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Esempio di coraggio e virtù cavalleresca, così Guglielmo dei Pazzi cercò di salvare il vescovo di Arezzo

Nipote di Guglielmino degli Ubertini andò in battaglia con l'emblema dello zio vescovo per proteggerlo nello scontro di Campaldino

Aveva all'incirca 59 anni Gugliemo dei Pazzi di Valdarno quando il giorno di San Barnaba del 1289 perse la vita a Campaldino. Il condottiero valdarnese, la cui famiglia era tra le esponenti della parte ghibellina, era consapevole dell'impresa a cui erano chiamate le truppe aretine nella piana a poca distanza dalla chiesa di Certomondo. Respingere l'armata guelfa capeggiata da Firenze sarebbe costato, anche in caso di vittoria, il sacrificio di molte vite. Ecco perchè Guglielmo dei Pazzi quel giorno andò in battaglia non con le proprie insegne ma con l'inconfondibile stemma "d'oro al leone di rosso". Questa era l'insegna di Guglielmino degli Ubertini, vescovo e signore di Arezzo nonchè zio del condottiero valdarnese che indossò invece l'emblema dei Pazzi "partito di rosso e giallo".

11 giugno 1289 | La battaglia di Campaldino

L'obiettivo era chiaro. Gugliemo dei Pazzi voleva attirare su di sé gli attacchi dei nemici. I guelfi infatti avrebbero cercato sul campo di battaglia l'uomo più potente di Arezzo facendo affidamento sullo stemma araldico. Tutto questo però non bastò a salvare la vita del vescovo di Arezzo che morì, come il nipote, nella battaglia di Campaldino.

La figura di Guglielmo dei Pazzi è quella di un condottiero medievale, la cui vita venne dedicata all'arte della guerra. Fu protagonista della vittoria dei ghibellini contro i guelfi bolognesi e nel 1288, dopo la cacciata dei guelfi da Arezzo, difese la città, agli ordini dello zio, dall'assalto delle truppe fiorentine e senesi che furono costrette a ritirarsi. Gugliemo dei Pazzi, tra i comandanti dell'esercito aretino, si lanciò all'inseguimento dei senesi dando vita alle Giostre del Toppo. Un anno più tardi trovò la morte a Campaldino non prima di aver cercato di salvare, o comunque tenere lontano dai pericoli del campo di battaglia, il proprio signore Guglielmino degli Ubertini, da vero cavaliere.

L'opera di Mario Venturi

Mario Venturi si occupa di soldatini da oltre 30 anni. Sul sito internet Parvi milites ha riprodotto varie battaglie e i protagonisti degli scontri, e tra questi ci sono i cavalieri e gli eserciti di Campaldino. Grazie alla sua opera è possibile vedere  notare come Guglielmo dei Pazzi (nella foto in copertina) e Guglielmino degli Ubertini (in basso) andarono in battaglia dopo essersi scambiati le insegne.

"Guglielmo - spiega Mario Venturi - si protegge la testa con un elmo chiuso del tipo detto 'di Dargen 'o 'elmo a staro'. Le protezioni del tronco e degli arti sono in cuoio cotto rinforzato di metallo. Il cavallo reca a difesa dei quarti anteriori una mezza barda in maglia di ferro portata al di sotto della 'coverta' che, al pari dello scudo, porta d’oro al leone di rosso, essendo questo lo stemma del vescovo Guglielmino degli Ubertini con il quale aveva scambiato i segni identificativi con lo scopo di sviare l’attenzione del nemico sul campo di battaglia di Campaldino".


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