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Dieci anni senza lo smisurato talento di Federico Luzzi, oggi messa in Duomo. Il ricordo di Daniele Bracciali

Il bimbo con la racchetta cresciuto in fretta, che da juniores vinse di tutto e da professionista entrò nella top 100 Atp, fu strappato alla vita il 25 ottobre 2008 per via di una leucemia fulminante. Aveva appena 28 anni

Dieci anni senza Fede. Il bimbo con la racchetta cresciuto in fretta, che da juniores vinse di tutto e da professionista entrò nella top 100 Atp, fu strappato alla vita il 25 ottobre 2008 per via di una leucemia fulminante. Aveva appena 28 anni. Talento precoce del tennis, cresciuto sotto la guida dell'indimenticato maestro Carlo Pini, iniziò a giocare quando aveva tre anni. A 19 era già professionista. Atletico, capelli lunghi, brillante fuori e dentro al campo: era un virtuoso della racchetta, gioco a rete e colpi spettacolari. Si guadagnò la convocazione in Nazionale in Coppa Davis a soli 21 anni. Raggiunse il suo best ranking un anno più tardi, nel 2002, quando arrivò alla posizione numero 92. Ma proprio quando la sua scalata al tennis mondiale stava procedendo, il destino si mise di traverso: un grave infortunio alla spalla inaugurò una serie nera di contrattempi che lo tennero lontano dai campi, spingendolo in basso nella classifica Atp. Negli anni aveva cercato di risalire la china, con tenacia e pazienza. Nell'ottobre 2008, però, un avversario terribile - una gravissima forma di leucemia - gli si parò contro, spegnendolo in 4 giorni.

A seguito della tragedia, i genitori e la sorella di Federico, hanno dato vita all'Associazione Fedelux, che promuove eventi e raccoglie fondi da donare all'Ail, l'associazione italiana per la lotta alle leucemie. Oggi, decimo anniversario dalla scomparsa, sarà celebrata una messa a suo suffragio in cattedrale ad Arezzo alle 19.

Il ricordo di Daniele Bracciali

"Con Federico - ricorda il tennista aretino, in questi giorni impegnato nel torneo Challenger di Brest, in Francia - avevo un rapporto di amicizia che durava da venti anni. Che dire, eravamo legatissimi. Lo riportai io in macchina ad Arezzo, quando accusò i primi malesseri. La malattia lo spense in pochi giorni. Conservo il ricordo di momenti splendidi passati insieme. Da quando non c'è più, cerco di ricordarmi di vivere pienamente ogni momento che mi è concesso”.

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