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Rassegna Cibo e Arte, appuntamento con la mostra Madre Terra

Terzo appuntamento per la rassegna Cibo e Arte organizzata dalla Condotta Slow Food Arezzo e Val Tiberina all’interno delle Sale museali della Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo. Mostra che si apre il 1 dicembre, ma che vedrà nel pomeriggio di...

Terzo appuntamento per la rassegna Cibo e Arte organizzata dalla Condotta Slow Food Arezzo e Val Tiberina all’interno delle Sale museali della Casa Museo Ivan Bruschi di Arezzo. Mostra che si apre il 1 dicembre, ma che vedrà nel pomeriggio di mercoledì 14, un laboratorio organizzato per i più piccoli, presso la Foresteria del museo. A seguire la consueta degustazione guidata con i prodotti territoriali.

Ma vediamo di cosa si tratta la mostra. Con Madre Terra titolo della mostra che richiama l’omonima opera, Adriano Maraldi sembra raccogliere metaforicamente il percorso di un’intera carriera artistica. Sono infatti ben 29 le opere esposte che completano parte del catalogo antologico per gli anni 1970 – 2015 dal titolo Io sono … come nella vita! Un percorso pittorico e significativo delle più importanti tematiche, portate avanti e riassunte attraverso gli ultimi quadri del 2015.

Sempre in discussione con sé stesso e con il mondo che lo circonda, parlare di Maraldi significa parlare di profondità esistenziale, sperimentatore e indagatore dell'animo umano si colloca in quel contenitore di artisti degli anni 70', dove la tendenza di quel periodo si manifestava come passaggio dell'operazione estetica, dall'area della produzione di oggetti (siano pure i contro-oggetti Pop) all'area dello spettacolo, inteso come scena della realtà quotidiana del mondo. La volontà della maggior parte degli artisti, era quindi di coinvolgere direttamente il pubblico occasionale, in situazioni enigmatiche e sconcertanti, in cui lo stesso artista era spettatore-attore, pensiamo a Michelangelo Pistoletto con l'opera I visitatori, dove nei due specchi riflettenti vi sono le immagini di due sconosciuti. Maraldi è figlio di quel tempo, attingendo da quel contenitore, mostra di aver assimilato la lezione dei grandi caposcuola, ne sono un esempio il gruppo di opere intitolate: Classico moderno (1973) e Morte d'artista, tra le più importanti degli anni 1976-77. Negli anni Ottanta sperimenta la video – art, in occasione dei suoi collegamenti con l’ambito francese, ne studia i viraggi che assume il colore per poi riprodurli sulla tela in forma di passaggi a tocchi di pennellate. Gli oggetti sottoposti sono di uso comune ma che riguardano spesso il mare, come l’ombrellone, i giocattoli, la sdraio o la palla, oggetti che fluttuano sulle onde, scarnificati del loro senso comune, adesso sono ripresi ed elaborati attraverso immagini consequenziali libere. Ed è proprio con questi oggetti che Maraldi nel reclutarli, gli attribuisce una funzione ben precisa nell’ambito della sua auto - dialettica che sottopone progressivamente al pubblico. Quesiti che riguardano in primis l’ecologia e lo sfruttamento intensivo di alcuni beni comuni e di cui ne rimane coinvolta una società di massa, sempre più cieca nei riguardi dell’ecosistema. L’opera La Madre Terra ne diventa così il simbolo, racchiudendo, nel gesto della fuoriuscita dall’acqua, l’ultimo disperato grido di allarme, prima di affondare nell’oscurità del mare. Correlate, sono le opere La moltiplicazione dei pesci (2015) e Se salviamo la balena salviamo anche Pinocchio (2005). Quest’ultima, tratta dall’altro tema esposto in questa mostra e che riguarda Pinocchio, il burattino che per antonomasia, rappresenta per l’artista la grande favola della vita. Che, se ai più piccoli è nata per indicare l’innocenza; la grande bugia del Novecento, rivolta all’artista e a tutti coloro che ne fanno parte, rischia di essere nociva se non corrono ai ripari. Chiude il corpus di opere, l’acrilico su tela dal titolo Arrivano dal mare (2015), nel quale sono raffigurati, gruppi di persone indefinite, giunte sulla terra ferma. Ad attenderli un destino incerto, una natura oramai capovolta, un’oggetto in libertà, somigliante ad uno schienale preso imprestito da una sedia anni 60’; camminano sopra una sabbia dai colori brillanti e ricchi di cromia ma che sembra essere un deserto. Una scena che si percepisce arida, se non fosse che per il mare alle spalle, potrebbe essere un grande deserto silenzioso. Quel silenzio che forse l’artista ci esorta ad ascoltarlo, attraverso l’opportunità che ciascuno di noi dovrebbe prendersi, nel sedersi ed iniziare a riflettere.

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