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Piazza Grande al tempo che fu tra nobildonne, guardoni, commercianti e spudorati beoni

Un buon motivo per visitare la quadreria della Fraternita dei Laici? Conoscere tutti i retroscena di uno dei dipinti più famosi dell'Arezzo settecentesca

Molto più di un mero dipinto. Quello che la gloriosa istituzione di piazza Grande commissionò a Cristoforo Donato Conti, e ancora oggi custodito nel palazzo di Fraternita, è una fotografia esatta di quella che era la vita ad Arezzo nel XVIII secolo. Gli esperti hanno attribuito all'artista aretino, noto per essere soprattutto uno scrupoloso autore di scenografie teatrali nonché esponente del vedutismo, la paternità di questo dipinto che è tra le immagini più popolari e note del Settecento aretino.

"Il dipinto risale, probabilmente, all'epoca della ristrutturazione del Palazzo di Fraternita e della Libreria aperti al pubblico secondo l'editto del Granduca Pietro Leopoldo del 1781. Si tratta di una delle immagini più suggestive e conosciute della storia settecentesca cittadina nella quale l'autore volle rappresentare nel dettaglio l'attività quotidiana all'interno del perimetro della piazza in cui la Fraternita fu centro culturale ed economico. Al di sotto delle Logge Vasariane, anch'esse di proprietà della Fraternita, sono visibili molti negozi e una stamperia; al primo piano del loggiato era ospitato il teatro, ai cui spettacoli si riferisce il cartellone sul primo pilastro. Attribuito a Cristoforo di Donato Conti (XVIII secolo). 1780-1790 olio su tela 102X145 cm)".

Una breve descrizione che, volutamente, sintetizza in pochissime righe il lavoro di Cristoforo di Donato Conti il quale invece fornisce allo spettatore una miriade di dettagli dell'architettura e degli usidi quella che era la società del tempo. Ma non solo, in effetti fa molto di più. Attraverso la sua opera indica senza remore quali erano i vizi e le virtù dei cittadini offrendo allo spettatore uno spaccato di "aretinità antica" senza precedenti. Piazza Grande, cuore pulsante della vita cittadina, in questo dipinto appare in tutta la sua vivacità.

Sul lato destro si notano commercianti, botteghe, piccole congreghe di uomini e nobildonne intenti a passare il tempo conversando, pastori e anche un burattinaio che intrattiene una folla di curiosi. I laboratori aperti sotto alle Logge, piaggia San Martino che si snoda verso l'alto e poi, aguzzando la vista, ecco che si scorgono le due rampe di scale che collegano le Logge del Vasari al Praticino.

Ma è sul lato sinistro del dipinto che si svolgono le attività più pruriginose. Le sconcezze. Le attività dove si soffermano gli occhi più maliziosi. Nell'angolo in basso si distingue chiaramente la fontana, ancora oggi presente, e si notato delle donne chine a raccogliere l'acqua e di fianco uomini pronti ad importunarle. Poco sopra, in corrispondenza dell'abside della Pieve, si nota l'ingresso di quella che in antichità era un'osteria. E proprio lì, sotto alla terrazza di Fraternita, a due passi da dove attualmente sorgono i tanto discussi bagni pubblici, ecco che due dei signori dell'epoca, forse in preda ai fumi dell'alcol espletano i propri bisogni fisiologici davanti allo sguardo impassibile di tutti. 


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