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ricordo di Helmut Schmidt

  Lo ricordo con quell'inconfondibile cappello che sembrava uscito dal quadro di Van Gogh dedicato al postino di Arles, o indossato da un operaio del tempo che fu in qualche cantiere navale o in qualche fabbrica dell'industria pesante della sua...

Lo ricordo con quell'inconfondibile cappello che sembrava uscito dal quadro di Van Gogh dedicato al postino di Arles, o indossato da un operaio del tempo che fu in qualche cantiere navale o in qualche fabbrica dell'industria pesante della sua città natale, Amburgo. Lo ricordo nei manifesti elettorali del suo partito (la SPD) nel 1976, quando l'alleanza democristiana CDU-CSU riuscì a raccogliere il 48,6% dei voti grazie al giovane candidato Helmut Kohl, ma l'alleanza tra socialdemocratici e liberali confermò Helmut Schmidt al cancellierato della Germania Ovest.

Aveva ereditato la guida del governo tedesco dal suo compagno di partito Willy Brandt, dimessosi nel 1974 per lo scandalo della spia sovietica scoperta all'interno della sua segreteria. Nel governo Brandt era stato ministro della Difesa e poi delle Finanze: quando divenne cancelliere Schmidt conosceva dunque i gangli più delicati della Germania della guerra fredda.

Ma soprattutto lo ricordo come il principale sostenitore europeo della difficile decisione NATO per l'installazione degli Euromissili. Una doppia minaccia pesava sugli Stati europei negli anni Settanta. Da un lato l'URSS di Leonid Breznev aveva installato i missili di teatro SS-20 puntati contro le principali città dell'Europa occidentale, insidiando così il fondamento stesso della dottrina della deterrenza NATO: in caso di attacco missilistico sovietico alla sola Europa, gli USA avrebbero rischiato la propria estinzione nucleare scatenando la reazione contro l'URSS? Dall'altro iniziava a profilarsi, proprio e soprattutto in Germania, una volontà pacifista di parte della popolazione che rendeva sempre più difficili le decisioni di riarmo soprattutto se intraprese da governi di sinistra.

Helmut Schmidt non si tirò indietro, e fu forse il primo capo di governo europeo a sostenere la necessità di controbilanciare in Europa i missili SS-20 sovietici con i missili americani Pershing-II e Cruise. Mentre la sinistra italiana si arrovellava tra la fedeltà al mito sovietico e la ricerca di una nuova via al socialismo, la sinistra tedesca di Helmut Schmidt confermava senza esitazioni l'ancoraggio all'Occidente, nonostante le cosiddette marce per la pace durante le quali si gridava l'inno della resa psicologica: “Meglio rossi che morti”.

Non si fece mai abbagliare dalle utopie. Fu un vero riformista, e come tutti i veri riformisti fu anche un saggio realista. L'abbandono dell'ideologia marxista-leninista da parte del Partito socialdemocratico tedesco nel congresso di Bad Godesberg del 1959 lo trovò pronto e convinto.

Helmut Schmidt è morto il 10 novembre 2015 ad Amburgo, la sua città natale. La città del più grande porto tedesco, una delle più grandi città operaie della Germania. Lo ricordo come uno dei giganti della politica tedesca ed europea del Novecento.

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