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Cultura

'Arezzo e gli aretini nella Divina Commedia', grande successo per il quarto libro di Stefano Pasquini

Un capitolo sulla Battaglia di Campaldino che ne rappresenta un testo unico. E poi sette personaggi che sono inseriti nella Divina Commedia

Non tutti sanno che ci sono ben sette personaggi aretini inseriti da Dante Alighieri nei tre canti della Divina Commedia. A ricostruirne le vicende e il contesto storico ci ha pensato Stefano Pasquini. L'avvocato aretino con la passione per la filosofia, la poesia e la letteratura nel periodo del primo lockdown ha pensato bene di sfruttare il tempo per mettere nero su bianco quell'idea che gli era venuta tanti anni fa. 

"Mi ero reso conto che questa analisi non era mai stata fatta da nessuno, nonostante la Divina Commedia sia uno dei libri più commentati al mondo, quale miglior periodo per dedicarsi a questa ricerca se non la primavera scorsa?." Così è nata la sua quarta pubblicazione, dopo due romanzi e 'Indagine sul processo di Kafka, la separazione e la colpa" un'altra opera di critica letteraria: "Arezzo e gli aretini nella Divina Commedia" edito da Mauro Pagliai.

Stefano Pasquini è anche fresco di seconda laurea, quella in letteratura ottenuta all'Università di Urbino con la tesi sulle poesia di Giovanni Pascoli. "Ricordo bene l'esame di letteratura italiana quando portai metà Divina Commedia, il professore leggendo un verso mi chiedeva in quale canto fossino e quale storia si stava raccontando."

libro-pasquini-divina-commediaE questo libro cosa rappresenta? "E' uno screening di tutti i personagi aretini ai quali ho tentato di dare un ordine in base ai temi. Insomma non è una lista della spesa, ma una ricostruzione storica e letteraria allo stesso tempo."

Si parte con il primo capitolo dedicato ad Arezzo ai tempi di Dante, poi ci sono le battaglie con i fiorentini, la ricostruzione degli scontri delle Giostre del Toppo vinte proprio dagli aretini. Ma c'è anche molta letteratura "specialmente nel capito di Guittone d'Arezzo e della poesia d'amore del 1200." Una ricostruzione condotta da Pasquini in un anno di studio e di scrittura con la parte dedicata al poeta Guittone che gli ha dato del filo da torcere: "E' un personaggio importante sul quale Dante esprime guidizi negativi, ne ho ricostruito la vicenda e il suo ruolo nella poesia del 1200 e sono arrivato alla conclusione che secondo me Dante aveva torto."

Un capitolo centrale è quello sulla Battaglia di Campaldino con un altro aretino protagonista Buonconte da Montefeltro che guidava le truppe Ghibelline contro i Guelfi fiorentini. "Ho ricostruito tutta la battaglia, unendo tutte le notizie storiche esistenti, ne è uscito un capitolo che rappresenta in sostanza il testo unico sulla Battaglia di Campaldino".

Nel corso del libro, tra le immagini del Castello di Romena e quello di Porciano dove Dante ha abitato, si staglia anche una storia forse meno conosciuta. L'aretino al centro della vicenda è Benincasa da Laterina un giudice che a Siena condanna a morte il babbo di Ghino di Tacco. La sentenza viene eseguita. Qualche anno dopo si sposta al tribunale di Roma, qui Ghino di Tacco organizza una spedizione con 400 uomini, entra nell'aula di giustizia e lo uccide tagliandogli la testa. Siamo alla fine del 1200.

Il resto è da scoprire leggendo il volume, rintracciabile in tutte le librerie aretine, visto che on line pare sia già esaurito. 

La presentazione del libro

La Divina Commedia è sicuramente uno dei libri più commentati della storia della letteratura mondiale. Nessuno però ha pensato fino ad oggi di approfondire i rapporti del poema dantesco con uno dei territori più legati alla vita del poeta, quello aretino. Mi sono chiesto se ci fossero dei motivi particolari che potessero giustificare questa grave lacuna oppure se la stessa fosse frutto di mera casualità. 

La risposta probabilmente va ricercata proprio nel rapporto conflittuale fra Dante e la realtà aretina, conflittualità che traspare in modo evidente nella stessa Divina Commedia. Basti pensare ai famosi versi sui «botoli (…) ringhiosi», ai quali anche il fiume Arno «torce il muso», cioè si volta e se ne va. Questi versi così sprezzanti verso Arezzo e i suoi abitanti vanno certamente inquadrati nel suo vissuto di esule, che ne esacerbò l’animo. La sua esperienza aretina fu caratterizzata da eventi negativi: le grosse difficoltà economiche del soggiorno immediatamente successivo all’esilio, la catastrofica impresa della Lastra, il fallimento della discesa dell’imperatore Arrigo VII.

