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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cultura

Il laboratorio dell'orologiaio Burzi in Fraternita. 100 anni tra ingranaggi e lancette, Rossi: "Faremo scuola ai giovani"

C’era una volta un piccolo, magico angolo dove il tempo scivolava via con una precisione "svizzera". Qui, per oltre un secolo, Giuseppe prima e Francesco poi, hanno lavorato per consentire agli aretini di arrivare sempre puntuali agli...

C’era una volta un piccolo, magico angolo dove il tempo scivolava via con una precisione "svizzera".

Qui, per oltre un secolo, Giuseppe prima e Francesco poi, hanno lavorato per consentire agli aretini di arrivare sempre puntuali agli appuntamenti.

Al civico 3 di via Cesalpino nel 1912 nacque il laboratorio di orologeria che fino ai giorni nostri ha portato il nome di una stimata famigli aretina di artigiani. Artisti senza rivali che hanno scandito il lento incedere del tempo con la loro opera certosina e con le loro impagabili qualità. Una vita intera passata ad aggiustare ingranaggi e oliare meccanismi cercando la perfezione.

Da oggi quel patrimonio di arte, sapere e strumenti sarà custodito all’interno del palazzo di Fraternita dove, su volontà del primo magistrato Pier Luigi Rossi, verrà ricreato fedelmente il laboratorio degli orologiai Burzi i quali entreranno a far parte della prestigiosa schiera di benefattori.

“Abbiamo donato alla Fraternita - spiegano Francesco e Rita - tutti gli strumenti custoditi all’interno del laboratorio di via Cesalpino dove Francesco ha lavorato per 65 anni della sua vita, prima di fianco al padre e poi per conto proprio portando avanti la tradizione di famiglia”.

“Come Fraternita - spiega il primo rettore Pier Luigi Rossi - abbiamo scelto di destinare uno spazio a questa preziosa donazione vicino al nostro orologio, meccanismo tra i più antichi d’Europa. Inoltre vogliamo promuovere una scuola di orologeria che servirà da stimolo per formare nuove menti”.

Ma oltre al laboratorio di Francesco Burzi, la Fraternita ha ereditato anche un’altra prestigiosa ed importante donazione.

E’ stato su volontà di Lisiana Lisi in Turchini che all’ente di piazza Grande sono arrivare due spade appartenute a Garibaldi e donate nel 1856 a Vince Turchini.

“Questa donazione - sottolinea il primo rettore Pier Luigi Rossi - è stata fatta in nostro favore in ricordo dei figli della signora Lisiana. A lei va il nostro più sincero ringraziamento. Questi cimeli entreranno a far parte del museo che stiamo cercando di allestire all’interno delle nostre stanze e saranno visibili a tutti gli aretini”.

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