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Il disastro iniziato con la vecchia Banca Etruria continua con le banche venete

Il disastroso cammino iniziato con la vecchia Banca Etruria continua imperterrito con Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Infatti come avevamo previsto, detto e scritto, Banca Etruria era stata soltanto la prova generale dello scippo del...

Il disastroso cammino iniziato con la vecchia Banca Etruria continua imperterrito con Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Infatti come avevamo previsto, detto e scritto, Banca Etruria era stata soltanto la prova generale dello scippo del sistema bancario italiano e del risparmio degli italiani in favore della grande finanza internazionale, luogo ultimo di destinazione dopo i necessari contorcimenti e depistaggi. Ed infatti si è appena consumato anche l’esproprio delle banche venete dai loro proprietari, cioè da soci azionisti, e la distruzione del risparmio investito nelle obbligazioni subordinate. E non è certamente finita qui. Per noi, però, è un film già visto. Di particolarmente singolare in questo caso c’è l’ennesimo decreto ad hoc fatto dal Governo convenuto, per così dire, non solo con l’Unione europea ma anche con la banca che sta rilevando le spoglie delle banche venete, cioè con Intesa San Paolo, alla faccia della generalità e dell’astrattezza delle norme giuridiche. Che le leggi significative vengano dettate da Bruxelles, o per essere più precisi da Berlino, è ormai sciaguratamente noto, ma ora è stato fatto un altro passo significativo: la legge è stata anche apertamente contrattata con una azienda privata quale è Intesa San Paolo. Azienda che, sia chiaro, ha fatto bene, anzi benissimo a tutelare i propri interessi ed a non fidarsi delle promesse a vanvera di Lorsignori, ma questo non toglie che ormai siamo anche in presenza di una smarcata privatizzazione della funzione legislativa italiana. Privatizzazione che, come ormai gli italiani hanno ben sperimentato in altri settori della vita, produrrà solo disgrazie ai danni delle famiglie e delle piccole e medie imprese. Sulle banche, in particolare, siamo in presenza di una legislazione bancaria à la carte che fa strame di qualsiasi principio di certezza del diritto e che dimostra la falsità, e quindi l’illegittimità, delle normative europee che vengono bypassate – come anche in questo caso – a piacimento utilizzando non due pesi e due misure, ma un’infinità di pesi e di misure a secondo dei comodi di qualcuno. E poi c’è ancora in giro qualche tonto che si balocca con il mitico “l’Europa lo vuole”. E fa tenerezza ricordare come alcuni si lamentavano, beata ingenuità, di una differenza di trattamento tra i nostri azionisti ed obbligazionisti subordinati rispetto a quelli delle banche venete. Purtroppo uno dei pochi aspetti sui quali non viene fatta differenza, non può essere fatta differenza. Bisogna iniziare a comprendere che la finanza internazionale ragiona in maniera molto semplice, al di là della cortina fumogena formata da paroloni preferibilmente in lingua inglese. La grande speculazione vive ponendosi soltanto un paio di domandine semplici semplici: dove guadagnare moltissimo senza guardare in faccia a nessuno, ed a chi far pagare il relativo conto. Ed è anche per queste semplici ragioni che gli obbligazionisti subordinati e gli azionisti subordinati delle banche venete non potevano essere trattati diversamente dai nostri. E non sono stati trattati diversamente: sono stata azzerati ed anche per loro si apre l’umiliante trafila dei rimorsi automatici e degli arbitrati. Così come è stata la stessa cosa per gli azionisti: capitale azzerato e banca espropriata. Ed anche per questi azionisti non resterà che l’eventuale strada dei tribunali; come per i nostri. La storia si ripete. Ma non basta, anche l’offerta transattiva fatta pochissimo tempo fa dalle banche venete nei confronti dei propri azionisti resta nell’indistinto calderone dei debiti di queste banche ormai in liquidazione coatta amministrativa. Quindi, dal punto di vista del recupero, campa cavallo che l’erba cresce. Ma tornando a chi ci guadagna in queste operazioni, per esempio nella vecchia Banca Etruria il guadagno