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Terziario, in provincia di Arezzo rappresenta un'impresa su due

Il terziario della provincia di Arezzo potrebbe archiviare il 2015 come un anno interlocutorio, senza le perdite del biennio 2013-2014 e con una leggera ripresa almeno nel numero delle imprese. Lo rivela l’indagine condotta dalla Confcommercio...

Il terziario della provincia di Arezzo potrebbe archiviare il 2015 come un anno interlocutorio, senza le perdite del biennio 2013-2014 e con una leggera ripresa almeno nel numero delle imprese.

Lo rivela l’indagine condotta dalla Confcommercio sulla base degli ultimi dati camerali disponibili, relativi al terzo trimestre 2015. I settori commercio, turismo e servizi crescono nel complesso di 134 unità (+ 0,8%) rispetto allo stesso periodo del 2014, raggiungendo quota 16.888 imprese rispetto alle 16.754 del 2014.

“Se questi dati dovessero essere confermati anche nell’ultimo trimestre - ma lo sapremo solo fra qualche mese - il sistema di imprese del terziario chiuderebbe l’anno con un segno positivo”, commenta la vicedirettrice della Confcommercio aretina Catiuscia Fei, “a registrare le performance migliori sono state le attività connesse a viaggi, turismo e ricettività, mentre ha sofferto di più il commercio all’ingrosso”.

Scendendo nel dettaglio, il comparto misto che comprende agenzie di viaggio, attività di noleggio e servizi di supporto alle imprese è cresciuto del +4,5% (dalle 775 imprese del 2014 alle 810 di quest’anno), le attività di alloggio del +4,2% (da 332 imprese a 346), i pubblici esercizi del +2,8 (dai 2.158 bar e ristoranti del 2014 ai 2.218 del 2015) e del +2,4% le attività assicurative e finanziarie. Più moderata la crescita degli altri comparti, comunque sotto l’1%.

“Il commercio, invece, nel complesso finora ha perso venti unità rispetto al 2014, passando da 8.597 a 8.577 aziende. Perdite che per adesso sono concentrate soprattutto nel settore auto e riparazioni e, in generale, nell’ingrosso, penalizzato dalla crisi dell’intermediazione legata al web”, prosegue la vicedirettrice di Confcommercio, “ma non è escluso che le perdite diventino più pesanti con i dati dell’ultimo quadrimestre. Infatti qualche negozio, anche storico, purtroppo chiuderà i battenti al 31 dicembre”.

“Con 16.888 aziende su 38.051, il terziario esprime il 45% del sistema imprenditoriale aretino e garantisce oltre il 60% dell’occupazione”, sottolinea Catiuscia Fei, “sono numeri che ne fanno capire il peso economico oltre che sociale, dal momento che la rete di esercizi e negozi diffusa sul territorio funge ancora da presidio sociale per molte comunità”.

Per il futuro, Confcommercio auspica quindi un’attenzione maggiore al comparto, anche dal punto di vista economico-finanziario: “siamo in attesa di alcuni bandi regionali che garantiscano supporto a chi intende rimodernare la propria attività. E fondamentali saranno gli investimenti che, anche a livello territoriale, si vorranno dedicare al turismo e ai servizi avanzati, i settori che in prospettiva possono offrire di più”.

Da non dimenticare, secondo la Confcommercio, il ruolo di ammortizzatore sociale svolto dal terziario negli anni più bui della crisi: “è l’unico settore che ha garantito una possibilità a chi ha perso il lavoro da dipendente o ai giovani in cerca di occupazione. Lo dimostra il fatto che, grazie ai nuovi arrivi, l’emorragia di imprese del passato si è fermata. Ma per rimpiazzare le aziende consolidate che hanno chiuso un’azienda nuova ci mette anni…”.

“Qualche accenno di ripresa il 2015 l’ha dato, soprattutto nella prima parte, anche se non si può parlare di risveglio dell’economia, soprattutto fino a che tasse, tariffe e spese obbligate per le famiglie e le imprese continueranno ad essere in continuo aumento. Fare impresa in questa situazione è difficile, soprattutto per i piccoli commercianti”.

Ci sono comunque segnali, seppure timidi, di un cambiamento di rotta: “in tanti piccoli centri storici sta accadendo quello che da qualche anno capita nelle città del nord Europa: riaprono piccole attività commerciali ed artigianali, la gente torna ad investire in questi mestieri. C’è una grossa disponibilità di fondi sfitti, anche a prezzi leggermente più contenuti; ci sono posizioni storiche che si sono liberate e tante persone che hanno da inventarsi o reinventarsi un mestiere”, fa notare la Fei. “Aprono botteghe di alimentari specializzate, pizzicagnoli che curano personalmente la stagionatura di formaggi e prosciutti, barbieri alla maniera antica, piccoli negozi di elettricista, mescite di vino sfuso, friggitorie ma anche rivendite di prodotti biologici per la bellezza o l’alimentazione, attività di ristorazione che puntano su artigianalità, tipicità e cucine particolari come quella etnica o vegetariana. Insomma”, conclude la vicedirettrice della Confcommercio, “riprende valore il mestiere del commerciante concepito in maniera antica, corredato di quel saper fare che dagli anni Ottanta, con l’arrivo della grande distribuzione, aveva perso appeal. La sfida sarà unirlo alle novità tecnologiche”.

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