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Cultura

Madre! Voto: 8/10

Quando si sono spente le luci in sala ed è iniziato il film, ho pensato che non aver letto niente o quasi a riguardo era stata la scelta giusta. Adesso vi starete domandando: quale furbacchione che si diverte a scrivere di cinema in una rubrica...

Quando si sono spente le luci in sala ed è iniziato il film, ho pensato che non aver letto niente o quasi a riguardo era stata la scelta giusta. Adesso vi starete domandando: quale furbacchione che si diverte a scrivere di cinema in una rubrica dedicata potrebbe mai dire una cosa simile? D'altronde sarebbe quasi come chiedervi di non leggere questo pezzo. Quando si tratta dell’ultima fatica di quel saputello di Darren Aronofsky, oltretutto spernacchiata al recente Festival di Venezia, l’equazione ha un solo risultato: fiondarsi al cinema per vedere cosa ha combinato il regista di The Wrestler. Leggere troppo in giro a riguardo prima della visione ne potrebbe compromettere l’esito.

Ma tranquilli, io mi limiterò a parlare del film senza parlare del film.

Madre!, o mother! in originale con la “m” volutamente minuscola e con un punto esclamativo, quasi la parola “madre” fosse il pezzo di una frase più lunga e urlata, è il processo creativo di una mente fervida come quella del sua autore.

Sin dal suo sorprendente esordio con π - Il teorema del delirio, Aronofsky ha saputo distinguersi e dimostrare fantasia non solo nel racconto (nel caso di π - Il teorema del delirio particolarmente intrigante) ma soprattutto nella messa in scena.

Fatta esclusione per The Wrestler (filmone con un Mickey Rourke sorprendente) che vede una struttura più classica, la cinematografia di Aronofsky sceglie infatti sempre strade poco convenzionali per raccontarti altro. Che poi alla fine, a pensarci bene, pure in The Wrestler utilizza il pretesto del lottatore alla termine della sua carriera (e forse della vita?) per metaforizzare dell’altro.

Madre! parte con una sequenza che è una dichiarazione dello stesso regista, una sorta di allarme per mettere subito in guardia lo spettatore sprovveduto: “quello che vedrai sta per svolgersi su di un piano metaforico/surreale”.

Un attimo dopo il Nostro costruisce una situazione che in meno di un minuto infonde una fastidiosa sensazione di ansia.

Una donna, Jennifer Lawrence (la madre del titolo), si sveglia sola in una camera da letto. Si alza ed inizia a cercare il marito. Gira per un enorme e vecchia casa apparentemente vuota. La donna appare sempre più spaventata e preoccupata che Lui non le risponda. Gira e gira per la casa, ma nulla. Apre la porta d’ingresso nella speranza che il marito sia fuori. Ai nostri occhi si rivela un enorme distesa di alberi ed erba che circonda la vecchia casa. Poi nel crescere della tensione, il marito le arriva alle spalle.

Lui, Javier Bardem, è un poeta in crisi, cerca di ritrovare l’ispirazione (che non arriva) per un nuovo lavoro. Lei, abile nelle opere di ristrutturazione, si occupa di sistemare la casa, precedentemente distrutta da un incendio, dove adesso abitano e dove Lui è nato.

Mentre tutto procede nella “norma” per i due innamorati, tra parole che non arrivano e pareti da stuccare, alla porta suona uno sconosciuto. È un uomo, Ed Harris, che dice di essere un medico e grande fan di Bardem. La Lawrence sembra essere preoccupata mentre Bardem è tutto emozionato per questo improvviso arrivo, tanto che lo invita pure a restare per la notte. Il giorno dopo si presenta alla porta di casa pure la moglie dell’uomo, Michelle Pfeiffer.

Bene: a questo punto non andrò oltre, difficile continuare senza rovinare la visione. Mi sono limitato a raccontare quello che si è visto nei trailer ma da qui in avanti Aronofsky costruisce una storia che è un crescendo di tensione, di situazioni al limite e di riferimenti biblici talmente scontati e banali che sarei voluto entrare dentro lo schermo e prenderli a schiaffi.

Poi però una voce dentro la testa mi ricorda che questo film, madre!, è stato spernacchiato, fischiato e insultato per i suoi ultimi 30 minuti, e così mi ricordo che Aronofsky è sempre Aronofsky e certe uscita gli si concedono.

I riferimenti biblici aumentano a perdita d’occhio fino a che mi è chiaro dove voglia arrivare il regista, il quale, da vero mattacchione, inizia la storia raccontandoci di una coppia isolata nel bel mezzo del nulla, con i meccanismi tipici del thriller e dell’horror (il trailer poi ha fatto il resto, ingannando probabilmente molti ragazzi convinti di vedersi un nuovo film Jason Blum), per poi trasformarla in un metaforone, consentitemi il termine, di proporzioni bibliche.

Niente di male se vi piacciono le metafore, ma se vi aspettate un thriller con tendenze horror resterete delusi, anche se in realtà Aronofsky utilizza proprio i codici dei due generi sopra citati per costruire la storia, e lo fa pure dannatamente bene, accumulando follia dopo follia.

Continuo a vedere il film che mi piace nonostante i riferimenti biblici scontati e ancora non sono nemmeno arrivato ai tanto chiacchierati ultimi trenta minuti.

Finalmente ci arrivo, ed ecco che il film e l’intento di Aronofsky mi si palesa davanti agli occhi. Lo avrei dovuto capire prima, forse. Per tutto il film il regista non fa altro che mettere a disagio, seguire ossessivamente con la macchina da presa Jennifer Lawrence mentre è sempre più spiazzata ed infastidita, grazie anche ad un uso degli effetti sonori strabiliante. Tutto è curato per ricreare una sensazione di ansia tangibile e quasi insopportabile.

Ma Aronofsky va oltre e così nell’ultima parte tanto attesa infila di tutto, tipo dieci film in uno, senza apparenti limiti, in un'apocalisse incontrollata che va ben oltre ogni immaginazione. Letteralmente catturato dalle immagini non riesco a credere a quello che sto vedendo. Non riesco a credere che Barden e la Lawrence abbiano avuto il coraggio di addentrarsi in una follia tale. Non riesco a credere che la 20th Century Fox, e non una minuscola casa di distribuzione vanesia e artistoide pronta a distribuire ogni bizzarria perché fa “cool”, ma bensì una di quelle che pensano solo agli incassi facili e non a complicarsi la vita con film assurdi, per una volta non abbiano puntato i piedi a terra perché loro volevano un altro film, un film “per tutti”, ma abbia lasciato completamente carta bianca al regista.

Madre! dividerà il pubblico, tra chi lo odierà e poi lo amerà, chi lo odierà ebbasta o chi lo amerà sin da subito.

Ancora non riesco a crederci, anche se ce l’ho davanti agli occhi al buio di una sala. Erano anni, forse decenni, che non vedevamo una cosa così al cinema.

P.S.: mi raccomando, per la parte dei metaforoni prestate attenzione anche ai titoli di coda.

Voto: 8/10

Madre! (Mother!, USA, 2017)

Regia: Darren Aronofsky

Sceneggiatura: Darren Aronofsky

Cast: Jennifer Lawrence, Javier Bardem, Michelle Pfeiffer, Ed Harris, Domhnall Gleeson, Jovan Adepo, Cristina Rosato, Brian Gleeson, Stephen McHattie, Kristen Wiig e Stefan Simchowitz

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