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Giovedì, 18 Aprile 2024
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Man in the dark - Voto: 7,5

Sono passati tre anni da quando ad un giovane Fede Alvarez, con alle spalle solamente quattro cortometraggi, venne affidata la regia del remake di uno dei capisaldi del cinema horror degli anni ‘80 che risponde al nome di Evil Dead (La Casa, il...

Sono passati tre anni da quando ad un giovane Fede Alvarez, con alle spalle solamente quattro cortometraggi, venne affidata la regia del remake di uno dei capisaldi del cinema horror degli anni ‘80 che risponde al nome di Evil Dead (La Casa, il titolo italiano), opera che all’epoca lanciò il regista Sam Raimi.

Esordire con un remake, per di più di una pellicola così amata dal pubblico di tutto il mondo ed omaggiata da molti registi, è stato sicuramente un rischio enorme.

Rischio che però Alvarez ha saputo gestire, infatti, nonostante il malcontento di molti fan dell’originale, la pellicola ha ottenuto un discreto successo rivelandosi un buon remake e ha dato la possibilità ad Alvarez di girare il suo secondo film.

Don’t Breathe, da noi diventato Man in the Dark, nasce quindi lontano da apparenti vincoli produttivi che un prodotto già collaudato come Evil Dead poteva invece avere.

Coadiuvato come sempre dal fidato sodale Rodo Sayagues alla sceneggiatura, il regista uruguaiano ha potuto dare sfogo alla propria fantasia.

Ma di cosa parla Man in the Dark? Di un gruppo di ragazzi, Rocky (Jane Levy), Alex (Dylan Minnette) e Money (Daniel Zovatto), cresciuti in un quartiere sgangherato nella periferia di Detroit, con problemi familiari e senza il becco di un quattrino. Spinti dal desiderio di lasciare la macilenta e mortifera città, i tre si specializzano in piccoli furti all’interno delle case dei più ricchi. Due semplici regole per ridurre i rischi: niente contanti e mai superare la soglia di diecimila dollari di valore del bottino.

Il prossimo colpo lo hanno pianificato nel villino fatiscente, in una zona ormai disabitata, appartenente ad un veterano della Guerra del Golfo rimasto cieco in seguito ad una ferita.

I tre hanno avuto una soffiata: pare che l'inquilino abbia ricevuto una montagna di soldi a causa di un incidente in cui ha perso l’unica figlia.

Ben presto i tre scopriranno però che "The Blind Man", l’uomo cieco (Stephen Lang), non è così indifeso come potevano pensare.

La sua furia darà inizio ad una lenta discesa nell’orrore.

Man in the Dark inizia con una bellissima ripresa dall’alto in cui si vedono un uomo trascinare il corpo esamine di una ragazza e tutto intorno il desolante scenario di una città morta, la periferia di Detroit.

Il cinema americano (ri)scopre una location perfetta. Ancora una volta infatti, dopo quel capolavoro di It Follows, Detroit torna a fare da sfondo ad una vicenda che ha per protagonisti ragazzi disagiati e spaventati. Ragazzi che non sono ancora uomini o donne ma che le difficoltà di una vita borderline ha già fatto crescere troppo in fretta.

Come per It Follows gli adulti, i genitori, sembrano non esistere, o se ci sono, come nel caso di Rocky, fumano erba accanto a compagni poco raccomandabili e si divertono a sfottere i propri figli.

Alex sembra l’unico convinto di voler restare nella città proprio perchè ancora c’è suo padre, ma l’idea di non poter vedere mai più Rocky, decisa a partire con Money e la sorellina Diddy dopo il gran colpo al veterano, gli farà cambiare idea.

Ecco quindi che lo spettro dell’avidità emerge sin da subito. Il dubbio su quanto sia etico rubare ad un cieco viene spazzato via dal potere del vile denaro. Quel gruzzolo che il vecchio tiene in casa è sostanzioso e i tre sentono che le loro vite potranno finalmente cambiare in meglio.

Alvarez decide però di sovvertire le regole ribaltando i tòpoi dell’assedio. Se infatti generalmente in questo genere di pellicole la minaccia viene da fuori, in questo caso i sventurati ragazzi scopriranno a loro spese che la minaccia risiede proprio all’interno.

Sfruttando la fisicità di Stephen Lang, perfetto nella parte del cieco, e grazie alla fotografia satura e scura di Pedro Luque, ci troviamo così prigionieri con i protagonisti tra le mura della casa e in balia della follia inarrestabile di Lang, pronto a tutto pur di difendere ciò che gli appartine, persino segreti raccapriccianti celati dientro ad una porta sigillata.

Tanto più si scende nella spirale di orrore che nasconde la casa tanto più l’immoralità dei ragazzi lentamente non ci sembra più così fastidiosa; in quel luogo alberga un mostro capace di atrocità ben peggiori delle loro iniziali intenzioni.

Ad Alvarez però pare non bastare e così assesta un altro duro colpo con un finale decisamente beffardo.

Confeziona un film ad alto tasso di tensione sempre ben ispirata.

La macchina da presa pare seguire alla lettera il titolo originale e, come i protagonisti che trattengono il respiro per non rivelare la loro presenza, si muove disegnando piani sequenza morbidi e silenziosi, quasi ad annullare il proprio peso di oggetto fisico ed ingombrante, insinuandosi in spazzi nascosti altrimenti irraggiungibili dal nostro sguardo.

Tra piccoli omaggi al grande Hitchcock (in una sequenza all’interno dell’intercapedine della casa viene usato l’effetto vertigo, o la scelta di soffermarsi su particolari nella casa apparentemente insignificanti ma che torneranno in seguito) ed altri a Wes Craven, il film di Alvarez, se pur con qualche lungaggine di troppo nel finale, ne esce vincente.

Adesso non ci resta che attendere il nuovo film di un regista che ha dimostrato di saper gestire e rielaborare il genere con grande capacità.

Voto: 7.5/10

Man in the Dark (Don’t Breathe USA 2016, thriller, horror 90')

Regia: Fede Alvarez

Sceneggiatura: Fede Alvarez, Rodo Sayagues

Cast: Stephen Lang, Jane Levy, Dylan Minnette, Daniel Zovatto Film al cinema

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