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Musumeci: "Il rapporto con Semplici, lo scouting, la delusione di Cremona. Arezzo mi è rimasta nel cuore"

Il rapporto con Semplici, la rete di osservatori e la delusione di Cremona. Francesco Musumeci torna, con il Gozzano, da ex ad Arezzo. "Una piazza con una passione incredibile"

Una stagione come quella non si scorda e soprattutto non puoi scordare una piazza come Arezzo”. I ricordi riaffiorano alla vigilia del ritorno in viale Gramsci da ex anche se forse Francesco Musumeci, oggi responsabile dell’area tecnica dei piemontesi, ha pensato spesso a quel campionato terminato nei playoff contro la Cremonese e con la società amaranto poi messa in liquidazione.

“Pensare di tornare anche se da ex fa un certo effetto - confessa Musumeci - Arezzo è stata una tappa importante della mia carriera. Ricordo con affetto tante persone e la passione dei tifosi. Ogni giorno al campo di allenamento eri sicuro di trovare giornalisti e poi i capannelli formati dai pensionati e dai tifosi che seguivano il lavoro della squadra. Non è così da tutte le parti”.

Riavvolgiamo il nastro: estate 2009, quando e come arrivò la chiamata dell’Arezzo?

“Franco Ceravolo, con cui avevo già avuto modo di lavorare a Livorno, era in trattativa per andare a Bologna. L’accordo saltò e così si inserì Piero Mancini che lo convinse a scegliere l’Arezzo. A dire la verità non fu difficile perchè l’offerta era quella di lavorare in una piazza importante anche se il campionato era quello di Lega Pro”.

Ripensando a quel campionato cosa non ha funzionato?

“Quella squadra era veramente forte, forse paragonabile al Monza di oggi, ma non eravamo soli. Se vi ricordate bene quell’anno il Novara aprì un ciclo che li portò a vincere in sequenza la Lega Pro, la serie B e quindi a tornare in A. E poi c’era anche il Varese di Sannino che puntò su una rosa collaudata e sulla continuità. Noi pagammo soprattutto un avvio in salita con una rosa rinnovata in gran parte e alcuni problemi legati allo spogliatoio che venivano dalla stagione precedente. Dovemmo affrontare anche una causa di mobbing…”.

Semplici, Galderisi, quindi Semplici e di nuovo Galderisi…

“Legai molto con Semplici - confessa Musumeci - arrivai come responsabile scouting poi mi occupai di alcuni aspetti che erano propri di un direttore sportivo stando a stretto contatto con la squadra e lo staff tecnico. Ricordo l’emozione negli occhi di Semplici il giorno del playoff di andata contro la Cremonese. Andò decisamente male, ma quella curva, un muro amaranto, aveva colpito me e soprattutto il mister”.

Non bastò nemmeno l’ultimo avvicendamento tra Semplici e Galderisi per la gara di ritorno.

“Perdemmo 2-0 all’andata, ma al ritorno disputammo una grande partita e per colpa di un gol abbiamo visto sfumare la possibilità di giocarci la finale per la serie B. Fu una delusione immensa non solo per i tifosi ma anche per noi”.

Avrebbe mai pensato che Semplici potesse arrivare in A?

“Si capiva che avrebbe potuto allenare in categorie superiori, ma al tempo stesso che, come tutti, doveva fare esperienza. Sono contento per Leonardo: se alleni in A vuol dire che hai capacità, non ci arrivi per caso. Sicuramente Arezzo è stata una bella palestra, anche perchè da qui sono passati Sarri, Conte e appunto Semplici. Tre allenatori apprezzati in A. Qualcosa vorrà dire no?”.

Nel 2009 lei avviò una rete di osservatori in tutta Italia, il primo scouting amaranto. Quanto brucia non aver potuto mettere sotto contratto quei giocatori visionati? Poche settimane dopo Cremona l’allora presidente Mancini decise di non iscrivere l’Arezzo.

“Forse è paragonabile alla delusione di Cremona. Avevamo 20 osservatori, forse qualcosa più in tutta Italia, che avrebbero percepito un premio solo in caso di tesseramento di un giocatore visionato. Qualche nome? Eravamo pronti a far firmare Alex Sirri che all’epoca era al Cervia e che è poi comunque passato da Arezzo, ma non solo. Se vi ricordate bene pochi giorni dopo Cremona al Comunale convocammo alcuni di quei giocatori visionati e insieme a loro avremmo potuto aggregare elementi di spicco della Berretti di Bacci e Rondini che era arrivata alle finali nazionali. In quella squadra c’erano Polidori, Tomassini, Frijia, Locci, Silvi, i gemelli Sisani. Insomma eravamo pronti ad alleggerire i costi puntando giovani che avevamo visionato e già in rosa come Figliomeni, Poli oggi in B, e altri ancora”.

Dopo Arezzo in quali piazze ha lavorato?

“Subito dopo Arezzo sono stato come direttore sportivo a Reggio Calabria, quindi Andria e Palermo come responsabile scouting per l’Italia e per l’estero. Furono gli anni in cui arrivarono in rosanero Dybala ed Emerson Palmieri. Poi sono andato al Derthona e quindi il Gozzano”.

Che realtà è e quali sono i suoi obiettivi?

“E’ cambiata molto rispetto ad un anno fa. Puntiamo molto sugli under, basta pensare che in porta schieriamo un 2001, forse tra i più giovani di categoria. Abbiamo investito sul settore giovanile grazie al lavoro del direttore sportivo Alex Casella e del responsabile Lunardon perchè essendo espressione di una realtà di 5mila abitanti dobbiamo fare questo grazie anche al supporto di una proprietà che fa grandi sacrifici. Siamo una squadra giovane in un contesto familiare. C’è molta collaborazione per cercare di raggiungere la salvezza che per noi sarebbe un po’ come vincere lo scudetto”.

In panchina c’è David Sassarini.

“Un tecnico giovane, rivoluzionario per certi aspetti che si aggiorna sempre”.

Che idea si è fatto di questo campionato e dell’Arezzo?

“Il Monza corre a parte, per il resto è un girone equilibrato dove con due vittorie sei nelle prime posizioni playoff e con un sconfitta rischia di entrare nella zona rossa. Rispetto ad un anno fa non ci sono squadre materasso. L’Arezzo poi, a mio avviso, ha cambiato molto e ha avuto bisogno di tempo per trovare il suo equilibrio. E’ una squadra che sarà sicuramente protagonista anche ai playoff”.

E domenica che effetto le farà tornare al Comunale?

“Cercherò di arrivare con un bel po’ di anticipo sull’orario del calcio di inizio. Arezzo è stata una tappa fondamentale della mia carriera e mi ha lasciato l’amarezza per come è andata a finire ma anche la passione e l’affetto di tante persone”.

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