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Giovedì, 18 Aprile 2024
Economia

Le tasse caleranno, quando gli asini voleranno

Un interessante studio della Cna dimostra che il barometro delle tasse per le imprese segna sempre brutto tempo, anzi pessimo. La pressione fiscale resta insostenibile, anche se c’è stata, seppur subito controbilanciata, una modesta riduzione del...

Un interessante studio della Cna dimostra che il barometro delle tasse per le imprese segna sempre brutto tempo, anzi pessimo. La pressione fiscale resta insostenibile, anche se c’è stata, seppur subito controbilanciata, una modesta riduzione del carico fiscale derivante dall’Irap. Nome sinistro che indica un prelievo che una volta tanto lascia fortunatamente indenni le famiglie perché colpisce le aziende e i professionisti. Peraltro una imposta priva di senso e di senno calata estemporaneamente una ventina di anni fa nel nostro sistema tributario. Un unicum nei sistemi fiscali avanzati che dovrebbe essere soltanto abolito. Ammesso che il nostro sistema fiscale sia avanzato, del che ci sono molti dubbi. Visto che per esempio si molestano le piccole attività costringendole ad emettere scontrini fiscali e ricevute fiscali come trenta anni fa. Strumenti inutili e superati dato che il loro reddito è determinato dal fisco a tavolino con gli studi di settore. Oppure dove chi fa il furbo per non pagare il canone della Rai rischia una pesante condanna penale, anziché un paio di salutari pedate.

Mentre, tanto per restare all’attualità, i risparmi delle famiglie si evaporano e le banche vengono tranquillamente confiscate seppur, si capisce, con tanto di decreti pubblicati in Gazzetta ufficiale. Ma torniamo allo studio di Cna. Per l’anno 2016, con un articolato calcolo viene stimato il prelievo fiscale totale di una piccola attività nel 61% del reddito. In aumento, tanto per gradire, rispetto al 2015. Un prelievo già così di natura estorsiva, e che non tiene conto di tutti gli ulteriori prelievi di natura fiscale che gravano poi sul reddito netto. Pensiamo soltanto all’Imu e non andiamo oltre. Dopodiché viene anche fatta una classifica toscana delle città con prelievo fiscale complessivamente più alto sulla piccola impresa.

Limitiamoci all’area formata dalle città di Arezzo, Grosseto e Siena. Arezzo sarebbe quella messa meglio, per così dire, con un prelievo del 55,7%, Siena verrebbe dopo con un prelievo del 60,5% ed a seguire la peggiore, cioè Grosseto con il 64,9%. Da aretino potrei anche essere soddisfatto della circostanza che il prelievo fiscale della mia città sia il più basso non soltanto dell’area, ma anche dell’intera Toscana visto che Firenze è una delle peggiori in Italia con un prelievo del 68,5%. Ma non c’è niente di cui essere contenti. Divertente, per così dire, è la stima dei giorni e dei mesi che in un anno il fisco costringe a lavorare per lui. Ad Arezzo sino al ventidue di luglio, a Siena sino all’otto di settembre e a Grosseto sino al venticinque di agosto. Si tratta di un livello di prelievo assurdo, incostituzionale in quanto lesivo dei principi di proporzionalità, equità e di capacità contributiva, al quale conseguono incredibilmente sempre minori servizi. Da che mondo è mondo le tasse, le imposte ed i contributi vengono versati, in sintesi, per il sempre miglior funzionamento dello Stato e quindi per assicurare il miglior benessere possibile ai cittadini. E’ chiaro che più il cittadino versa, più servizi si deve aspettare. In Italia è il contrario: più si paga, meno si ottiene.

Un caso unico al mondo, specialmente perché Lorsignori cercano di spacciare questo obbrobrio come una condizione normale, se non auspicabile. Ma la situazione è pure destinata a peggiorare, e parecchio. Con le disgraziate scelte del 2012 assunte ai danni degli interessi nazionali, l’Italia si è impegnata sia ad una folle ed inattuabile riduzione del debito pubblico, sia al cosiddetto pareggio di bilancio addirittura prevedendolo nella Costituzione. Norme purtroppo di apparente buona amministrazione, ma in realtà un sabotaggio suicida e comunque irrealizzabile. Ma che soprattutto, se non rapidamente eliminate condanneranno l’Italia a decenni di inutile impoverimento, di tagli e di tasse. Tagli e tasse che, per tacere di qualsiasi altra considerazione a questo punto realmente di natura umanitaria, distruggeranno definitivamente il mercato interno radendo al suolo i pochi consumi superstiti. Come gli imprenditori e le famiglie sperimentano sulla loro pelle ogni giorno. Ma purtroppo al di là delle chiacchiere niente di questo è concretamente visibile all’orizzonte. D’altra parte la distruzione della nostra economia è il risultato che probabilmente qualcuno al di là delle Alpi si era prefisso diversi anni fa, come scrivo da tempi non sospetti. Di sicuro è il prodotto di una pessima difesa degli interessi nazionali fatta della classe politica italiana degli ultimi venti anni. C’è proprio da esserne fieri.

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