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Boldi: "No, Non mi dimetto". E sull'accordo riguardante le fiere dell'oro attacca: "Gli industriali piegati alla politica"

All'indomani del comunicato diffuso da Confindustria Toscana Sud il numero uno dell'ente di via Spallanzani si è deciso a rompere gli indugi e raccontare la propria versione dei fatti.

Niente dimissioni e poi un confronto diretto con il sindaco per fare chiarezza sulle vicende che hanno riguardato l'Arezzo Fiere e Congressi.
Il presidente Andrea Boldi torna di nuovo alla carica con l'intenzione di "far capire alle 300 aziende orafe che vogliono l'accordo con Ieg e ai cittadini di Arezzo, quali sono i fatti e quali no".

All'indomani del comunicato diffuso da Confindustria Toscana Sud dove vengono riportate dichiarazioni della presidente provinciale Giordana Giordini e Ivana Ciabatti, il numero uno dell'ente di via Spallanzani si è deciso a rompere gli indugi e raccontare la propria versione dei fatti convocando una conferenza stampa.

"Per quello che riguarda l'atteggiamento degli industriali - ha dichiarato durante la conferenza stampa Boldi - hanno organizzato prima dell'ultimo confronto con il settore orafo un vertice riservato al quale hanno preso parte alcuni operatori e Giordana Giordini. In questo contesto sono state gettate le basi che hanno poi condizionato l'esito della riunione sccessiva. Sono deluso che abbiano scelto di sacrificare gli interessi di 1.300 aziende per porgere il fianco alle necessità della politica".

Posizioni ribadite anche attraverso una nota stampa che il presidente Boldi ha diffuso in seguito alla conferenza stampa convocata nel pomeriggio. 

"Unità della città, questo è stato il motivo del mio silenzio fino ad adesso per stemperare gli animi e creare un clima idoneo per un’ analisi ponderata e condivisa da parte degli attori del territorio sul contenuto della proposta di Ieg

Avevo chiesto unità degli attori, e per breve tempo l’ho ottenuta, per fare quadrato intorno al futuro del centro affari, entrando nel merito dell’analisi di un accordo già approvato nel 2017, che porta il primo organizzatore di fiere in Italia a scegliere il mercato geografico di Arezzo in maniera definitiva come piattaforma di sviluppo e crescita con un investimento in termini non solo economici ma di competenze e rapporti internazionali tali da costruire una prospettiva di crescita per il settore orafo che da solo vale l’80% dell’economia di Arezzo.

Per ciò, ho soprasseduto sui commenti a mezzo stampa in tutti questi giorni. Fino ad oggi.

Ieri con la trasmissione “Caffè bollente”, la trasmissione più importante e più seguita di Arezzo, si è voluto, da parte di altri interrompere questo percorso volto all’unità e mi vedo costretto pertanto a commentare l’accaduto per onore del vero.

Chi ha voluto questa accelerazione nel rompere lo spirito di unità è stato purtroppo un ristrettissimo gruppo di aziende orafe, che, ancor oggi, alle soglie del 2020, ha la pretesa di determinare e governare l’intero settore senza in alcun modo condividere e ricercare la unione con le altre 1200 aziende della città.

L’altro ieri infatti la presidente Giordana Giordini di Confindustria Federorafi Arezzo, in autonomia ha indetto una riunione con le principali aziende orafe industriali, invitando me ed il sindaco Ghinelli, per illustrare le diverse opinioni e chiarire le posizioni delle due parti. Ho ritenuto fosse la giusta occasione per poter confrontare i due differenti punti di vista in una riunione all’interno di un consesso comunque non pubblico ma associativo, questo avrebbe dato la possibilità agli associati, orafi, di capire le posizioni di farsi una opinione precisa, e magari alle parti di trovare nel confronto una posizione di mediazione.

Con mio sommo stupore invece la presidente Giordini ha dichiarato l’impossibilità che ci fosse il confronto in contemporanea fra me ed il sindaco, anzi ha manifestato la propria contrarietà obbligando la riunione a due momenti separati in cui le opinioni sono rimaste opposte, antitetiche ed inconciliabili.

E’ stato così palese che tale riunione nata, almeno a parole, per chiarire agli orafi la situazione abbia raggiunto l’effetto opposto, di creare solo confusione, per volontà della presidente Giordini e delle modalità che ella ha imposto. Ad aggravare la cosa il fatto che le risultanze di tale riunione sono state volutamente rappresentate in maniera difforme sia nel comunicato stampa poi redatto dalla signora Giordini stessa, sia nella trasmissione di “Caffè bollente” di ieri.

La verità è che pochissimi degli imprenditori che il giorno dopo erano alla riunione, solo una cordata anzi a ben vedere una mezza cordata, precedentemente si erano riuniti privatamente assieme ad alcuni “non orafi” tra i quali alcuni con incarichi pubblici il cui ruolo imporrebbe di stare al di sopra delle parti.

In tale riunione privata in luogo privato è stata concordata, voluta ed imposta la successiva riunione stabilendone le modalità di svolgimento, allargandola ad altre più numerose aziende, riunione dall’esito così inadeguato, e dallo svolgimento così bizzarro di cui sopra.

Ciò mi costringe oggi a venir meno al mio proposito di silenzio, chiedendo scusa ai tanti che hanno rispettato tale intento. Lo faccio malvolentieri e costretto da tale azione di attacco, al solo fine di far emergere la verità dei fatti e rispettare le tante aziende presenti ignare del retroscena e che da tale confronto si attendevano chiarezza. Credo che sarebbe a questo punto davvero necessaria in rispetto di tutti i 1200 imprenditori orafi, dei 10.000 addetti ma anche e più di tutta la città di Arezzo , di chiarire pacatamente in un “caffè bollente” ad hoc, fra me ed il sindaco Ghinelli le rispettive posizioni, per rispetto al diritto di informazione dei cittadini ed ancor più per renderli partecipi del futuro di una realtà così strategica per la nostra città come il palaffari.

Tornerò a tacere ed a perseguire con tenacia la creazione di quella unità di intenti, sperando che la replica di oggi possa dissuadere i medesimi soggetti o altri da azioni ulteriori. 

Per concludere: rimarrò al mio posto per fare si che gli orafi di Arezzo non vedano chiudere o ridurre ai minimi termini la fiera per colpe di altri in alcun modo addebitabili a loro".

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