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Valerian - Voto 7,5/10. La recensione al film di Luc Besson

L’imprevedibile è sempre pronta a metterci del suo. Stavo preparando un articolo su Kingsman: il Cerchio d’Oro (ottima pellicola diretta da Matthew Vaughn) quando, mentre scorrevo sul web per vedere cosa accadeva nel mondo, non volendo sono...

L’imprevedibile è sempre pronta a metterci del suo.

Stavo preparando un articolo su Kingsman: il Cerchio d’Oro (ottima pellicola diretta da Matthew Vaughn) quando, mentre scorrevo sul web per vedere cosa accadeva nel mondo, non volendo sono inciampato in una recensione di Valerian, il film di Luc Besson.

Leggo cose del tipo “Besson illustratore di un immaginario sprovvisto di astrazione” o ancora “il cinema di Besson perde la vertigine interiore del suo tuffatore metafisico...”. Insomma, roba incomprensibile che ci va giù peso. Faccio un giro e di grosse stroncature ne leggo altre e altre ancora; poi, in mezzo a tanto odio per questo film, qualche voce fuori dal coro ne riconosce anche i numerosi meriti.

Volevo parlarvi di altro ma dopo aver visto l’ultima fatica del visionario Luc Besson, è giusto che mi unisca anche io alle “voci fuori dal coro” e renda giustizia ad un film immeritatamente stroncato.

Oggi vi parlerò proprio di Valerian e la città dei mille pianeti.

Si dice che Besson non abbia mai dimenticato quel giorno del novembre 1967 quando suo padre gli portò a casa il numero 420 del giornale di fumetti Pilote. All’interno c’era la prima puntata della storia di fantascienza dal titolo Valerian contro i cattivi sogni. All’epoca il regista di Léon aveva solo 8 anni e quel momento l’ha vissuto migliaia di volte. Lo ha influenzato al punto che, già nel 1997, usò molti spunti delle 21 storie di Valérian et Laureline per il suo primo ambizioso film di fantascienza: Il Quinto Elemento.

Oggi, che è un bambinone di 58 anni, è riuscito finalmente a realizzare una trasposizione, dedicandolo proprio a suo padre, del famoso fumetto scritto da Pierre Christin e illustrato da Jean-Claude Mézières.

Il fumetto originale ha influenzato innumerevoli film di fantascienza a cominciare dallo stesso Star Wars, anche se George Lucas non ha mai ammesso che alcune ispirazioni venissero proprio da lì. Una su tutte il famoso bikini in metallo di Leia anticipato da Laureline in La terra senza stella del 1972. Ad ironizzare sulla cosa ci ha pensato Mézières celebrando in una vignetta l’incontro delle due coppie (Leia con Luke Skywalker e Valerian con Laureline) nella mitica Cantina di Mos Eisley dell’Episodio IV. “Che piacere incontrarvi qui” dice Leia. “Oh, veniamo in questo posto da secoli”, ribatte Laureline.

Ma ironia a parte, dopo questa piccola curiosità, è fuori discussione che ci fosse attesa dietro ad un progetto come quello di Valerian e la città dei mille pianeti, ritenuto il più costoso film indipendente di sempre in Europa (175 milioni di euro) e grande ritorno del fantasioso Luc Besson alla fantascienza.

La storia vede Valerian e Laureline, due agenti spaziotemporali del 2740, intervenire d’urgenza per salvare Alpha, la stazione spaziale che racchiude l’intero scibile del conosciuto. Al suo interno infatti 17 milioni di abitanti appartenenti a ottomila diverse razze aliene, vivono in armonia condividendo tecnologie e risorse per il bene comune.

In gioco però c’è molto di più: il futuro dell’universo.

Al termine dei 137 minuti di film mi resta veramente difficile capire perché sia stato stroncato con tanta faciloneria anche da testate rinomate.

Che un film possa piacere o meno non si discute, quello che trasmette è soggettivo e cambia da spettatore a spettatore, ma qui pare un vero accanimento verso un’opera che probabilmente ha il “difetto” di non essere legata a nessuna grossa major.

