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Economia

Coronavirus, fatturati in caduta libera. Il triste primato aretino: crollo del 27 per cento

E' questa la panoramica tracciata dall’Osservatorio sui Bilanci delle Srs 2018 e stime 2020 del Consiglio e della Fondazione Nazionali dei Commercialisti che, in una accurata analisi, ha misurato l’impatto dell’emergenza Covid-19

Fatturato in caduta libera. Le aziende italiane, martoriate dall'emergenza Coronavirus, nel primo semestre del 2020 hanno perso oltre 280 miliardi di euro e il fatturato è crollato del -19,7 per cento. Un dato che per Arezzo si fa ancora più drammatico, perché qui, nella città dell'oro e della moda, la debaclé scende ben oltre la media e arriva a toccare -27,2 per cento. E' questa la triste panoramica dipinta dall’Osservatorio sui Bilanci delle Srs 2018 e stime 2020 del Consiglio e della Fondazione Nazionali dei Commercialisti che, in una accurata analisi, ha misurato l’impatto dell’emergenza Covid-19 ed il relativo lockdown sul fatturato delle società di capitali nei primi sei mesi dell’anno. Lo studio ha preso in considerazione circa 830 mila società che fatturano complessivamente circa 2.700 miliardi di euro, l’89 per cento di tutte le imprese e l’85 per cento circa di tutti gli operatori economici. L’Osservatorio sui bilanci dei commercialisti elabora i dati presenti nella banca dati Aida di Bureau van Dijk.

I dati delle città toscane e del resto delle province italiane

E' un triste primato quello aretino. Arezzo, infatti, si presenta come la provincia in maggior sofferenza con un calo, come detto, del 27,2 per cento, pari a oltre 2milioni e 130mila euro. La seguono Massa Carrara (-22,8%), Lucca (-21%), Pistoia (-22,5%), Firenze (-22,7%), Livorno (-19%), Pisa (-24,2%), Siena (-17,8%), Grosseto (-20,3%) e Prato (-25,3%). Quasi tutte le province riportano con performance di fatturazione peggiori della media nazionale. 

Non solo. Arezzo, addirittura, si piazza seconda tra le province italiane che hanno accusato maggiormente gli effetti della pandemia, dopo Potenza (-29,1%) e prima di  Fermo (-26,3%), Chieti (-25,8%) e Prato (-25,3%) con performance peggiori del dato nazionale, mentre resistono meglio Siracusa (-13,7%), Cagliari (-13,8%), Roma (-16,1%), Genova (-16,5%) e Trieste (16,7%).

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L'analisi dei commercialisti

A livello di macroarea la maggior sofferenza si avverte nel Nord-Est (-21,3%), mentre  le isole (-17,6%) fanno registrare la minor perdita in termini di variazione percentuale.  Nel dettaglio emerge come nel solo mese di aprile, unico mese ad essere sottoposto interamente agli effetti della fase 1 del lockdown, la perdita di fatturato calcolata sulla base delle simulazioni descritte è pari a 93 miliardi di euro (-39,1%).

Le differenze territoriali riflettono la diversa struttura produttiva territoriale - spiega l'Osservatorio in una nota in cui commenta i dati -, soprattutto la differente composizione del peso del fatturato proveniente dalle attività industriali e del commercio che esprimono il peso maggiore in termini di fatturato delle società di capitali italiane e che risultano essere anche le attività più interessate dal lockdown. In particolare, il fatturato delle società di capitali dell’industria e di quelle del commercio, complessivamente prese, pesa per il 69% sul fatturato totale. Inoltre, nel corso della fase 1 del lockdown, il fatturato delle società appartenenti ai settori chiusi per decreto è stato pari a 41,2% per l’industria e 43,9% per il commercio, con molti sottosettori con valori anche pari al 100% (ad esempio l’intero comparto automobilistico).  

“Quella che emerge dalle nostre simulazioni sulla perdita di fatturato delle società di capitali italiane nel primo semestre dell’anno – commenta il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Massimo Miani -  è una cifra impressionante che non può non destare enorme preoccupazione per il destino delle imprese italiane. Adesso – aggiunge Miani - è urgente intervenire per spingere la ripresa, sia con interventi di alleggerimento della pressione finanziaria sulle imprese, a partire dal versante fiscale, sia con interventi che rafforzino il clima di sicurezza generale e quello più specifico nei settori produttivi. Non ci sembra appropriato l’eventuale intervento sull’Iva, oneroso per il bilancio pubblico ma molto poco stimolante per la ripresa di consumi e investimenti, mentre molto importanti appaiono gli interventi di stimolazione produttiva come l’ecobonus al 110%, a patto però che vengano lanciati velocemente in un quadro regolatorio il più chiaro e trasparente possibile”.

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