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Direzione Pd, domani sera il secondo tempo. Ricci: "Risultato analizzato. Nessuno ha chiesto le mie dimissioni". L'intervento di Gallo

Fine primo tempo, il secondo è atteso domani sera. Nella speranza che basti per chiudere il sipario e non sia necessario un terzo tempo. Chissà poi quanto amichevole. La prima direzione provinciale del Partito Democratico di Arezzo post elettorale...

Fine primo tempo, il secondo è atteso domani sera. Nella speranza che basti per chiudere il sipario e non sia necessario un terzo tempo. Chissà poi quanto amichevole. La prima direzione provinciale del Partito Democratico di Arezzo post elettorale si è consumata ieri sera a Sant'Agostino nello spazio di tre ore, non sufficienti per permettere - a tutti quelli che lo volevano - di intervenire. Domani, mercoledì 14 marzo, il bis.

Ieri sera una quindicina di persone hanno preso la parola (una trentina quelle in coda): a rompere il ghiaccio, ovviamente, il segretario di federazione Albano Ricci che in un lungo intervento ha presentato i dati della sconfitta del 4 marzo declinandoli nei territori della provincia. Poi è toccato ai candidati delle politiche, Marco Donati e Katia Faleppi.

Ho fatto la mia relazione - spiega Ricci - mostrando i dati del territorio. Poi ho affrontato il tema della ricostruzione del partito e sono in linea con gli input arrivati dalla direzione nazionale. Ovviamente, non ci sono i presupposti per un'alleanza con M5S o centrodestra, sarà opposizione. Condivido anche la scelta non fare il congresso subito, sarebbe soltanto un'altra conta, ma intraprendere il percorso individuato a livello nazionale.

Peraltro, incombono le elezioni comunali di Capolona, Caprese Michelangelo, Laterina Pergine.

Conclusa la direzione ci butteremo a capofitto nella preparazione di questo appuntamento elettorale (previsto tra maggio e giugno, nda). Affronteremo un percorso con segretari e coordinatori di circolo.

Nessuna richiesta di dimissioni è arrivata.

Gli interventi di ieri erano positivi. Però - chiude sorridendo Ricci - si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.

Mercoledì la direzione potrebbe essere "pepata" dagli interventi della minoranza Dems, ieri invece la serata è stata chiusa dal discorso di Filippo Gallo, che su facebook ha riportato integralmente il suo intervento.

Il risultato del 4/03 è una di quelle brutte notizie che sebbene in qualche modo prevista e prevedibile, lascia un retrogusto amaro, della quale misuravi i presagi ma di cui fino all’ultimo hai sperato di cambiare le sorti.

Mi piace essere onesto e ammetto che questa campagna elettorale, caratterizzata più da sottolineature dei demeriti altrui che non da aspetti prettamente propositivi, mi ha visto ai margini. L’impegno profuso da tutti coloro che l’hanno animata è stato indubbiamente massimo e lungi da qualunque tipo di personalizzazione della sconfitta.

Credo, senza infingimenti, che ci siano piani di responsabilità differenti, perché in questi anni c’è chi ha deciso tutto e chi le ha subite tutte quelle decisioni nel nostro partito, ma ritengo che un pezzetto di questo risultato appartenga a tutti, in questa sconfitta.

Di sconfitta si tratta: chiara, netta e storica. E con il rispetto che si deve anche ad una perdita , venerdì sera, ho fatto il mio dovere di iscritto e sono venuto all’Assemblea. Ho ascoltato e ho pensato parecchio nel weekend.

E stasera sento la necessità di raccontarvi il mio punto di vista, perché credo che in questo momento sia fondamentale per la sopravvivenza di questa comunità la capacità di ascoltarsi.

