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Cultura

Il mosaico del Premio Pieve Saverio Tutino 2016: tutti gli appuntamenti dell'edizione dedicata alle StoriEmigranti

Da alcuni anni il programma del Premio Pieve Saverio Tutino, il festival dedicato alle scritture autobiografiche inedite, viaggia su un duplice binario. Da una parte si celebra la fase finale del concorso riservato ai diari, alle memorie e agli...

Da alcuni anni il programma del Premio Pieve Saverio Tutino, il festival dedicato alle scritture autobiografiche inedite, viaggia su un duplice binario. Da una parte si celebra la fase finale del concorso riservato ai diari, alle memorie e agli epistolari delle persone comuni, con la proclamazione del testo vincitore all’interno della manifestazione “Memorie in piazza” che quest’anno si svolgerà domenica 18 settembre a partire dalle 16.30 nel centro di Pieve Santo Stefano. Dall’altra parte, nei giorni che precedono (apertura del festival venerdì 16 alle 16.00) l’Archivio si impegna a sviluppare un tema di riflessione, più o meno attuale, attraverso dibattiti, spettacoli dal vivo, performance teatrali e musicali, presentazioni di libri, ecc.

Quest’anno il tema scelto come filo conduttore della rassegna è stato quello delle migrazioni e della memoria delle migrazioni. Il tema del Premio Pieve 2016: StoriEmigranti

La storia di un’emigrazione comincia sempre da un punto di partenza e finisce con un punto di arrivo. E poi c’è tutto quello che sta nel mezzo. Il viaggio. Che spesso è la parte più difficile da vivere e raccontare. Se ci chiedessero di descrivere il punto di arrivo di un’emigrazione, avremmo un vasto immaginario da richiamare. Evocheremmo prima scene tragiche che abbiamo interiorizzato in molti anni, dai barconi che affondano al largo delle nostre coste ai corpi senza vita dei naufraghi, di ogni età, riversi sulla spiagge. Poi forse ci tornerebbero alla mente i centri di raccolta e smistamento dei migranti, e la visione di chi resta ai margini delle nostre metropoli e della società. Infine, in misura minore, andremmo col pensiero a chi ha raggiunto felicemente il punto d’arrivo, a chi ha ricominciato a vivere una vita normale quand’è giunto a destinazione. Se invece ci chiedessero di descrivere il punto di partenza di un’emigrazione, ci troveremmo in difficoltà. Penseremmo ai contesti di povertà, o di guerra civile, etnica, religiosa, che oggi in tutto il mondo creano le condizioni per un esodo in massa di milioni di uomini e donne. Ma faticheremmo a visualizzarli.

Cambio di prospettiva.

Smettere di pensare all’emigrazione come allo spostamento di un popolo da un luogo geografico a un altro. Cominciare a immaginarlo come lo spostamento da un’epoca a un’altra. Il punto di arrivo resterebbe quello dei barconi, dei margini delle metropoli e dei rari esempi di felicità. Il punto di partenza lo ritroveremmo nella nostra memoria, anche molto recente, nella storia degli italiani che hanno avuto le guerre in casa fino alla metà del secolo scorso, la povertà fino a ieri, a oggi. Allora sì che riusciremmo a visualizzare. Vedremmo partire i nostri fratelli, genitori e nonni, e vedremmo arrivare i migranti africani, mediorientali o asiatici che attraversano i nostri confini. Ci siamo lasciati trasportare da questa suggestione, da questa rilettura del fenomeno migratorio, e ci siamo resi conto che l’Archivio dei diari ha molto da dare per contribuire a una riflessione comune. Per aiutare chi fatica a immaginare quale sia il punto di partenza di un migrante. Per contribuire a scrivere la storia di ciò che sta nel mezzo, quella del viaggio. Non abbandoniamo la suggestione. Non immaginiamo il viaggio da un luogo geografico a un altro, ma il viaggio da un’epoca a un’altra. Cos’è accaduto da quando partivamo in cerca di una condizione di vita migliore, a quando abbiamo iniziato a divenire terra di approdo, spesso anche di indifferenza e di odio, per chi cerca a sua volta una condizione di vita migliore? È un viaggio difficile da raccontare. Bisogna partire dalla cronaca dell’oggi, e dalle testimonianze scritte di anni fa, e farle incontrare al punto giusto. Bisogna sovrapporre il parlato e lo scritto, lingue diverse, mondi lontani.

