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Arezzo Fiere. Boldi rompe il silenzio: "Contro di me solo fango, tutti sapevano della trattativa"

Il presidente di AFC attraverso una lunga, lunghissima, nota diffusa alla stampa precisa la sua verità e la sua posizione in merito alla catena di eventi che si è innescata sul finire dell'anno.

"Contro di me è stato sparso fango. Tutti erano a conoscenza della trattativa per la cessione dei marchi di OroArezzo e GoldItaly ma di fatto nessuno lo ha ammesso".

Dopo le tante polemiche, e altrettante prese di posizione da parte del mondo dell'economia, ecco che anche il presidente dell'Arezzo Fiere e Congressi prende parola.
Andrea Boldi rompe ufficialmente il silenzio e attraverso una lunga, lunghissima, nota diffusa alla stampa precisa la sua verità e la sua posizione in merito alla catena di eventi che si è innescata sul finire dell'anno.

Da prima le dimissioni dei tre membri del cdA, subito dopo gli interventi del mondo politico e poi, da ultimo, il botta e risposta dovuto al repentina convocazione del consiglio di amministrazione dove i membri (due anziché sei) avrebbero dovuto prendere visione di una proposta "irrevocabile di esercizio immediato dell’opzione di trasferimento delle manifestazioni orafe da parte di Italian Exibition Group SpA".

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Insomma una situazione difficile ed estremamente complicata che di fatto ha avuto come unica conseguenza quella di infiammare il dibattito politico locale oltre che chiamare sull'attenti il comporto orafo.
Così dopo giorno di interventi ecco che a prendere parola è proprio il presidente di AFC Andrea Boldi.

In merito, giova premettere che sono stato chiamato dalla camera di Commercio di Arezzo a ricoprire il ruolo di presidente, in rappresentanza della mia associazione, Confartigianato Arezzo.

Nel febbraio 2014 l'ente versava in una crisi che pareva irreversibile: debiti per milioni, numerose ingiunzioni di pagamento all'attivo, cause pendenti per altre decine di milioni di euro e fornitori pagati, quando fortunati, con mesi o anni di ritardo.
Mi fu chiesto di intervenire per cercare di salvare la società da un probabile default.

In qualità di socio e come professionista del settore ne fui grato, sentendomi subito parte di un progetto che non ritenevo esaurirsi in un mero calcolo contabile, ma che appariva ed è di più ampio respiro, potendovi derivare vantaggi per la città, per la categoria e per il benessere di tutti i soggetti coinvolti, immediatamente o mediatamente.

In questi anni, con molto impegno, con fatica e sacrificio personale, che non nego, ma verso cui non provo alcun rimorso, ho messo in atto con i miei collaboratori una strategia volta a conseguire il predetto obiettivo di salvezza per l'ente Arezzo Fiere e Congressi.

Ho sempre ritenuto che la chiave dell'ottimizzazione debba individuarsi nell'ottica prospicente del futuro globalizzato che interessa il settore orafo, ormai slegato da vetuste concezioni separatiste e proiettato verso strategie di integrazione di filiera.

Su tale tessuto è sorta l'idea dell'accordo con Matteo Marzotto e Fiera di Vicenza; accordo che poggia su un duplice ordine di interessi.

Un primo motivo di favore verso lo scambio di consensi richiamato è di ordine nazionale. L’integrazione è nata, infatti, per volontà del Ministero dello Sviluppo Economico e dei rappresentanti della categoria degli orafi, allo scopo di garantire una promozione nazionale unitaria del settore, volta all'efficientamento di un settore chiave dell'economia italiana, che conta circa dieci miliardi di export.

L'altrettanto rilevante obiettivo, di carattere locale, volge all’implementazione della concorrenza e della competizione con i principali operatori mondiali, nettamente superiori dal punto di vista economico e dunque capaci di annientare una piccola realtà espositiva come quella aretina, basata invero sul commercio cosiddetto piccolo.

Deve essere considerato, in proposito, che si è già avuto modo di percepire i vantaggi derivabili dall'accordo richiamato: si pensi alla soppressione operata dalla città di Vicenza della edizione di Vicenzaoro di maggio che ha consentito il raddoppio del bacino di utenza di Oroarezzo e il conseguente aumento dei ricavi.
Ma i vantaggi derivabili dal contratto con Ieg non si esaurirebbero nelle descritte utilità a lungo termine, anzi, ulteriore vantaggio si attesterebbe sul “qui e ora” e, in considerazione degli interessi più stretti della AFC, permetterebbe di risanarne interamente i debiti.

Grazie all'oggetto negoziale, siccome concordato tra le parti, infatti, l'accordo consentirebbe di salvare in via definitiva la società, i soci e rimettere il dovuto ai creditori.
Ed è per questa ragione che il contratto, quando fu condiviso e discusso durante mesi di trattative serrate ed incontri con direttivi orafi, enti e categorie, nonché coi soci di AFC, è stato infine votato alla maggioranza, trovando il favore di tutti gli organi competenti.

Correva l'anno 2017 quando fu approvato in assemblea dei soci. L’accordo ha, sin qui, dato respiro alla fiera, garantendo sviluppo ed opportunità, come tutti hanno potuto vedere nel corso di questi ultimi anni, riscoprendo l'ente quale fulcro della pedana di slancio aretina verso l'economia che conta.