lo faranno coloro che, alla fine della fiera, metteranno le mani sui crediti in sofferenza a suo tempo tolti dalla banca, quindi sempre la grande finanza internazionale. Crediti che, come è stato definitivamente detto, e come noi avevamo denunciato sin da subito, sono stati valutati a valori bassissimi, seppur non si sa da chi, ma di sicuro per la gioia della grande speculazione. Non a caso, se quello che abbiamo letto di recente nella stampa specializzata è vero, ci sarebbero grandi gruppi di speculatori finanziari internazionali in corsa per l’acquisto di una prima tranche dei vecchi crediti in sofferenza di Banca Etruria e delle sue tre consorelle. Nelle banche venete, e nelle altre banche che le seguiranno a ruota, sarà da capire a quanto sono stati valutati i crediti in sofferenza – perché la chiave di volta è sempre quella - e, magari, anche da chi. Comunque il conto lo hanno già pagato – e lo pagheranno - i risparmiatori che hanno investito nelle azioni e nelle obbligazioni subordinate delle banche di volta in volta colpite, lo pagheranno i dipendenti delle stesse banche che verranno falcidiati con annesso azzeramento di filiali e centri direzionali, lo pagheranno i territori già di riferimento delle singole banche e lo pagheranno, come è sottinteso, i contribuenti. Ma la grande finanza internazionale fa il suo mestiere, come avviene in tutto il mondo. Decisive per consentire queste scorrerie sono, purtroppo, la debolezza, l’incapacità, e l’assenza di spina dorsale per non voler pensare ad altro, dei governi della Repubblica Italiana degli ultimi anni. Tanto l’assenza di spina dorsale, quanto l’incapacità politica e di governo, sono certificate dal fatto che Lorsignori hanno consentito anche questa volta alla Banca Centrale Europea – o chi per essa - di sancire l’impossibilità per le banche venete di andare avanti. In altra parole due importanti banche italiane sono state considerate in dissesto o a rischio di dissesto – come se poi fosse la stessa cosa - non da un tribunale italiano, ma dalla Banca Centrale Europea. Pura follia. Ed anche la sconclusionata gestione politica e governativa della posizione delle banche venete nell’ultimo anno, ampiamente riportata dalla stampa, ne è un altro lampante esempio. Purtroppo abbiamo un gruppo di torsoli a Roma che continuano ad ascoltare i diktat di Berlino che proibiscono gli aiuti di Stato quando, come tutti ormai sappiamo, la Germania ha salvato, facendo benissimo sia chiaro, le sue banche spendendo miliardi a cappellate di euro pubblici. E poi, sempre a proposito di manifesta incapacità, come dimenticarsi del fatto che qualche genio avrebbe a suo tempo sollecitato l’unione tra Banca Etruria e Banca Popolare di Vicenza come soluzione di tutti i problemi? D’altra parte sono sempre gli stessi fenomeni che, con uno spettacolare unicum nella storia bancaria planetaria di tutti i tempi, legarono l’aumento di capitale di Monte dei Paschi dello scorso dicembre al coevo referendum costituzionale. Abortito l’uno, abortito l’altro. Ma per tornare all’oggi, e per concludere, nonostante la battaglia portata avanti dalle associazioni dei risparmiatori e da pochi altri – anche comprensibilmente perché le persone hanno famiglia ed i nemici sono potentissimi e pericolosissimi – la storia si ripete, seppur non proprio nella forma, di sicuro nella sostanza. Che poi è sempre la stessa cosa: colossali guadagno attesi per pochissimi, distruzione dei risparmi delle famiglie incolpevolmente investiti in titoli bancari, costi enormi a carico dei contribuenti, licenziamenti e chiusure. Roba da paese in via di sviluppo. Ma non c’è niente di diverso da aspettarsi da una classe politica nazionale che in gran parte, ed alla netto delle evidenti incapacità, antepone i propri meschini interessi alla difesa degli interessi delle famiglie e delle piccole e media aziende, cioè alla difesa degli interessi nazionali. E chi come noi si è trovato dinanzi anziani tremanti che piangevano disperati per la sparizione dei loro risparmi non dimentica. Non può dimenticare, e, soprattutto, non vuol dimenticare. Ed è per questo che tutto deve cambiare. La battaglia continua.

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