È così che abbiamo immaginato il Premio Pieve Saverio Tutino 2016, come l’incontro tra chi vive e racconta le emigrazioni di oggi e noi, che abbiamo raccolto e conservato, e che raccontiamo, le emigrazioni di ieri. Principali appuntamenti del Premio Pieve 2016

dedicati al tema delle migrazioni e della memoria delle migrazioni Tutti gli appuntamenti si svolgono a Pieve Santo Stefano, Arezzo

Presentazione di “Armi e bagagli” 30° numero della rivista Primapersona

Edita dall’Archivio, diretta dalla prof.ssa Anna Iuso. Nel numero compaiono editoriali del prof. Marcello Flores e del prof. Alessandro Triulzi.

Guerra. Dolore. Terrore. Morte.

Fuga. Speranza. Accoglienza. Rifugio.

Storie di oggi, che leggiamo, ascoltiamo, osserviamo ogni giorno. Che viviamo.

Storie di ieri, che richiamano l’attenzione dagli scaffali dell’Archivio dei diari per essere raccontate. Le abbiamo ascoltate. E abbiamo affidato loro un numero della nostra rivista dedicata alle scritture autobiografiche, Primapersona.

“Armi e Bagagli”. Quando un titolo dice tutto.

Traiettorie di uomini e di donne comuni, persone che nella loro vita sono scappate. Le emozioni, le paure, i dolori, le aspettative, le sconfitte, le delusioni, la solitudine, il senso di rivalsa, la lotta. La grande epopea di chi va, sapendo di non fare più ritorno. Mediterraneo luogo geografico di partenze e di arrivi: su una sponda città e stati da cui scappare, sull’altra luoghi dove rifugiarsi o transitare verso altri luoghi dove rifugiarsi. Esodi di popoli diversi per origine e tradizioni. Individui che si incontrano per caso, ma accomunati nel destino. Superare confini con bagagli di fortuna, fatti di attese e illusioni, e una zavorra di nostalgia verso la patria amata. E odiata al tempo stesso.

Questo numero di Primapersona, il 30° della rivista, racconta il lato drammatico dell’emigrazione, la sofferenza della condizione di profugo, l’umiliazione di chi arriva chiedendo asilo e giustizia.

È un piccolo omaggio di carta a tutti coloro che hanno scommesso la posta della sopravvivenza, pur di vivere e far vivere la propria famiglia in condizioni più dignitose.

Pubblicazione del volume: “Lireta non cede”, Diario di una ragazza albanese.

di Lireta Katiaj, prefazione di Guido Barbieri, postfazione di Mario Perrotta collana I diari di Pieve, Terre di mezzo, 2016