Venendo ora alla proposta formulata da Ieg e giunta in questi giorni alla società, occorre constatare l’evidenza della volontà di investire e fare crescere Oroarezzo.
Il sindaco ed i suoi rappresentanti erano perfettamente al corrente della volontà di Ieg di accellerare il processo di accordo
, tanto che già nel settembre del 2018 aveva approntato e firmato una lettera di diffida a proseguire le trattative, lettera congiunta con CCIAA e Provincia datata 18/09/2018 e protocollata dalla Provincia al n 21000/07.01.00.05.
Ma tale lettera non è stata mai inviata ad Arezzo Fiere e ne sono venuto a conoscenza solo per caso pochi giorni fa.
Il sindaco, inoltre, ha affermato che la proposta penalizza di un milione Arezzo Fiere. La circostanza non risponde al vero, atteso che l’accordo è assolutamente identico a quello votato; anzi, a ben vedere, quello a monte era subordinato a variabili di mercato (andamento fiere e settore) che esponevano Arezzo Fiere al rischio che fra tre anni non ci fosse la volontà di concluderlo o si preferissero altre piazze in Italia o all’estero per sviluppare un prodotto fieristico.

L’accordo temporaneo subordinava la prosecuzione di Gold/Italy a performance economiche di difficile ottenimento con questo andamento di mercato e tale circostanza è venuta ora, con la proposta irrevocabile sopraggiunta, meno.
Il primo cittadino ha dichiarato, ancora, che l’opzione ammontava ad euro 4.094.000. Ancora una volta il dato fornito non è reale. Quella cui fa riferimento era l’ipotesi comprensiva del marchio. L’opzione in questione è senza marchio ed era pari a 3.490.000 euro. Anche l’affitto, che dalle dichiarazioni rilasciate sarebbe stato pari ad euro 1.144.000 per due anni, non è dato veritiero.

L’affitto era pari ad euro 1.065.000 per i successivi due anni, per OroArezzo e di euro 80.000 per Gold/Italy, ma subordinati ai risultati e destinati, peraltro, a scendere fino a 900.000 euro per OroArezzo, a zero, invece, per Gold/italy in caso di soppressione.
I numeri del vecchio contratto e dell’opzione quindi si equivalgono, con l'aggiunta che adesso divengono certi ed attuali, sicché immediatamente bancabili. La dichiarazione per cui il marchio OroArezzo sarebbe “venduto per 1 Euro” rievoca una lieta canzone dei bambini, ma la fiera dell'est non si fa ad Arezzo: nessuna svendita.

Quel che si prevede è che, nell’ipotesi in cui la Camera di commercio dovesse conferire il marchio ad Arezzo Fiere, quest’ultima non dovrebbe imporre un secondo pagamento a Ieg (che lo avrebbe già pagato!), anzi dovendo traslarlo ad un prezzo simbolico. E’ evidente che le trattative per la cessione saranno fra Camera di Commercio e Ieg entro il 2027 anno di scadenza della licenza ad AFC. Infine, per quel che meno conta in tutta questa vicenda, che mi vede oggi e mi ha sempre visto accorato verso gli interessi della mia città, della mia categoria di appartenenza, quella degli orafi, e della società di cui sono socio, mi preme spendere alcune considerazioni a difesa della mia onorabilità e della genuinità dell'operato da me sin qui volto, ritenendole doverose in viso all'ondata di fango che mi ha investito nei gioni appena trascorsi.

Senza voler accusare nessuno, e allontanando dalla mia persona sospetti di carattere politico, che non mi competono e che non mi contraddistinguono come persona, devo però rilevare che risulta almeno singolare la tempestività della comunicazione delle dimissioni degli amministratori uscenti: esse giungono un attimo dopo aver dato notizia dell'arrivo della proposta ai consiglieri di amministrazione; giungono in tutta fretta, di domenica e riportano motivazioni opinabili, mai anticipate da atti corrispondenti a quanto riportano.

Si lamenta, infatti, una scarsa compatibilità di costoro col mio modo di gestire l'attività societaria. Mai, tuttavia, mi si è contestato o chiesto alcunché, in tal senso, durante questi lunghi anni; mai un accenno di polemica o protesta o di disaccordo esplicito verso la mia guida. Eppure, gli strumenti che la legge pone in mano, allo scopo, agli amministratori sono numerosi, perciò mi chiedo, e ritengo legittimamente, come mai queste dimissioni dell'ultimo minuto? Come mai la fretta di liquidarle in una domenica pomeriggio, senza alcun avviso e senza alcun tentativo di conciliazione in assemblea, volto a ripianare le divergenze? Come mai nessun campanello d'allarme in precedenza? Questo contratto sembra assumere le forme di una causa più che una mera occasione cronologica delle dimissioni presentate dai tre amministratori.

Contrariamente a quello che è stato dichiarato sui giornali, tutti i soggetti coinvolti sapevano della trattativa; tutti i soci erano informati delle strategie d'azienda e il progetto contrattuale con Ieg era stato votato con delibera assemleare favorevole nel 2017.

Le mie parole trovano riscontro in atti e documenti certi, non anche, invece, quanto gli amministratori riportano nelle loro dimissioni, poiché mai, come già detto e come potevano, hanno contestato il mio modo di lavorare sino a che le hanno presentate.

Non resta che attendere gli sviluppi della vicenda, consapevoli degli obblighi che la legge rimette in capo agli amministratori, ancorché dimissionari, e ai soci, imponendo loro una nomina svelta di  sostituti, al fine di consentire la prosecuzione dell'attività societaria.

Questo è l'interesse preminente e non resta che auspicare, fuori da scongiurande considerazioni di responsabilità, che i rappresentanti della comunità aretina, per primi, vogliano dar seguito a ciò in cui si sono impegnati, in modo da permettere alla città di Arezzo di recuperare la posizione di prestigio che le spetta nel panorama economico non soltanto nazionale.

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