Nel poema dantesco fioccano i versi caustici verso Arezzo e i suoi abitanti: oltre i già ricordati «botoli (…) ringhiosi», la definizione degli abitanti del Casentino come «brutti porci», la descrizione negativa dei Conti Guidi nel canto di Maestro Adamo, i giudizi sprezzanti verso il più grande poeta aretino, Guittone d’Arezzo.

È probabile che tutta questa aggressività non abbia invogliato gli studiosi ad approfondire il tema della presenza di Arezzo e dei suoi abitanti nella Divina Commedia, quasi che ci si vergognasse di certificare, con un’opera critica, questo quadro così negativo. Studiando in profondità il poema, però, ci accorgiamo che è stato un errore farsi intimorire dalla vemenza e dalla causticità dei giudizi danteschi. Scavando dietro tale cortina, emergono importanti elementi di segno opposto. Anzitutto l’amore del poeta per la natura ed i paesaggi del Casentino, vista quasi come una valle dell’Eden. Maestro Adamo fa una meravigliosa descrizione delle verdi montagne casentinesi (canto XXX dell’Inferno) e Buonconte da Montefeltro ci offre un grandioso affresco dell’intera vallata immersa nella nebbia e nella tempesta (canto V del Purgatorio). Emerge poi la considerazione di alte figure intellettuali, come Griffolino e lo stesso Maestro Adamo, che, pur collocati all’Inferno, possono narrarci la loro storia di ingiustizia e rancore.

Superato quindi il pregiudizio negativo, possiamo scoprire un mondo pieno di personaggi e storie di grande interesse: le lotte fra i guelfi esiliati nel 1287 ed i ghibellini al potere in città, i terribili crimini commessi dagli abusi delle autorità cittadine in Toscana, la fiorente vita culturale aretina, le meraviglie della natura delle vallate circostanti la città. La realtà aretina ed i suoi personaggi emergono allora come una parte importante del poema dantesco e si inseriscono a pieno titolo nel complesso disegno dell’opera. 

In questo quadro un rilievo particolare meritano la battaglia di Campaldino e la poetica di Guittone d’Arezzo.

La battaglia di Campaldino fu un evento di notevole rilevanza politica e militare e rappresentò anche un’esperienza diretta di fondamentale importanza nella vita di Dante. Ecco perché ci è parso necessario procedere ad una ricostruzione dettagliata del combattimento, mettendo in rilievo la portata dei cambiamenti che esso significò sia per la strategia militare sia per le conseguenze politiche del suo esito. La battaglia fu combattuta dagli aretini con il metodo tradizionale dell’assalto di cavalleria, mentre i fiorentini vinsero grazie ad una nuova tattica, basata sull’attesa e su un inedito utilizzo di armi particolari, come i palvesi e la balestra. La vittoria dei fiorentini segnò la fine di ogni prospettiva del ghibellinismo in Toscana e più in generale nel nostro paese. Dal punto di vista poetico viene in rilievo la duplice storia di Guido e Buonconte da Montefeltro, protagonisti di un percorso individuale e morale inverso, che serve al poeta per esaltare le virtù del cavaliere ghibellino, che si era trovato di fronte durante il combattimento. Duplice storia che assume un ruolo centrale nelle tematiche del poema.

Al di là dei giudizi negativi espressi da Dante, Guittone d’Arezzo appare poi come una figura fondamentale nella storia della poesia italiana del Duecento, ponendosi come un intellettuale di collegamento fra le scuole provenzale e siciliana e le nuove tendenze toscane, che culminarono poi nello stilnovismo. Un’analisi approfondita dell’opera di Guittone, mettendo in risalto il brusco cambiamento avvenuto nella sua vita e nella sua poetica nel 1265, porta alla luce la complessità della sua opera e le basi filosofiche e culturali della sua impostazione, così diversa da quella di Dante, ma non per questo da disprezzare. Questo mi ha permesso anche di ricostruire la profonda riflessione, che attraversa la Commedia, sulla poesia e in particolare sulla poesia d’amore. Un filo rosso che percorre tutto il poema, partendo da Paolo e Francesca nell’inferno fino alla figura di Folchetto da Marsiglia in paradiso. Un filo rosso dentro il quale possiamo apprezzare in pieno il ruolo di Guittone, all’interno della più generale teoria dell’amore, che costituisce l’architrave dell’intero poema.

È valso la pena dunque cimentarsi in questa difficile opera di ricostruzione, al termine della quale la realtà aretina è emersa nel poema con incredibile ricchezza e complessità. Gli eventi ed i personaggi assumono rilevanza primaria in tematiche fondamentali dell’universo dantesco, come il contrasto fra giustizia umana e giustizia divina, il significato morale e politico delle lotte fratricide fra le fazioni cittadine e fra le città, il ruolo della poesia nella vita dell’uomo. 

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