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Economia

Post Covid. Sfida digitale e infrastrutture, Cariulo: “Confartigianato pronta a fare la sua parte”

Il commento del presidente Ict di Confartigianato Arezzo, Giacomo Cariulo

Ripartire dopo il covid 19. Non è affatto semplice e per molte imprese lo scenario di riferimento, anche se sono trascorsi pochi mesi dal lockdown, è completamente cambiato. Occorrono pertanto un approccio diverso e strumenti di intervento differenti per fronteggiare una situazione che si è modificata in maniera drastica e molto spesso irreversibile. Ne è convinto il presidente Ict di Confartigianato Arezzo, Giacomo Cariulo.

“Prima di indicare le strategie – dice – dobbiamo capire qual è il nuovo scenario, qual è l’andamento in Italia del “digitale” e quale l’impatto che ha avuto il covid 19. Una premessa: anche senza il covid – aggiunge Cariulo – il settore digitale si è sempre distinto per crescere a una velocità a cui non siamo abituati portando a cambiamenti talmente repentini a cui facciamo fatica ad adeguarci altrettanto rapidamente. Se questa è la premessa, la considerazione successiva riguarda il cambiamento dovuto al covid 19. In soli tre mesi, Il lockdown ha provocato un salto in avanti, in termini di abitudine e utilizzo di piattaforme digitali, di almeno cinque anni. Smart working, acquisti online ecc., hanno avuto una crescita, che in molti casi, è un vero cambio di abitudini da cui, nella maggior parte dei casi, non si torna indietro. Faccio un esempio. Prima del lockdown, la percentuale di libri venduti in rete era del 25%, ora è del 75%. Non sono qui a dire se è giusto o sbagliato, o come tutelare le librerie presenti nelle nostre città. Mi limito ad osservare e dire che questa “nuova” abitudine sarà per la maggior parte irreversibile. Occorre prenderne atto e fronteggiare la situazione in maniera diversa da un passato che non tornerà. Altri esempi? Le palestre. Durante la chiusura molte persone hanno continuato ad allenarsi tramite app sui cellulari o seguendo lezioni online. È probabile che alcune di loro non tornino più in palestra, per abitudine, per flessibilità di orari e programmi, per costi minori rispetto all’abbonamento della palestra. Abitudini dalle quali difficilmente si torna indietro”.

Ma ci sono anche altre criticità. “Prendiamo il settore del food delivery – prosegue il presidente - al quale molti ristoranti si sono rivolti in questo periodo. Il ristoratore che si affida a un terzo regalando tutti i dati e le preferenze del proprio cliente sta offrendo queste informazioni a un soggetto che, essendo dentro il suo modello di business, sarà capace di raccoglierle, studiarle e utilizzarle. Oggi, a fronte di una domanda di consegna a domicilio, che è aumentata di 20 volte in tre mesi, i servizi di delivery hanno aumentato la loro offerta soltanto di 4 volte. Ovvero, non sono riusciti a soddisfare l’intera domanda, ma hanno davanti a sé due grandi opportunità: colmare il gap tra domanda e offerta essendo già in possesso del know-how necessario; aprire dei ristoranti capitalizzando i dati dei clienti raccolti in questi mesi e avendo abilità nell’utilizzo degli strumenti digitali. Fra il 2018 e il 2019 l'e-commerce in Italia è cresciuto del 17%, nel 2020 le proiezioni ci parlano di oltre il 40%. Se questo dato lo confrontiamo con la chiusura in Italia di circa 63.000 negozi nell’ultimo anno, abbiamo un quadro sufficientemente chiaro della direzione che sta prendendo il mercato".

Di fronte al boom dell'e-commerce quali sono le cose che fanno la differenza? “Il cambio di approccio prima di tutto. Gli imprenditori devono capire che oggi l’e-commerce non è un sito con una vetrina e un carrello digitale, ma un progetto più ampio in cui gli elementi strategici sono i servizi e il rapporto offerto agli utenti, e che tali servizi devono essere visti come parte dell’investimento: pagamenti rateizzati, politiche di spedizione, reso gratuito, sono gli elementi su cui i grandi protagonisti del commercio elettronico basano le loro strategie di marketing".

Poi c’è la pubblicità. “È indispensabile, e oggi si deve fare i conti anche con l’aumento di prezzo delle inserzioni online. Un aumento che deriva sia dal naturale aumento di investimenti da parte di chi già utilizzava questi strumenti, ma anche da un inquinamento di questo settore dovuto all’utilizzo, spesso smodato e inefficace, da parte di soggetti che, senza competenze professionali generano un aumento dei prezzi”. Occorre dunque fronteggiare la nuova situazione con una nuova mentalità rivolta al mercato online. “Si, mettendo al centro la soddisfazione delle «persone». Ebay, durante in lockdown, ha eliminato 20 mila prodotti perché considerati a rischio alta speculazione, Amazon ne ha eliminati un milione perché ritenuti ingannevoli per il cliente. Mettere le persone e la loro soddisfazione al centro è la strategia di tutti i grandi protagonisti del digitale. Ed è una cosa che gli artigiani conoscono benissimo. Da sempre”.

Dunque, quali le conclusioni e quali i consigli alle imprese. Quali anche gli interventi che devono fare le Istituzioni. “Direi che dobbiamo intervenire almeno su 3 punti. Le imprese devono essere pronte a questa rivoluzione. Le persone comprano, e compreranno sempre più online. Devono adattare il loro modello di business, mettere il cliente al centro, anche online, e comprendere gli strumenti digitali con una formazione adeguata. Ampliare le nostre competenze digitali partendo dalla formazione. Secondo il DESI, su 28 Stati membri (Il DESI riporta anche il dato UK), l'Italia è al 25° posto, davanti soltanto a Romania, Grecia e Bulgaria. E abbiamo perso due posizioni rispetto allo scorso anno. È necessario iniziare un’educazione all'informatica già dalle scuole secondarie, ed è necessario il coinvolgimento del mondo imprenditoriale nella definizione dei programmi didattici, soprattutto negli istituti ad indirizzo professionale e tecnico. Connessione e infrastrutture. Siamo al 17° posto in Europa. Per il mondo delle imprese la connettività deve essere intesa come un servizio pubblico: è essenziale. Non è possibile sentirsi dire da un gestore: «In quella zona il servizio non è coperto perché non conviene». L’accesso alla rete per un’impresa, ma anche per freelance, e smart worker, è indispensabile, e non può essere relegato solo ad un mero servizio commerciale regolato solo dalle logiche di profitto. E questo è un compito che spetta in primis alle istituzioni”. “Davanti a questa situazione, va anche detto che il tema della digitalizzazione e del supporto alle PMI è uno dei 6 punti strategici del programma dell’Unione Europea. Non possiamo permetterci di perdere questo treno.Per questo è essenziale dialogo e collaborazione con le associazioni di categoria, come Confartigianato, che sono pronte a dare il proprio contributo come hanno sempre fatto. Altrimenti la sfida è persa”.

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