"Proprio per questo motivo e con questa finalità, Affidar ritiene prioritario individuare nel Centro Affidi del Comune di Arezzo, il servizio deputato a ricevere, fin da subito, le disponibilità delle famiglie e dei singoli cittadini, a valutare e curare gli abbinamenti, oltreché, in collaborazione con i servizi sociali del territorio e il Tribunale per i Minorenni di Firenze, a contribuire per garantire la piena tutela dei minori, offrendo loro, quale diritto essenziale e imprescindibile, una famiglia accogliente."

Gruppo Pd Arezzo: il Comune favorisca l’affido familiare

"La guerra in Ucraina costringe tutti ad affrontare situazioni di emergenza e per quanto riguarda i “minori non accompagnati” ad assumere decisioni congrue alla loro tutela come previsto da leggi internazionali e dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e dalla legge italiana n. 149/2001 sull’affido familiare.

Il Presidente del Tribunale dei Minori di Firenze,  in una circolare dell’11 marzo  inviata a Prefetti, Questori e Comuni  specifica che “la fase emergenziale dovrà comunque  tenere conto di principi basilari quale l’accoglienza di minori privi di ambiente familiare”, sottolineando ulteriormente che “gli enti locali promuovono la sensibilizzazione e la formazione di affidatari per favorire l’affidamento familiare, rispetto al ricovero in una struttura di accoglienza”.  

In questo percorso che deve essere rispettato, il Comune  ha un ruolo prioritario che deve svolgere attraverso il Servizio Sociale, utilizzando il Centro Affidi per la promozione dell’affidamento familiare. Nel  2017 ha sottoscritto un protocollo di intesa nella cui presentazione alla stampa fu affermato  “non esiste un diritto assoluto ad avere figli, ma il diritto di avere genitori, grazie alle famiglie affidatarie”. Purtroppo, ad oggi, tale protocollo non è stato rinnovato. La vicesindaca Tanti ha affermato in televisione, contravvenendo a quanto sottoscritto nel suddetto protocollo di intesa,  che i minori ucraini non accompagnati arrivati ad Arezzo saranno affidati ad un Istituto: noi la invitiamo al rispetto della legge e anche alla coerenza con quanto affermato."

Romizi: "Accoglienza in famiglia e non solo istituzionalizzata”

“Concordo con quanto sostenuto dalla referente della rete Affidar: la politica di accoglienza dei minori ucraini non accompagnati non può seguire solo la strada della istituzionalizzazione”. Così il consigliere comunale Francesco Romizi prende posizione sul tema dei profughi che arriveranno ad Arezzo a causa della guerra nell’est Europa. “Mi pare di capire – prosegue Romizi – che il percorso scelto dalla vice-sindaca e dall’amministrazione comunale, per quanto sia stato concordato con la prefettura, vada esattamente in quella direzione. Invece, chi non ha compiuto 18 anni, non può essere gestito come un quaranta-cinquantenne: sembrerebbe inutile sottolinearlo eppure siamo costretti a farlo. In linea con quanto emerge dalle prese di posizione delle istituzioni giudiziarie e dei soggetti del terzo settore che lavorano sul campo dell’accoglienza dei minorenni. Se la via esclusivamente istituzionale è una scelta presa a un tavolo di lavoro condiviso, evidentemente l’errore non è solo del Comune ma questo nulla cambia: sia il Comune stesso a proporre un nuovo tavolo per invertire l’impostazione e promuovere un’azione di accoglienza diffusa nel territorio. Che non esclude ovviamente l’opzione del Thevenin, tanto per fare un esempio, o di altre strutture simili. Ma sfrutta al contempo la risorsa preziosa della solidarietà cittadina. Mi pare infine paradossale che da un’accesa propugnatrice della famiglia tradizionalissima, quest’ultima venga sostanzialmente sconfessata quando si tratta di restituire un ambiente sereno, con un padre e una madre ovviamente, a chi magari lo ha appena perso a causa di un bombardamento”.

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