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“Un mestiere per ciascuno”: nel cuore di Arezzo alla riscoperta del senso profondo del lavoro umano

Lavoro. Parola sacra sia per il mondo laico - che lo festeggia in maniera sempre meno profonda ma che comunque, almeno nel nostro Paese, lo ha indicato in Costituzione come “fondatore” della nostra Repubblica – e sia in ambito religioso, se si...

Lavoro. Parola sacra sia per il mondo laico - che lo festeggia in maniera sempre meno profonda ma che comunque, almeno nel nostro Paese, lo ha indicato in Costituzione come “fondatore” della nostra Repubblica – e sia in ambito religioso, se si pensa a S. Giuseppe Lavoratore che si celebra proprio il 1 maggio assieme alla grande festa laica, o anche alla giornata del Ringraziamento dell’autunno, celebrata tuttora nel mondo agricolo alla fine del lavoro dei campi, solo per fare gli esempi più semplici.

“In un momento difficile, in una sistema economico che non premia, nelle nostra città dobbiamo assolutamente provare a ritrovare il senso pieno del concetto di lavoro, il senso di profondità etica della missione che il lavoro svolge nella nostra vita, diventando il nostro motore di crescita, sia materiale che spirituale, soprattutto in una città che ha storia artistica e imprenditoriale da vendere come Arezzo”, spiega il professor Pierangelo Mazzeschi, docente di Storia dell’Arte al liceo Redi di Arezzo e collaboratore della sezione didattica del Museo dell’opera del Duomo di Firenze.

La sua riflessione profonda sul senso del lavoro nella storia e nel mondo di oggi, lo ha portato a pubblicare, attraverso la Società editrice fiorentina, il libro “Un mestiere per ciascuno. Il ciclo dei mesi nel Portale Maggiore della Pieve di S. Maria Assunta ad Arezzo”.

“La Pieve di Santa Maria Assunta - spiega lo stesso Mazzeschi - è una meraviglia romanica del XII secolo, e nasconde una miriade di capolavori artistici. Intorno al quarto decennio del Duecento, durante i lavori di arricchimento della facciata, fu addossato al portale maggiore un archivolto dove inserire un complesso scultoreo raffigurante il Ciclo dei Mesi, collegati principalmente alle attività agricole che scandivano il calendario”.

In affetti, il tema iconografico dei mesi ha origini antiche e appartiene a una consuetudine figurativa medioevale comune in tutta Europa. Il ciclo del Portale di S. Maria Assunta ad Arezzo, mantenendo la sua collocazione originale e conservando integra la sua policromia, portata a nuova luce dai recenti restauri, ne rappresenta oggi una delle massime espressioni.

Perché allora questo collegamento della riflessione sul senso pieno del lavoro, che costituisce la riflessione principale del suo ultimo lavoro letterario, acquisibile sua via web, che acquistabile nelle librerie anche aretine: “Il ciclo dei mesi rappresenta oggi una delle fondamentali testimonianze della vita dell’epoca medievale – insiste Mazzeschi - ingiustamente considerata a lungo periodo bui e senza valori, mentre non era assolutamente così. Nel ciclo, oltre alla sacralità del lavoro, legato alla ciclicità delle stagioni e alle scadenze sacre, è possibile anche cogliere quale fosse l’abbigliamento delle persone, o come si alimentassero”.

Insomma secondo Mazzeschi “il lavoro umano veniva esaltato, anche nei suo aspetti più umili ma indispensabili per il mantenimento delle persone sotto tutti i punti di vista e ogni volta che il fedele entrava in Chiesa poteva riconoscersi, anche con un pizzico d’orgoglio, in quelle immagini”.

Qual è allora la strada da intraprendere? Può venirci in aiuto, per comprendere meglio i passaggi tra arte sacra aretina, lavoro, e pienezza dello spirito, anche una citazione di un passo di Bernhard Scholz , studioso insigne, e autore della prefazione al libro di Mazzeschi: “Abbiamo tutti - spiega Scholz - la possibilità quasi impellente di riscoprire e di vivere il lavoro come espressione profonda e duratura di un desiderio inscritto nella nostra vita: il desiderio di una vita più piena, più bella, con servizi più funzionali, rendendo la realtà più accogliente e più ospitale per tutti. Un desiderio che ci spinge a mettere in gioco i nostri talenti e che si esprime anche come impegno nel trasformare le condizioni della vita e del lavoro con una pazienza attiva capace di compiere anche dei sacrifici”.

Nel libro si spiega anche che “con la parola lavoro l’antichità classica... indicava la poena, il dolore di chi “vacilla sotto il peso” della fatica alla quale i molti sono destinati, c’è un momento in cui nel tempo delle cose umane irrompe un avvenimento - il più sacro che si sia realizzato nelle Storia - che strappa la fatica a quella apparente inutilità che la rende troppo spesso insopportabile... Attraverso il lavoro si realizza lo scopo che si chiarisce ancor più dentro l’azione che si compie, si impara a conoscere la parte più vera di sé che si esprime nell’opera di ogni giorno”.

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