sabato 17 settembre ore 16.00

Logge del Grano

La parola latina “persona” deriva da un termine etrusco, phersu da cui proviene a sua volta phersuna. Ha un significato ben preciso: sta a indicare cioè la maschera funebre. Ma la storia delle lingue antiche e della loro stupefacenti metamorfosi ci ha donato anche un’altra “visione” di questa parola cruciale che oggi usiamo con parsimonia e che ci sembra quasi un guscio di suono, vuoto di senso. Secondo alcuni etimologi illustri “persona” deriverebbe anche dal verbo latino per-sonare, ossia, letteralmente, parlare attraverso. Ma attraverso che cosa? Una maschera, un’altra maschera, anche se assai diversa da quella che riposa sui volti dei defunti. È la maschera che nella tragedia attica, ma anche nella farsa, l’attore indossava sia per assumere le sembianze del personaggio che interpretava, sia per amplificare la propria voce, per arrivare in ogni angolo del teatro. I due significati “fratelli” racchiusi nella parola persona, insieme alle due maschere che la rappresentano, quella funebre e quella teatrale, disegnano alla perfezione il ritratto di Lireta Katiaj. Una ragazza albanese, nata a Vlora trentanove anni fa, che sul declinare del secondo millennio decide, come tante sue coetanee, di recidere il cordone ombelicale che le lega alla patria, alla famiglia, alla lingua, alla terra di origine, per approdare ad un nuovo mondo, sconosciuto, illusorio, salvifico: l’Italia falsamente accogliente e luccicante di benessere raccontata dai pifferai magici delle televisioni nazionali, pubbliche e soprattutto private.

Per molti anni, per la verità, a Lireta il diritto di essere “persona” è stato sbrigativamente negato: fino al suo approdo definitivo all’Italia è stata, al contrario, una non persona. La ragione è semplice e brutale: sulla sua pelle è stato impresso, come un tatuaggio indelebile, il marchio di migrante. E ai migranti, lo sappiamo bene, non si usa la stessa gentilezza che abitualmente viene riservata alle persone: ad esempio non si danno mai nomi. Nomi propri, cognomi, nomi dati, nomi di famiglia. Anche Lireta si è dovuta conquistare con la forza il nome che porta.

Ma nella esistenza di Lireta ad un certo punto alla maschera funebre si sovrappone, fino a prenderne il posto, l’altra maschera, la maschera della voce, la maschera del “teatro”. E questo punto coincide perfettamente con la decisione di rifugiarsi in un universo che Lireta, sin da bambina, ha abitato con grande felicità: la scrittura. La storia individuale di Lireta non è diversa da quella di mille altre ragazze albanesi della sua generazione. E se non fosse stato per la scrittura la sua storia si sarebbe inabissata nell’oblio, come le altre mille. Invece Lireta scrive. Ed è per questo che non cede.

dalla prefazione di Guido Barbieri Seminario: Tavola rotante

sabato 17 settembre ore 18.00

Logge del Grano

Ma cosa vuol dire oggi immigrare in Italia? Domanda molto complicata che abbiamo rivolto a delle “risposte viventi”. Persone che in settori diversi, da presupposti e con obiettivi diversi, lavorano ogni giorno per l’accoglienza, l’integrazione, l’inclusione.

Gheni Adam

Associazione Hypatia

Associazione nata da un gruppo di donne, provenienti da vari paesi del mondo, con l’obiettivo di cercare soluzione ai “piccoli “ disagi della vita quotidiana, come la solitudine e l’isolamento, creando spazi e momenti per la condivisione di cultura e tradizioni.

Alessandro Bechini

Oxfam Italia

Associazione umanitaria italiana, nata in Toscana più di 30 anni fa e oggi parte di una grande coalizione internazionale, formata da 15 organizzazioni che lavorano in 98 paesi per combattere l’ingiustizia della povertà nel mondo.

Fernando Vasco Chironda

Comitato 3 Ottobre

È una Onlus costituita nel 2014 con lo scopo di far riconoscere la data simbolica del 3 ottobre, giorno del naufragio al largo di Lampedusa in cui persero la vita 368 migranti, quale “Giornata della Memoria e dell’Accoglienza” .

Antonio Damasco

Rete Italiana di Cultura Popolare

Associazione culturale nata nel 2009 che ha per scopo la realizzazione di azioni socio-culturali volte alla valorizzazione e alla riproposizione delle culture popolari e dei rituali sociali, antichi e moderni.

Loris De Filippi

Medici Senza Frontiere Italia FondataaPariginel1971daungruppodimediciegiornalisti,èoggilapiùgrandeorganizzazione umanitaria indipendente di soccorso medico, con 19 sedi tra cui quella italiana. L’obiettivo di MSF è portare soccorso alle popolazioni in pericolo e testimoniare della loro situazione.