La sensazione è che fin troppa critica “snob” abbia dimenticato che al cinema è bello poter andare anche per divertirsi.

Valerian è proprio questo: un avventura (come molte di quelle che guardavo da ragazzino e mi facevano sognare mondi nuovi e sconosciuti) piena di intuizioni visive e narrative che ha il merito di offrirci cose che non abbiamo ancora visto.

Bellissima e commovente la scena di apertura sulle note di Space Oddity di David Bowie in cui vediamo, dapprima con lo schermo 4:3 che lentamente va allargandosi, la nascita e la crescita esponenziale di Alpha. Da stazione terrestre a punto d’incontro per i vari popoli dell’universo, mostrato con un susseguirsi di strette di mano tra umani e alieni come simbolo di pace ed unione.

La storia raccontata è piuttosto semplice - il colpo di scena finale lo si intuisce praticamente sin da subito - ma la vera forza di Valerian non sta in questo, ma nella sua genuina spontaneità priva di chissà quali pretese.

Besson decide di raccontarci una storia con l’intento di farci sognare, e ci riesce.

Una storia che è anche la storia d’amore dei due agenti, ma anche quella di un pianeta apparentemente scomparso da tempo e quella di innumerevoli razze aliene, tra chi ha la capacità di replicare centinaia di volte gli oggetti che mangia o chi riesce a riprodurre qualsiasi cellula e persino chi è capace di creare sculture acustiche.

Mondi e creature aliene per la maggior parte ricreate con un uso massiccio di CGI che potrebbe restare indigesta a chi non l’ama particolarmente. Pur non essendo un grande fan dell’abbondanza di computer grafica (a patto che questa sia ben fatta e necessaria a valorizzare il racconto più che a nasconderlo sotto un cerone di materia digitale) quella vista su Valerian non ha nulla da invidiare ai blockbuster americani, per di più con l’aggiunta di un design nei costumi e nelle armi, dettagliato e riuscito, con quel gusto un pò kitsch tipico di Besson.

Colorato, dinamico e pieno zeppo di immaginazione.

Un viaggio avventuroso non privo di difetti (alcune situazioni fin troppo dilatate, il colpo di scena facilmente intuibile, la sceneggiatura non sempre solida) ma che nel complesso restituisce lo spirito originale dei fumetti di Christin e Mézières, e che riesce a rivolgersi a tutti: appassionati di fantascienza alla ricerca di bizzarrie o famiglie con figli che preferiscono un messaggio positivo di speranza.

Un mondo sognato per 50 anni da Besson e che oggi vede finalmente realizzato, con i due protagonisti, Dane DeHaan e Cara Delevingne, che si muovono in mezzo a innumerevoli camei, idoli del regista, come Rutger Hauer, il jazzista Harbie Hancock, i registi Louis Letterier, Benoit Jacquot, Oliver Megaton, e gli attori Mathieu Kassowitz, John Goodman e Ethan Hawke.

Peccato davvero che in molti (probabilmente gli stessi che hanno osannato il disneyano e poco originale Il Risveglio della Forza, copia e incolla di Una Nuova Speranza) abbiano dimenticato come si faccia a sognare e a divertirsi.

Nella speranza che questo falso flop (ma purtroppo ad oggi flop concreto al botteghino) possa avere un seguito, sappi che siamo con te Besson: adulti ma ancora pieni di meraviglia.

Voto: 7.5/10

Valerian e la città dei mille pianeti (Valérian and the City of a Thousand Planets, Francia, 2017) Regia: Luc Besson

Sceneggiatura: Luc Besson

Cast: Dane DeHaan, Cara Delevingne, Clive Owen, Rihanna, Ethan Hawke, Herbie Hancock, Kris Wu, Rutger Hauer, Sam Spruell, John Goodman, Sam Douglas, Eric Lampaert, Emilie Livingston, Roman Blomme, Aurelien Gaya, Andrew Tisba e Alain Chabat.

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