I Teatranti di Fabio Cicaloni a Tegoleto con il Decamerone
Una compagnia teatrale di girovaghi si trova a Firenze nell’estate del 1630 a mettere in scena alcune novelle del Boccaccio. Il Decamerone offre loro la possibilità di riflettere sull’umanità rappresentata dall’autore, ma, al contempo, lo spunto per giocare sulle storie più piccanti, irriverenti e spassose che la letteratura ci abbia mai regalato. Fra prove di scena, costumi improvvisati e allestimenti da teatro popolare e commedia dell’arte, i teatranti di oggi diventano i teatranti di allora, ma un colpo di scena rovinerà l’audace impresa.
Il Decamerone è la rappresentazione di tutta l’umanità con le sue astuzie, penose nefandezze e umane debolezze, un contenitore di canovacci strutturati per una compagnia da commedia dell’arte, ma anche una delle opere più vere e autentiche di tutta la nostra letteratura, in quanto carnale e brutale nel suo raccontare l’essere umano. E’ un’opera che ci ricorda di essere vivi e che ci invita a vivere in un momento storico come il nostro in cui tutto è difficile e duro, ma lo vuol fare anche muovendoci a ridere, e non certo per leggera frivolezza, quanto più per consapevole e studiata ironia che si fa vitale. Finché racconteremo storie e finché saremo lì ad ascoltarle come l’onesta brigata del Decamerone, allora saremo certi che ancora viviamo e che esiste sempre un motivo per guardare avanti e vivere fino in fondo la nostra esistenza. Un inno alla vita, dunque, quello che Boccaccio ci alita ancora a distanza di quasi sette secoli, per ricordarci che sta a noi chiuder fuori l’appestato mondo dei corrotti di carne e di spirito per ricreare un universo puro, fatto di semplicità bella e vera.
Le novelle scelte (in ordine di rappresentazione)
Terza giornata, novella I
Nella quale Masetto da Lamporecchio si fa mutolo e diviene ortolano di uno monistero di donne, le quali tutte concorrono a giacersi con lui.
Nona giornata, novella III
Nella quale maestro Simone, ad instanzia di Bruno e di Buffalmacco e di Nello, fa credere a Calandrino che egli è pregno; il quale per medicine dà a'predetti capponi e denari, e guarisce della pregnezza senza partorire.
Terza giornata, novella IV
Nella quale Don Felice insegna a frate Puccio come egli diverrà beato faccendo una sua penitenzia; la quale frate Puccio fa, e don Felice in questo mezzo con la moglie del frate si dà buon tempo.
Settima giornata, novella VI
Nella quale madonna Isabella con Leonetto standosi, amata da un messer Lambertuccio, è da lui visitata; e tornando il marito di lei, messer Lambertuccio con un coltello in mano fuor di casa ne manda, e il marito di lei poi Leonetto accompagna.
Quarta giornata, novella II
Nella quale Frate Alberto dà a vedere ad una donna che l'Agnolo Gabriello è di lei innamorato, in forma del quale più volte si giace con lei; poi, per paura de'parenti di lei della casa gittatosi, in casa d'uno povero uomo ricovera, il quale in forma d'uomo salvatico il dì seguente nella piazza il mena, dove, riconosciuto, è da'suoi frati preso e incarcerato.
Sesta giornata, novella X
Nella quale Frate Cipolla promette a certi contadini di mostrar loro la penna dell'agnolo Gabriello; in luogo della quale trovando carboni, quegli dice esser di quegli che arrostirono san Lorenzo.
Quarta giornata, novella V
Nella quale i fratelli dell'Isabetta uccidon l'amante di lei; egli l'apparisce in sogno e mostrale dove sia sotterrato. Ella occultamente disotterra la testa e mettela in un testo di bassilico; e quivi su piagnendo ogni dì per una grande ora, i fratelli gliele tolgono, ed ella se ne muore di dolore poco appresso.
Nona giornata, novella X
Nella quale Donno Gianni ad istanzia di compar Pietro fa lo 'ncantesimo per far diventar la moglie una cavalla; e quando viene ad appiccar la coda, compar Pietro, dicendo che non vi voleva coda, guasta tutto lo 'ncantamento.