Walter Massa

Arci nazionale

Associazione Ricreativa e Culturale Italiana, è un’associazione di promozione sociale fondata a Firenze il 26 maggio 1957, oggi conta cinquemila circoli, più di un milione di soci. Donne e uomini che hanno liberamente scelto di impegnarsi per promuovere emancipazione attraverso l’autorganizzazione e la partecipazione.

Alessandro Triulzi e Gianluca Gatta

Archivio delle memorie migranti

Raccoglie un gruppo di autori, ricercatori, registi, operatori di terreno, migranti e non, impegnati nel tentativo di dare vita a un nuovo modo di comunicare, partecipato e interattivo, che lasci traccia dei processi migratori in corso e allo stesso tempo permetta l’inserimento di memorie ‘altre’ nel patrimonio collettivo della memoria nazionale e transnazionale.

Coordina Patrizia Di Luca Anteprima spettacolo teatrale: Lireta, a chi viene dal mare

drammaturgia e regia di Mario Perrotta anteprima nazionale

con Paola Roscioli

Laura Francaviglia - chitarra e percussioni Samuele Riva - violoncello

Alessandro Migliucci - aiuto regia Mirco Mora - fonica

Eva Bruno - scenografia e luci

sabato 17 settembre ore 21.30

Teatro Comunale

Albania.

C’è una donna, Lireta si chiama. C’è una donna che guarda oltremare cercando un brandello d’Italia, anche solo una luce. Una luce di Puglia che illumina i sogni di là, nella terra dell’alba. C’è un gommone che parte e la donna si sta in mezzo agli altri sul mare, cercando d’Italia e di luci. Tra le braccia ha una bimba che, neanche tre mesi di vita e si trova sull’onda, nel nero di un cielo senza luna.

L’hanno detto alla donna, alla bimba e a tutti gli altri lì sul gommone: “Se arriva la guardia costiera d’Italia buttatevi in acqua!” L’hanno detto anche all’uomo, compagno alla donna che si sta anche lui sul gommone.

Ogni onda che arriva, il mare s’ingrossa più ancora. E più forte è il terrore di perdersi la bambina dalle mani. Ogni volo sull’onda, precede uno schianto sull’acqua arrabbiata e ogni schianto è un ricordo.

Ricordo di un padre con l’alcool e la mano facile, un padre che serra i figli sotto chiave mentre picchia la moglie. Ma Lireta non cede. Ogni volta, disperata, tenta una difesa di quella madre così remissiva, una difesa qualunque gridando, sbattendo, ma senza risposta. Ricordo di un matrimonio con chissà chi, matrimonio combinato tra famiglie, senza che lei possa dire parola. Ma Lireta non cede. Rifiuta. Tutto rifiuta: l’uomo, il matrimonio, e anche la famiglia. Ricordo di un fuga da casa e di un innamoramento, “che io” le diceva lui “se mi ami ti porto in Italia”. Ricordo di una casa vicino al mare, ancora una volta serrata a chiave aspettando che la portassero, insieme alle altre, sulle strade d’Italia, “che io se mi ami ti porto in Italia”, dicevano anche gli aguzzini delle altre. Ma Lireta non cede. E scappa. Ma uno di loro, un aguzzino, la insegue per giorni, la prende, la guarda negli occhieledice“tiamo”:anchelui,comel’altro,ledice“tiamo”.Enasceunabimba.

Ricordo di quando con lui e con la bimba in braccio, decidono di prendere quel gommone che adesso aggredisce le vette del mare, enormi, ringhianti, che ogni volta che sei sulla cima butti l’occhio lontano sperando una luce di Puglia. E Lireta non cede e si serra più forte la bimba sul petto. Ricordo di un volo, a qualche metro dalla costa del Salento, un volo verso l’acqua spinti giù dal Caronte che guida il gommone.

