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"Obbligati a lavorare a Siena". Agenti penitenziari in rivolta: "Danni ai cittadini e alla loro sicurezza"

Da qualche giorno è stato proclamato lo stato di agitazione da parte delle sigle sindacali dei lavoratori. Ecco le motivazioni

Dal 14 febbraio gli agenti di polizia penitenziaria di Arezzo sono in stato di agitazione. Nessuno sciopero, la legge a loro non lo consente, ma gli animi sono quanto meno accesi all'interno della casa circondariale dove il personale addetto alla sicurezza, in questi ultimi giorni, ha ricevuto un provvedimento obbligatorio di missione per due mesi presso Siena. Di fatto, ogni settimana, due agenti aretini verranno spostati all'interno del carcere senese. E fino qui quasi nulla di strano. Come operatori deputati alla sicurezza pubblica sono soggetti a missioni presso altre sedi. Ma questa volta, secondo i rappresentanti sindacali, le disposizioni sono arrivate senza consentire alcuna possibilità di replica e, soprattutto, senza una preventiva concertazione con gli organi di rappresentanza dei lavoratori.

Per questa ragione, Fp Cisl, Fp Cgil Uil Pa Penitenziari e Coordinamento nazionale polizia penitenziaria (Cnpp) hanno all'unanimità sottoscritto lo stato di agitazione facendosi portavoce delle criticità di tutti gli agenti, "non possiamo far altro - hanno sottolineato - per la mancanza di considerazione nonché di relazioni sindacali. Così si distrugge un'organizzazione di lavoro funzionale e parsimoniosa e per violazione delle norme”. 

Ma quali sono le motivazioni che hanno spinto i vertici regionali a disporre questa misura? La risposta sta nei numeri. Il quadro regionale conta 500 agenti in meno rispetto a quelli che servirebbero nelle carceri della Toscana. Il San Benedetto attualmente può fare affidamento su 42 tra addetti alla sicurezza (20 agenti che coprono i turni di servizio h24) e altrettanti amministrativi. "Ed essendo considerato a bassa affluenza - spiega Alfonso Galeota, responsabile Cisl - il personale può essere spostato in realtà dove c'è bisogno di forza lavoro". Ma le cose stanno davvero così? Gli agenti sono “troppi" rispetto ai detenuti e dunque alla mole di lavoro? Secondo i sindacati assolutamente no, anzi, anche Arezzo è sotto organico. Ancora una volta a parlare sono le cifre. Dal 1° gennaio ad oggi le presenze registrate all'interno della struttura di via Garibaldi sono state circa trenta. "Nel 2019 - continua Alfonso Galeota - abbiamo censito ben 220 nuovi reati e conseguenti ingressi dentro all'istituto di detenzione. Credo che questo numero possa essere di per sé significativo. Per coprire i turni giornalieri serve tutto il personale attualmente in forza. Anzi, gli agenti dovrebbero essere qualcuno in più, ma ci arrangiamo. Nonostante le difficoltà riusciamo ad andare avanti con professionalità e puntualità. Non discutiamo la necessità di effettuare missioni ma le modalità con cui veniamo costretti a farlo”. Allora perché lo stato di agitazione? Come detto è stata "la non corretta relazione sindacale" ad aver scatenato la rabbia dei lavoratori. "Perché in questo modo - spiegano gli agenti aretini - è stato imposto un provvedimento che va a danneggiare non solo l’andamento corretto della struttura, ma anche l’aspetto umano. Abbiamo famiglia, figli e problematiche personali. Da un giorno all'altro, senza possibilità di organizzare nulla, siamo stati costretti a spostarci per una settimana a Siena".

Una situazione purtroppo non del tutto nuova. "E’ già la seconda volta in tre anni che questo accade ed è sempre Arezzo che viene investita - sottolineano Cisl, Cgil e Cnpp - Ma questa volta si è fatto di più: si è violato palesemente ogni tipo di norma contrattuale E' inaccettabile. Vale la pena ricordare che questo è un provvedimento imposto dal provveditorato regionale il quale ha imposto un ordine di servizio senza alcuna contrattazione sindacale. Un atto di estrema gravità che va ad eludere l’accordo quadro che lo disciplina e le corrette relazioni tra le parti. E’ la prima volta che non veniamo coinvolti. Senza considerare i danni alla popolazione perché un eventuale declassamento e riduzione del personale attivo presso il carcere si tradurrebbe in minori garanzie per il controllo del territorio. Se la volontà è quella di ridimensionare Arezzo è evidente a che a farne le spese saranno in primo luogo i colleghi delle altre forze dell'ordine che dovranno appoggiarsi su realtà come Sollicciano e poi gli aretini che potranno contare su un minor numero di forze dell'ordine. In questa dinamica, proseguono, c’è qualcosa che sfugge e che forse prelude a qualcosa di più importante. Oggi rispondiamo con il non riconoscere il provvedimento ma, se la situazione non dovesse avere risvolti, la nostra azione proseguirà ad oltranza in modi da definire al momento".

Le "paure" che si nascondo dietro a questa politica sono quelle riguardanti la volontà di ridimensionare fortemente la struttura di Arezzo e "non diciamo andare verso la chiusura - sottolineano i sindacati - ma quanto meno ad una forte ristrutturazione. In passato è già accaduto e i timori ci sono".

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