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Riforma lavoratori autonomi: maternità e malattia riconosciute. Ecco cosa cambia

In molti ci hanno sperato. In tanti lo hanno atteso. Due milioni di lavoratori lo hanno richiesto a gran voce. E alla fine il Governo ha messo nero su bianco e dato risposta (in parte) alle esigenze degli autonomi. Professionisti iscritti agli...

In molti ci hanno sperato. In tanti lo hanno atteso. Due milioni di lavoratori lo hanno richiesto a gran voce. E alla fine il Governo ha messo nero su bianco e dato risposta (in parte) alle esigenze degli autonomi.

Professionisti iscritti agli albi, consulenti con Partita Iva, collaboratori e più in generale tutti coloro che non hanno un inquadramento contrattuale subordinato. Saranno questi a quanto pare i destinatari del disegno di legge varato ieri dal Consiglio dei Ministri che, nell’ambito della legge di stabilità, si è espresso per riformare l’universo del lavoro. A partire da quello autonomo.

In Italia, come anticipato, si parla di circa 2 milioni di persone coinvolte ovvero il 10 per cento del Pil. Per la realtà aretina invece la stima raggiunge le decine di migliaia di lavoratori.

“Se pensiamo che dal 2013 ad oggi sono state aperte oltre 3000 nuove Partite Iva ogni anno – spiega Marusca Gaggi della Nidil Cgil – e che per lavoratori autonomi si intendono tutti coloro che operano in settori in maniera indipendente e senza un contratto nazionale, il calcolo è presto fatto. Si tratta di una importante fetta della popolazione che, ben presto, verrà inquadrata in maniera differente dallo stato attuale”.

Tra i punti nodali del DDL c’è l’estensione della maternità e della malattia ai freelance e professionisti.

“Un passo avanti notevole rispetto al passato – prosegue Marusca Gaggi – è però giusto portare alla luce anche il fatto che per le lunghe malattie nel DDL vengono riconosciute solo quelle con degenza ospedaliera. Sappiamo perfettamente che non tutte le patologie gravi e di lungo termine prevedono tempi di ricovero proporzionati”.

E poi c’è il riconoscimento del lavoro agile, il così detto “smart work”, quello che si può svolgere da casa. Grandi marchi e aziende, anche in Italia, hanno applicato già degli accordi con i propri dipendenti che hanno manifestato la necessità di lavorare da remoto. Di fatto, nel DDL recentemente varato, il lavoratore autonomo che presterà servizio dal proprio domicilio avrà le stesse tutele di quello che lo fa all’interno dell’azienda.

“La domanda è: perché inserire i lavoratori subordinati che svolgono attività “smart” con altri autonomi? – continuano dal sindacato – è una contraddizione perché i primi hanno un contratto di lavoro nazionale mentre i secondi no. Non possiamo assolutamente equiparare le due posizioni perché si trovano su due piani distinti”.

Marusca Gaggi - Nidil Cgil Arezzo Marusca Gaggi - Nidil Cgil Arezzo

Nel DDL è stato previsto anche un capitolo riguardante la tutela contro gli abusi da parte del committente, il quale sarà chiamato a pagare la prestazione dell’autonomo entro e non oltre 60 giorni.

Ed infine vengono riconosciuti importanti sgravi fiscali per le spese di formazione sostenute dai professionisti. Quest’ultima voce sarà totalmente deducibile. “Ben vengano tutte le attività di tutela del lavoratore – afferma Marusca Gaggi – Accogliamo con favore tutti i paragrafi riguardanti la deducibilità delle spese per la formazione anche perché, come ben sappiamo, molti autonomi hanno bisogno di aggiornarsi per essere competitivi nel mondo del lavoro. Quello che a mio avviso manca in questo DDL è un ragionamento serio e approfondito sugli ammortizzatori sociali e sulla previdenza. Questo deve essere il vero nodo del dibattito perché al momento, per gli autonomi non ci sono delle direttive specifiche. Ricordiamoci che rispetto ai subordinati i freelance hanno periodi di lavoro retribuito, altri di attesa per le riscossioni e anche tempi di completa inattività. Questo ciclo è applicabile a tutte le categorie, dall’avvocato al semplice lavoratore con Partita Iva. Altro elemento che nel DDL manca sono le voci riguardanti la necessità primaria per il lavoratore autonomo di godere di una retribuzione equa e proporzionata all’attività o consulenza svolta”. Rimangono fuori da questo quadro gli autonomi con profitto ovvero, artigiani e commercianti.

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