Ed è qui che tutto si sospende: vola Lireta, vola il compagno e vola la bimba di soli tre mesi e un’intera esistenza passa davanti agli occhi, in quel tempo infinito passato per aria - sospesi - prima del contatto con quel mare che è morte, che è vita nuova...

Mario Perrotta

Performance: MemoriaControErosione

Il cibo racconta nei diari di Pieve

venerdì 16 settembre ore 20.30

Chiostro Asilo Umberto I

Memory Route, la strada sensoriale ed esperienziale sulla memoria che accoglie ad Anghiari e Pieve Santo Stefano viaggiatori da tutto il mondo, si interroga e vi interroga, in questo spazio crossmediale e multisensoriale, sul cibo come linguaggio comune, come filo semantico fra le popolazioni mediterranee e fra le identità dei protagonisti del viaggio, dai turisti ai migranti, di ieri e di oggi.

Le parole diventano commestibili e raccontano una storia. Quale storia? Quella degli emigranti e il loro legame indissolubile con il cibo lasciato in patria. E la pausa pranzo nuova, tutta da digerire, con il cibo trovato nella terra promessa. Il tempo del consumare il pasto e i tempi della nuova vita. Gente d’Italia che andava...

Al centro della scena-giardino, un grande orcio trasparente pieno d’olio d’oliva del Mediterraneo. Intorno, sul piano d’appoggio, tutti i pani del Mediterraneo: sicilia, puglia, toscana...arabi e francesi, ebraici e greci. Mestoli di legno e rami d’ulivo, un mucchio di sale grezzo di Sicilia. Antipasto simbolico di chi oggi arriva dai confini del nostro bacino di civiltà mediterranea, tormentato dalla guerra e dai conflitti. Almeno il pane e l’olio, per Gente in Italia che viene... Ricostruire una narrazione attraverso il cibo e altri stimoli sensoriali, per fare fronte all’erosione del tempo e masticare consapevoli. Suoni, Sapori, Storie. Cent’anni fa poteva esserci una fisarmonica o un mandolino nel bagaglio del migrante, oggi uno smartphone nel quale sono caricate le canzoni preferite: intatta è la necessità di portarsi dietro almeno i propri suoni. E qualcosa da mangiare.

performance a cura di Andrea Merendelli

voci Andrea Biagiotti e Grazia Cappelletti

canzoni e musiche dal vivo di

Michele Corgnoli, Maurizio Rapiti, Damiano Lanzi, Nicola Mancini, Giovanni Pichi Graziani responsabile del progetto Memory Route Alessia Clusini

buffet a cura de Il Ghiandaio e Enoteca Simoncelli Performance: Human Library

sabato 17 settembre ore 14.00

Logge del Grano

Mettiti seduto. Guardami dritto negli occhi e leggi quello che ho da dire. Proprio così: leggi. È questa l’idea di base della Human Library. La Biblioteca Vivente è una vera e propria biblioteca con lettori, bibliotecari e un catalogo di libri che sono persone in carne ed ossa. Questi “libri viventi” – nell’occasione anche un po’ “diari viventi” dell’Archivio - vengono “presi in prestito” per la conversazione: ogni lettore sceglie il suo. I libri viventi sono persone consapevoli di appartenere a minoranze soggette a stereotipi e pregiudizi. Desiderosi di scardinarli, si rendono disponibili a discutere le proprie esperienze con altri. La biblioteca vivente — coinvolgendo delle persone in carne ed ossa — è un evento limitato nel tempo. La conversazione dura circa venti minuti. I lettori potranno prendere in prestito uno o più libri, sedersi con loro e ascoltare la storia che avranno da raccontare. Alcuni tra i “libri viventi” della Human Library del Premio Pieve sono animati da partecipanti al progetto DIMMI, Diari Multimediali Migranti. Un’iniziativa di raccolta di testimonianze di immigrati promossa dalla Regione Toscana, che ha favorito la nascita di un fondo specifico all’interno dell’Archivio di Pieve e che, a partire da settembre, sarà riproposto su scala nazionale.

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