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E’ ora di iniziare a fare vera chiarezza sulla “risoluzione” della vecchia Banca Etruria

Sono ormai passati 660 giorni dalla “risoluzione” della vecchia Banca Etruria. Eppure, nonostante tutto questo tempo, la situazione è ben lontana dall’essere definita. Anzi. Abbiamo moltissimi risparmiatori obbligazionisti subordinati che devono...

Sono ormai passati 660 giorni dalla “risoluzione” della vecchia Banca Etruria. Eppure, nonostante tutto questo tempo, la situazione è ben lontana dall’essere definita. Anzi. Abbiamo moltissimi risparmiatori obbligazionisti subordinati che devono presentare nelle prossime settimane la domanda per accedere al cosiddetto arbitrato. Un’altra pessima invenzione di questa ancor più pessima vicenda dove tutto è stato tentato da Lorsignori con pervicacia per restituire il meno possibile al minor numero possibile di persone. Sull’arbitrato, poi, si stanno toccando vette eccelse: chi fa la domanda si impegna ad accettare quello che verrà deciso dagli arbitri. Così, alla cieca. Poi c’è tutta la vicenda dei risparmiatori che avevano le azioni ai quali è stata anche espropriata la banca come se fosse una cosa normale. E cosa dire dei dipendenti della banca? In questo momento, inutile nasconderselo, uno dei nostri crucci maggiori. Un disastro, non ci sono altre parole per definire l’accaduto. Un opaco disastro. Forse non a caso i principali protagonisti della vicenda cercano di scrollarsi di dosso qualsiasi responsabilità. Il governo dell’epoca dice, magari credendo di giustificarsi, che ha lasciato troppo spazio a Banca d’Italia. Se le le parole hanno ancora un senso, vuol dire che il governo dell’epoca avrebbe sbagliato a fidarsi dell’operato di Banca d’Italia. Ma non si dice il perché. Banca d’Italia che, però, avrà sicuramente apprezzato la voce secondo la quale le scelte sbagliate sulle valutazioni dei crediti in sofferenza fatte al momento della “risoluzione” sarebbero di qualche non meglio precisato burocrate della Commissione europea, o giù di lì. Nonostante la sorprendente nonchalance dei protagonisti tutte circostanze, se vere, gravissime. Poi c’è la Commissione europea che, forse conoscendo i suoi polli, mise subito le mani avanti sottolineando come il governo italiano avrebbe potuto – ed è purtroppo l’unica cosa certa – prendere decisioni diverse, come in effetti abbiamo visto fare con altre banche. In questo penoso scarica barile burocratico si rischiano di perdere di vista alcune particolari singolarità. Ed è nostro compito civico impedirlo. Per esempio non si è ancora accertato se Banca Etruria era insolvente già prima della “risoluzione”, o lo è diventata magicamente con la – o per meglio dire per effetto della - “risoluzione”. D’altra parte che la valutazione dei crediti in sofferenza - dalla quale in molti pensano sia scaturita l’insolvenza - fatta proprio in qual momento, seppur a quanto pare ad opera di ignoti, era irragionevole è ormai un fatto noto ed autorevolmente ammesso. A tal proposito si è anche molto argomentato su una cessione di crediti in sofferenza fatta pochissimi giorni prima del patatrac proprio dalla stessa Banca Etruria in commissariamento che potrebbe aver avuto un ruolo significativo – secondo alcuni decisivo - nelle valutazioni. Ma anche qui non si è mai fatta luce sull’accaduto. Anche sul perché delle marchiane differenze di trattamento subìte da Banca Etruria e dalle sue tre compagne di sventura rispetto a casi analoghi, o quanto meno confrontabili, non c’è mai stata una spiegazione, convincente o meno che fosse. Ma è ovvio che non ci sia. Non ci può essere perché vorrebbe dire prima di tutto ammettere le enormi disparità di trattamento che, e non si sa perché, sono state fatte. Come mai, qualcuno ce lo vuol dire? Eppure – guarda che altro caso – proprio dopo la sotto valutazione dei crediti in sofferenza della vecchia Banca Etruria fatta al momento della “risoluzione” è partito lo sfascio di una parte rilevante del sistema bancario italiano per la gioia della grande speculazione finanziaria internazionale. Banca intere, meglio dire intere filiere creditizie, sono passate, e passeranno ancora purtroppo, di mano a niente o meglio ancora con graditissime, colossali, doti pubbliche. Crediti in sofferenza svenduti a pochissimo dal sistema bancario italiano alla grande finanza internazionale. Grande finanza internazionale che strangolerà ancor di più i debitori – cioè le famiglie e le piccole e medie imprese -per recuperare il massimo con guadagni stellari. Come già stiamo vedendo fare anche in Toscana, e non siamo che agli inizi. E che dire degli otto miliardi e mezzo di euro (16.000 miliardi di lire) di crediti in sofferenza tolti al momento del patatrac dal patrimonio delle quattro banche dove, in un mondo normale, sarebbero invece dovuti rimanere a garanzia dei creditori, degli azionisti e degli obbligazionisti subordinati? Che fine hanno fatto? Mica per caso sono andati, o andranno, in mano alla grande speculazione finanziaria internazionale? E se si, a quali prezzi? Anche la strombazzata commissione parlamentare di inchiesta sulle banche è stata la solita spacconata a vanvera. Ma lo capiamo: anche all’autolesionismo ci deve essere un limite. Cadrà nel dimenticatoio come l’abolizione del vitalizio dei parlamentari. Ma per tornare al punto il tema è, e sarà, sempre lo stesso: è ora di iniziare a fare chiarezza sulla “risoluzione” della vecchia Banca Etruria. E noi ci impegneremo perché questo avvenga.

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