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Ma guarda che caso: sembra che J.P.Morgan si occupi anche di vendere i crediti in sofferenza della vecchia Banca Etruria

Se quello che leggiamo è vero i crediti in sofferenza della vecchia Banca Etruria, e delle altre tre banche “risolte”, dovrebbero essere venduti con il supporto di J.P. Morgan. Ricostruiamo le cose. Il 22 novembre 2015 nel quadro di una...

Se quello che leggiamo è vero i crediti in sofferenza della vecchia Banca Etruria, e delle altre tre banche “risolte”, dovrebbero essere venduti con il supporto di J.P. Morgan.

Ricostruiamo le cose. Il 22 novembre 2015 nel quadro di una procedura sui generis qualcuno, e non è per niente chiaro chi fosse questo qualcuno, decise di valutare, o per meglio dire di svalutare i crediti in sofferenza di Banca Etruria e compagnia in maniera molto, molto significativa sino a determinare, a giudizio di alcuni, l’insolvenza e, quindi, il dissesto della banca con il relativo conto pagato in prima battuta dagli azionisti e dagli obbligazionisti subordinati.

(S)valutazione dei crediti ormai liberamente definibile irragionevolmente bassa, per utilizzare una autorevole definizione, che ha contribuito - per caso? – al terremoto del sistema bancario italiano, e sulla quale resta sempre l’auspicio che venga fatta ampia luce. Dopo di ché questi crediti furono anche tolti da Banca Etruria e conferiti, cioè spostati, in una società chiamata Rev. Anche su questa scelta non c’è grande chiarezza perché è noto, ed inoppugnabile, che è ben più conveniente cercare di lavorare, cioè di incassare, i crediti in sofferenza anziché cederli tout court a saldo e stralcio. Attività che ben avrebbe potuto, e dovuto, fare la vecchia Banca Etruria che non è evaporata, ma che esiste ed è in liquidazione coatta. Come, per esempio, viene fatto nelle società in concordato preventivo sotto il controllo dei tribunali.

Rev che sembra poi aver subìto alcune vicissitudini, quali le dimissioni dei primi amministratori con polemiche e le incertezze sulla scelta dei consulenti. L’esatto contrario di quello che sarebbe servito in una situazione così delicata. Leggiamo in questi giorni che Rev avrebbe deciso di utilizzare J.P.Morgan per farsi assistere nella vendita dei crediti in sofferenza. E non si sa neppure se questa vendita verrà assistita da una garanzia pubblica, ed in che misura.

Ma chi è J.P. Morgan? E’ una delle più importanti banche di affari del mondo che sta avendo un ruolo molto importante nella vicenda dei crediti in sofferenza delle banche italiane, e più precisamente nel riassetto, chiamiamolo così, del sistema bancario italiano. O nel suo esproprio, se si preferisce. Per esempio l’abortito aumento di capitale di Monte dei Paschi, scandalosamente associato in documenti ufficiali con l’anche esso abortito referendum costituzionale dello scorso dicembre, prevedeva la cessione di decine di miliardi di crediti in sofferenza e vedeva l’assistenza di J.P. Morgan.

Intorno a questa vicenda è stato scritto che J.P. Morgan avrebbe preteso, ed ottenuto, dal Governo dell’epoca la sostituzione dell’allora amministratore delegato di Monte dei Paschi. Inoltre J.P. Morgan si starebbe interessando anche alla posizione delle banche venete in difficoltà. Insomma, anche senza voler andar oltre con gli esempi, di sicuro una presenza complessa. Ma torniamo ai crediti in sofferenza da vendere e divertiamoci, per così dire, a tratteggiare qualche scenario.

Scommettiamo che per una ragione o per un’altra, “casualmente” si creerà tra poco un’urgenza che costringerà Rev a cedere al miglior offerente i crediti? E che quindi si tratterà di un’altra cessione fatta, anche questa, con valutazioni modestissime? Cioè bel lontana - per difetto - dalle percentuali di realizzo abitualmente stimate dalla stessa Banca d’Italia. Il che vorrebbe dire, tanto per essere chiari, che la differenza la incasserà qualcun altro. Quanto, per esempio?

Basterebbe un 10% in più, quindi niente di eccezionale in queste partite, per guadagnare grosso modo un miliardo di euro, 2.000 miliardi di lire. Questi sono i giochi attualmente in corso sulla nostra pelle. Poi è interessante notare che, secondo alcune stime, il costo della più che maldestra ed arzigogolata “risoluzione” di Banca Etruria, e delle sue consorelle, sarebbe costato oltre 5 miliardi di euro.

E con risultati che sembrano essere, purtroppo, abbastanza modesti visto che le banche sono state vendute ad un euro, nonostante la dote di un aumento di capitale da parte del Fondo di risoluzione. Nel frattempo le banche italiane in difficoltà, pensiamo a Monte dei Paschi ed alle grandi banche venete, sono nelle mani della Banca centrale europea e della Commissione europea che in qualunque momento, e lo abbiamo già sperimentato, possono richiedere delle condizioni capestro ad hoc che le metterebbero a tappeto. E la danza riprenderebbe a suon di miliardi di euro che, con un arzigogolo o con un altro, usciranno dalle tasche dei risparmiatori per entrare in quelle di qualcun altro.

Naturalmente nella consueta, ed ormai pacificamente accertata, inettitudine di Lorsignori, in questo caso probabilmente anche spaventati dalle dimensioni e dalla rudezza del gioco. E poi qualcuno si chiede ancora come mai accadono certe cose? Beata ingenuità.

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