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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Stralunato silenzio sulla vendita della Nuova Banca Etruria

Il silenzio stralunato con il quale il territorio sta osservando la vendita della Nuova banca Etruria è allarmante. Silenzio che non può essere dovuto ad una fiduciosa attesa nell’operato del Governo, della Banca d’Italia, della Commissione...

Il silenzio stralunato con il quale il territorio sta osservando la vendita della Nuova banca Etruria è allarmante. Silenzio che non può essere dovuto ad una fiduciosa attesa nell’operato del Governo, della Banca d’Italia, della Commissione europea e compagnia cantante. Fiducia che presupporrebbe quanto meno l’essersi già dimenticati dello sconquasso che per quattro piccole banche è stato provocato su tutto il sistema bancario italiano lo scorso novembre. Fiducia che non può essere dovuta alle marchiane diversità di trattamento poste in essere tutti i giorni nei confronti di altre banche, e quindi di altri territori e di altri risparmiatori. Disparità di trattamento, l’ultima delle quali con la vicina Monte dei Paschi, le cui motivazioni prima o poi dovranno essere chiarite. Silenzio che non può essere dovuto ad un incoraggiante svilupparsi della procedura di vendita, almeno per come ce la stanno raccontando. Anche volendo tralasciare le incertezze giuridiche sulle quali evidentemente qualcuno spera di poter sorvolare, sino a qualche giorno fa si parlava di una vendita in blocco delle quattro banche. Ora si parla di una vendita banca per banca, o a blocchi di due e poi domani chissà. Così come passano sotto assoluto silenzio, sindacati a parte, i pizzini mediatici con i quali vengono ipotizzate riduzioni del personale della metà nelle quattro banche. Anche volendoli considerare dei sassi nello stagno per saggiarne l’effetto, è ovvio che il silenzio, sempre considerato all’atto pratico passività se non acquiescenza, verrebbe comunque considerato all’occorrenza come un via libera da parte del territorio. Ma forse siamo più in presenza di quella che gli psicologi definirebbero una rimozione, o più semplicemente di un tentativo di mettere la testa sotto la sabbia da parte di molti, forse dei più. Forse non è chiaro che una cessione purchessia della banca, con annessa falcidia del personale e con il definitivo distacco dai centri direzionali, sarebbe un evento gravissimo, forse esiziale per il territorio. Sarebbe molto meno grave se, per fare degli esempi, venisse tolta la possibilità di accesso all’autostrada o alla ferrovia. Le enormi cifre che la banca ha riversato sul territorio in oltre cento anni, anche soltanto in termini di finanziamenti alle famiglie ed alle aziende e di assunzioni di personale, ce le potremmo dimenticare. Così come l’esperienza maturata nel per noi strategico settore dell’oreficeria, in particolare con il delicato strumento del cosiddetto prestito di uso, che fine farà? Siamo così certi che chi verrà sarà intenzionato a continuare a finanziare un settore ad alto impiego di capitale, a rischio di furti e per lo più dai modesti margini? Ed un ritiro dei prestiti di uso in oro da parte della Nuova Banca Etruria, o di chi domani per essa, probabilmente sarebbe, inutile nasconderselo, la condanna a morte per una parte da quantificare, ma sicuramente non irrilevante, delle residue aziende orafe aretine. Magari a qualcuno farebbe piacere anche questo risultato, tanto per portare un altro tassello alla pianificata distruzione del sistema produttivo italiano che va avanti indisturbata da oltre venti anni. Il tutto, repetita iuvant, senza considerare la tragedia sociale ed umana, oltre che economica, della ventilata perdita di centinaia di posti di lavoro nel territorio. E cosa dire del dramma umano subìto dai nostri risparmiatori espropriati? Per una parte di essi forse è stato trovato uno straccio di soluzione. Ma per tutti gli altri, obbligazionisti subordinati ed azionisti, non siamo a niente. E anche su questi punti c’è un silenzio inquietante. Insomma, pur trattandosi di eventi epocali per una piccola collettività che dovrebbero infiammare dibattiti ad ogni angolo di strada e produrre roventi prese di posizione, sembra che il territorio si sia rassegnato ad accettare quello che verrà. Ma non è così, non può e non deve essere così. Nei prossimi giorni verranno assunte decisioni che si rifletteranno sulle nostre collettività per i prossimi decenni, e noi non abbiamo il diritto di restare inerti. E non resteremo inerti. Ne siano tutti certi, troveremo il modo di fare onore alle parole di Dante Alighieri che ci definì botoli ringhiosi. Pur nel momento più buio e privo di reali prospettive dalla fine della seconda guerra mondiale, faremo sentire alta e forte la nostra voce nell’esclusivo interesse della nostra collettività che è dinanzi ad uno snodo epocale che condizionerà il benessere del territorio per i prossimi decenni.

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