Sento la necessità forte di riflessione profonda, che attraversi il aprtito e che sia in grado di toccare le fondamenta stesse di questa associazione. Per questo, permettetemi di dire, che i meccanismi di autodifesa sono in questo momento i più pericolosi, quelli che maggiormente rischiano di innestare ulteriormente quei meccanismi di autoreferenzialità che sono uno dei fattori più incisivi in questa sconfitta. Rischiamo in altri termini, di ripercorrere le stesse strade, con le stesse scarpe, e con le stesse coordinate. Abbiamo una necessità estrema di chiarirci le idee, di tradurle in proposte. Mentre la Lega dava risposte alle paure e alle insicurezze del profondo Nord, il Movimento 5 stelle ascoltava l’urlo del Sud Italia sulla disoccupazione. Davano risposte ai nostri elettori, i più deboli, quelli che fanno fatica, che vivono un sentimento di solitudine profonda. Non si discute qui ed ora la bontà e la potabilità delle proposte in campo, ma forse abbiamo navigato in un campo di ambiguità che non ci ha visti capaci di rispondere concretamente a bisogni palesi, in uno stato sempre meno sociale. E la derisione, che serpeggia, anche fra la dirigenza di questo partito, per quei cittadini che hanno fatto la fila negli uffici pubblici per richiedere il reddito di cittadinanza, è l’esempio più chiaro di quanto siamo distanti dalla società. Di quanto non siamo più in grado di esserci, laddove c’è un problema, laddove le disuguaglianze sociali sono più forti, laddove purtroppo si rende palese quell’orrendo connubio fra povertà e mancanza d’istruzione. E la derisione ci rende molto più ignoranti di quelli che tacciamo come tali! (E spiega anche una considerevole parte del risultato di domenica). Diretta conseguenza è che non riusciamo più ad inserirci in quelle realtà sociali che dovrebbero essere le nostre priorità, ma non perché loro non ci ascoltano o non ci comprendono (come ho sentito dire in diverse situazioni) ma perché abbiamo deciso di non parlargli più: la nostra proposta non viene solo rifiutata, ma capita sovente anche che non arrivi più a destinazione. Forse è proprio qui che si annidano le ragioni principali di questa sconfitta. Parliamo ad un interlocutore che non ci ascolta o peggio non è rappresentato nelle nostre categorie politiche per linguaggio e contenuti. Come per i giovani, che hanno canalizzato il voto in partiti che in qualche modo incarnano l’antisistema. Giovani che ci stanno dicendo che il mondo che in questi anni di governo abbiamo disegnato per loro non è quello che hanno in mente, che abbiamo costruito una società che con loro ha poco a che fare. Li abbiamo disillusi sull’importanza delle istituzioni, sulla fondamentale necessità di stabilità di questo paese. Tanto che preferiscono votare per contrarietà, piuttosto che per comunanza d’intenti. Siamo di fronte ad una crisi epocale delle sinistre: incapaci di un rinnovamento scopiazzano spesso idee diverse dai valori che le contraddistinguono, con il risultato spesso di aumentare le schizofrenie politiche e di impantanarsi in ambiguità di fondo. Di fronte a questo quadro, riconosco a Renzi e al renzismo di avere avuto una visione netta della società, anche se ne ho condivisa una piccola parte. Un tentativo di spostarsi dal piano inclinato che sembra aver investito i progressisti nel Mondo. Ma con onestà intellettuale il voto del 4 Marzo certifica che quella visione nella società non ha presa e non ha forza. Questo è il dato di fatto, e credo che una rimozione di questo oggi sia esattamente la risposta che non dobbiamo dare. Abbiamo bisogno di tempo e di pazienza. Di ragionare con un pensiero lungo e di una visione, anche nei valori, inclusiva e condivisa. Che abbia a cuore i più deboli, ma che sia moderna. Come già sentito dire, che sappia coniugare i diritti di chi lavora in amazon con quelli di chi ha volontà di acquistare con pochi soldi in tasca. Abbiamo bisogno di bonificare il nostro dibattito dopo anni muscolari, e di riprenderci un ruolo di sentinella nella società. L’appello è alla responsabilità di tutti, riconoscendo il valore del pensiero altrui come elemento di ricchezza e non di ostacolo. Questo è il primo punto interno, condivisione e corresponsabilità. C’è la necessità, più che di una conta di fare anche dell’altro. Di intraprendere un viaggio sociale all’interno verso i luoghi dove si forma la coscienza politica. Ripristinare il filo della rappresentanza, forse di quella connessione sentimentale che sentiamo aver perso verso intere fasce di popolazione, compresa la mia generazione, piuttosto abbandonata tra i flutti di un lavoro precario e una quotidianità che regala poco ai sogni e alle speranze. Dove i valori sono un lusso che non sempre ci si può permettere. C’è la necessità di un respirone forte e di un’immersione umile verso l’ascolto della società reale, ormai più fuori dal PD che dentro. Questa penso sia la ricetta da applicare e in questo senso desidero muovermi, riconoscendo a questa direzione un ruolo importante nel dibattito e partecipandovi con attenzione, ma con l’idea non sia più autosufficiente a determinare una lettura della società contemporanea, appunto di una “direzione”.

@MattiaCialini

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