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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Santucci: "Una liberazione, ma col nuoto ho smesso. Adesso la laurea". E diventerà babbo

L'atleta cortonese intervistato dopo il ricorso vinto contro la squalifica di 4 anni del tribunale antidoping

Trent'anni li compirà tra un paio di settimane (il 30 maggio), ma i festeggiamenti possono pure iniziare. La squalifica è stata annullata e Michele Santucci respira sollievo dopo due anni e mezzo di angosce. Niente euforia, però, perché le ferite lasciate dall'inchiesta sportiva sul doping che l'ha coinvolto assieme al collega e amico Filippo Magnini (che è tuttora invischiato nel procedimento) bruciano ancora. A lenirle ulteriormente c'è la famiglia: la compagna Sara è in dolce attesa.

La fine dell'agonismo

"Ho chiuso con l'agonismo, rivedermi in vasca per una gara sarà davvero difficile", dice Michele a caldo. "Dopo la sentenza di squalifica, a novembre, dovuto lasciare il gruppo sportivo delle Fiamme azzurre. Tutti loro mi sono stati vicino durante il processo, ma dopo il verdetto non c'erano alternative. D'altronde, ormai, erano due anni e mezzo che avevo smesso. Non ero più nelle condizioni di entrare in vasca". Fuori dal Gruppo sportivo, Michele è rimasto in Polizia, entrando in quella penitenziaria, ma è andato in aspettativa. In attesa che le nubi sul suo futuro si diradassero. Le prospettive di un atleta di valore internazionale (1 bronzo mondiale, 1 argento europeo e altre due medaglie - bronzo e argento - ai mondiali in vasca corta, solo per citare alcuni allori di una grande carriera) sono state azzerate con l'inchiesta: quando l'indagine Nado è partita, Michele era fresco della partecipazione alle Olimpiadi 2016. Poco più tardi, le certezze del suo mondo in vasca si sono sgretolate. E' iniziato un incubo. Che è da poco finito. "Ma chi mi restituisce i 2-3 anni di carriera ad alti livello che avevo ancora davanti?", si chiede.

Il futuro, gli amici e la famiglia

Non avevo dubbi sulla mia innocenza, ma sull'esito del ricorso sì. Ero molto scettico circa l'annullamento della squalifica. Ma devo ringraziare Ruggero Stincardini e Francesco Compagna, i miei avvocati. La giustizia sportiva deve fare il suo corso, ma non così. Non accetto il clima di caccia alle streghe. Ho raccontato la mia verità, l'hanno fatto persone a me care. Ma durante il procedimento sembrava che la verità non bastasse, che dovessi dire di più. Ma io non posso ammettere una colpa se sono innocente. Ad oggi non posso dire di più, parlerò più avanti, forse durante la conferenza che farà Magnini che, purtroppo, è ancora coinvolto.

In questi anni ti ha aiutato la famiglia?

Abito a Roma, la città della mia compagna. Ma ogni fine settimana torno a Cortona, dove ho gli amici. Questo periodo mi ha aiutato a capire quali siano le persone davvero vicine e quelle che lo sono state per convenienza. Più di tutto mi ha fatto male vedere i titoli dei giornali che mi associavano al doping. Spero che l’annullamento della squalifica abbia lo stesso rilievo.

E adesso?

Sto studiando, mi sono messo in pari con gli esami all'Università di Roma. A breve conto di laurearmi in Scienze Motorie. Avrei voluto rimanere nel giro del Gruppo sportivo delle Fiamme azzurre. Non so se sarà più possibile. Mi sarei visto bene come osservatore, come tecnico.

E poi diventarai babbo. Su Instagram hai pubblicato una foto con Sara che parla chiaro.

Durante le udienze al Tribunale antidoping l'ho chiesto in continuazione e sono stato esaudito. Dicevo agli inquirenti: fatemi sapere il verdetto prima del parto, non vorrei  sciupare l'emozione dell'arrivo di mia figlia con la brutta notizia della conferma della squalifica il giorno dopo. Sono stati di parola.

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