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"Le età dell'oro", Landini ad Arezzo: "Dopo la crisi delle banche c'è bisogno di capire come rilanciare l'economia"

"Le difficoltà che ha affrontato questo territorio sono evidenti. Adesso però è il momento di guardare in avanti e fare quello che possiamo per migliorare la qualità e la quantità dell'occupazione". Sono queste le parole del segretario nazionale...

"Le difficoltà che ha affrontato questo territorio sono evidenti. Adesso però è il momento di guardare in avanti e fare quello che possiamo per migliorare la qualità e la quantità dell'occupazione".

Sono queste le parole del segretario nazionale della Cgil Maurizio Landini, ospite di punta del convengono “Le età dell’oro” dedicato all’evoluzione e alla situazione attuale del settore orafo aretino. "Siamo sicuramente di fronte ad una fase di trasformazione - ha sottolineato il segretario Landini - basta guardare i dati delle imprese che sono saltate o fallite. E' calata l'occupazione ed è cambiata la qualità del lavoro. In più come ben sappiamo la provincia di Arezzo ha vissuto una crisi del sistema bancario, con la ex Etruria, che ha avuto un peso molto importante: E' proprio per questo che c'è bisogno e necessità di aprire una discussione concreta su che tipo di banche ci vorrebbero per sostenete il rilancio dell'economia ed e dell'industria locale. E indubbio che il punto che abbiamo di fronte è uno: come un territorio come questo, che ha fatto dell'industria orafa e dell'export la propria punta di diamante, possa esportare le pre proprie competenze per cambiare ed innovarsi". L'intervento di Landini è stata preceduto da quello di Alessandro Mugnai, segretario provinciale della Cgil e dalla relazione di Alessandro Tracchi segretario provinciale Fiom. "Arezzo non può rinunciare a quello che è davvero un gioiello della propria storia economica - ha affermato il segretario provinciale Mugnai - Non si tratta di un mero gioco di parole ma di una vera e propria considerazione che trova le basi su una vocazione manifatturiera straordinaria. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un sali e scendi dei livelli occupazionali. I dati al secondo semestre 2017 evidenziano la presenza di 1.206 imprese con 7.473 addetti. Il consuntivo 2016 è stato di 1.199 imprese con 7.569 addetti e con enorme flessibilità e variazione di questi dati nel trimestre. In dieci anni si sono persi 2.809 posti di lavoro e 463 imprese. Il settore deve avere una sua sostenibilità economica e finanziaria. E’ necessario allentare le misure restrittive per l’accesso al credito, agevolare il prestito, naturalmente con garanzie di rientro chiare. Poi ci devono essere meccanismi capaci di sostituire il prestito d’uso con procedure più certe e con le dovute garanzie sul rientro”. Particolarmente incisiva la relazione presentata dal segretario Fiom Tracchi.

"Vorrei sottoporre una serie di questioni - ha esordito Tracchi - La prima, quella finanziaria e creditizia. Le aziende orafe sono attività che hanno un elevato fabbisogno finanziario a causa del costo della materia prima. La crisi che sembra non conoscere rallentamenti ormai da troppo anni, ha determinato un abbassamento dei patrimoni aziendali e un conseguente aumento del ricorso al credito. E questo, nel nostro territorio in modo particolare, si è concretizzato nel ricorso al prestito d'uso. Quello cosiddetto "agevole" era una pratica non facile da riscontrare nella lettura dei bilanci in Italia, ma capace di generare un'esposizione debitoria delle aziende verso il mondo del credito. L'intero settore è esposto verso il meccanismo del “prestito d'uso” stesso ed è difficile riscontrare quanto questa esposizione sia aumentata con l'avvento della crisi, destrutturando notevolmente la già poco stabile condizione economico-finanziaria vissuta delle aziende. Tutto si basava sulla reputazione economica della stessa azienda che per garantire queste linee di credito offriva garanzie collaterali ben oltre l'importo stesso. La seconda questione, il vero peso delle esportazioni. L'oro risente dell'andamento monetario: si compra in dollari ma poi, lavorato o recuperato, viene rivenduto in euro. Quando si analizzano i dati dell'export, questi devono essere confrontati anche rispetto alla “tenuta” o alla “svalutazione” tra euro e dollaro per non commettere errori di interpretazione sull'andamento. La terza questione, l'occupazione. I dati disponibili sull'andamento occupazionale, ci dicono anche che per numero di imprese, il massimo si è raggiunto nel 2002 con 1.699 imprese (di cui 1226 artigiane) e per i livelli occupazionali l'anno migliore è stato il 2001 con 10.282 addetti in 1.681 imprese (di cui 1.193 artigiane). Da allora, sia per numero di imprese che per addetti, siamo stati spettatori di un lento declino (tra il 25% e il 30%) più alto rispetto a tutto il manifatturiero e questo in anni antecedenti alla crisi economico e finanziaria. Oggi i dati al secondo semestre 2017 evidenziano la presenza di 1.206 imprese con 7.473 addetti. Il consuntivo 2016 è stato di 1.199 imprese con 7.569 addetti e con enorme flessibilità e variazione di questi dati nel trimestre".

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