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Commissione parlamentare d’inchiesta anche su Banca Etruria? Magari!

Se è vera la notizia che il Parlamento metterà in piedi una commissione di inchiesta sul sistema bancario potremmo essere dinanzi ad un passo avanti anche sulla strada dell’integrale rimborso dei nostri risparmiatori espropriati. Ed anche sul fare...

Se è vera la notizia che il Parlamento metterà in piedi una commissione di inchiesta sul sistema bancario potremmo essere dinanzi ad un passo avanti anche sulla strada dell’integrale rimborso dei nostri risparmiatori espropriati. Ed anche sul fare luce sull’esproprio della banca subìto dagli azionisti.

Sarebbe infatti curioso vedere come lo Stato, se mai sarà in grado far chiarezza senza lasciare l’incombenza ai tribunali sul pasticcio, per non voler pensare ad altro, che ha travolto Banca Etruria potrà esimersi dal rimborsare integralmente tutti del maltolto e, tanto che ci siamo, restituire agli azionisti la banca confiscata con tante scuse. Oddio, la strada è a dir poco molto lunga, nel senso che potremmo essere dinanzi al solito bum fatto con la bocca tanto per depistare i più boccaloni o ad una analisi post mortem ad uso delle guerre interne alla politica politicante.

Poi sarebbe da vedere quali effettivi poteri verrebbero dati a questa commissione di inchiesta, se mai dovesse nascere, e, se non soprattutto, chi ne sarebbero i componenti. E’ evidente che se fosse affidati a quattro miracolati di partito che non sanno neppure di cosa parlano i risultati sarebbero miserandi. Poi ci sarebbe, tanto per parlarsi chiari, anche da vincere la tentazione delle varie bande di Lorsignori di trasformarla in un luogo di ricatti incrociati e di piccole vendette private pre-elettorali. Il rischio maggiore è infatti quello che si trasformi in una confusionaria fonte di inutili pettegolezzi.

Meno male che la legge, prevedendo il reato di diffamazione con le responsabilità pecuniarie che lo accompagnano, dovrebbe scongiurare la tentazione di far uscire con il contagocce i nomi delle aziende o delle persone che non hanno restituito il finanziamento additandoli maliziosamente, e piaccia o non piaccia almeno per ora immotivatamente, quali cause del dissesto. Non sarà mai sufficientemente ribadito quanto tale comportamento serva soltanto, oltre che a far vendere qualche copia in più di giornali, a depistare dalle cose importanti. Ma soprattutto, creando una voluta confusione, non aiuta né le indagini, essendo fatti noti agli inquirenti, né il recupero del maltolto da parte dei risparmiatori.

Quindi, sperando che questa sequela di ostacoli, e tutti gli altri che senz’altro emergerebbero strada facendo, vengano superati, restano i veri compiti che una commissione parlamentare di inchiesta degna di questo nome dovrebbe avere. E che nel caso nostro sono, per esempio, rispondere a poche, semplici, domande che, peraltro, sono sempre le stesse che ripetiamo da oltre un anno. Proviamo ad indicarne qualcuna, tanto per iniziare.

La prima: come mai soltanto per Banca Etruria, e le sue tre compagne di sventura, è stato seguito un percorso innovativo che ha portato allo scippo dei risparmi investiti incolpevolmente nelle azioni e nelle obbligazioni subordinate con una palese lesione dell’articolo 47 della Costituzione e, cosa ancora più allarmante, alla confisca della banca, con un’altra palese lesione dei diritti costituzionalmente garantiti?

La seconda: chi ha fatto i calcoli, e sulla base di quali parametri e valutazioni, che hanno portato a considerare Banca Etruria in dissesto, o in insolvenza che dir si voglia, visto che le notizie di stampa parlano di singolari valutazioni dei crediti in sofferenza con criteri mai più utilizzati in altri casi (banche di credito cooperativo, Monte dei Paschi) e, quindi, con la lesione anche del principio costituzionale di parità di trattamento?

La terza: è vero che immediatamente dopo il patatrac di Banca Etruria, e grazie anche alle sue particolari valutazioni dei crediti in sofferenza, tutti i crediti in sofferenza del sistema bancario italiano sono improvvisamente diventati quasi carta straccia, con gravi ripercussioni sui valori Borsa e sugli assetti proprietari delle singole banche quotate, per la gioia della grande speculazione finanziaria internazionale?

La quarta: Perché i crediti in sofferenza delle quattro banche, pari ad oltre otto miliardi e mezzo di euro (16.000 miliardi di lire), sono stati tolti dalle vecchie banche in liquidazione coatta e sono state conferite in una società terza?

La quinta: quali sono stati i ruoli effettivi di Banca d’Italia, Consob, Governo, Commissione europea e Banca Centrale Europea nell’operazione di “risoluzione” delle quattro banche? Dando una risposta a queste semplici domande verrebbe fatto un bel passo in avanti nella ricerca della verità.

Quindi se, sottolineando se, questa mitologica commissione parlamentare prenderà veramente vita potrebbe essere una vera occasione per fare chiarezza su un evento senza precedenti che ha compromesso la fiducia degli italiani nel sistema bancario e che ha leso i principi costituzionali della tutela del risparmio e della proprietà privata delle famiglie, checché ne possa pensare qualche azzeccagarbugli a Roma, a Francoforte o a Bruxelles.

D’altra parte l’Italia, calandoci nella dura realtà delle cose, è diventata una colonia di quel baraccone di carta pesta che è l’attuale Unione europea, cioè del prestanome politico della Germania, non a caso.

Ma per colpa di governi senza spina dorsale che non hanno saputo tutelare gli interessi nazionali come avrebbero dovuto. Ed anche di questo una commissione parlamentare degna di questo nome dovrebbe occuparsi.

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