A dispetto di una campagna elettorale dove nessuno ha puntato sulla scuola e la cultura, sul contrasto alla criminalità organizzata, sui conflitti di interesse, sulle politiche per i giovani, la gestione reale dell'immigrazione, il rilancio sostenibile dell'economia in accordo con l'Unione Europea (che, ha ragione la Bonino, non è un optional), ecc. e dove si è parlato molto di conflitti tra partiti e movimenti, piuttosto che di progetti condivisibili o meno (per lo più irrealizzabili), ora si passa al voto.

La tentazione del non voto è forte per molti, ma va detto che le motivazioni per andare a votare sono sempre preponderanti. Se i politici in molti casi non si dimostrano seri, affidabili come vorremmo, gli elettori sono chiamati a una presa di responsabilità.

Votare è un diritto che i nostri nonni hanno conquistato col sangue, ma è anche l'unico modo che abbiamo per influire minimamente su chi ci governa.

A ben guardare, e gli italiani quando vogliono sanno guardare bene, le forze in campo non sono affatto tutte uguali. C'è chi urla contro, tanto per conquistare i più superficiali tra noi, chi cerca di ritagliarsi un ruolo da padre della patria senza esserlo, chi viaggia per slogan, chi cerca improvvisamente di sdoganarsi come forza di governo, chi ha un approccio ai problemi "di sinistra" e chi "di destra". C'è chi è ancora democristiano, chi comunista e chi fascista.

Sono tutti uguali? Nemmeno per idea. Nella mediocrità assoluta partiti e movimenti sono anche molto diversi tra loro e questo, oltre al valore del voto democratico in sé, è uno dei motivi forti per andare a votare.

C'è bisogno di testa sulle spalle a tutti i livelli, a cominciare dal basso.