rotate-mobile
Cultura

Il cibo per l’arte. Alma Mater. Opere di De Luca alla Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi

Dal 21 ottobre al 4 novembre, all’interno delle prestigiose sale della Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi, prenderanno il via una serie di eventi legati all’arte e al buon cibo. In collaborazione con la condotta Slow Food Arezzo e Val Tiberina e...

Dal 21 ottobre al 4 novembre, all’interno delle prestigiose sale della Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi, prenderanno il via una serie di eventi legati all’arte e al buon cibo. In collaborazione con la condotta Slow Food Arezzo e Val Tiberina e l’azienda Donà dei Monti e con l’appoggio della Fondazione, si susseguiranno una serie di degustazioni, la prima nella serata del 26 p.v. sarà legata ai formaggi di Alpeggio dal titolo “L’Arte”, Assaggi di formaggi e due calici di vino.

Scorrendo nelle sale i visitatori, sorseggiando un calice di ottimo vino, potranno approfondire l’arte di Elio De Luca, la mostra intitolata “Alma Mater”” contiene un corpus di opere raccolto in gruppi denominato Anime: le Anime salve, di chi per scelta o per necessità ha saputo conquistare, un certo grado di consapevolezza quanto meno di sé, se non che degli altri. Le Anime ritrovate, di coloro che hanno faticosamente attraversato la vita per comprendere, infine, che l’incontro con il proprio io interiore o con l’io più vero ed intimo dei propri simili, costituisce la chiave per accedere alla serenità ed al significato pieno dell’esistenza. Le Anime sconfitte, di coloro che sono stati severamente feriti dalla vita o da altri esseri umani che – non avendo coscienza o ignorando volutamente l’esistenza della propria anima e di quella altrui – non pongono alcun freno alle proprie distruttive azioni. Le Anime incantatrici, si tratta di quegli individui che raramente incontriamo, ma che in un solo attimo sanno donarci uno sprazzo di felicità attraverso l’incanto della loro lievità, gioia e semplicità. Le Anime rivelate, aspiranti alla salvezza, attraverso il gesto e la quotidiana pratica del rivelarsi agli altri.

Quesiti che avvolgono l’essere umano e che attraverso la percezione dell’artista, si mostra inquieto difronte ai cambiamenti epocali. Con delicatezza l’artista, introduce un problema quasi costante elaborato nelle sue opere, il richiamo alla vita di senso, fatta di sentimenti ed emozioni a cui si riallaccia l’amore campestre per la terra che solo nell’ancestralità della donna, custode della vita e della sapienza ha la sua origine. Madri o Veneri, la figura femminile simbolo della natura nei suoi aspetti positivi e negativi, dalla connotazione fortemente ambivalente, già in epoca remota, nella società primitiva, fu idealizzata e trasfigurata verso una dimensione ultraterrena. Benevola e terrifica, signora di vita e di morte, secondo Carl Gustav Jung è proprio la Grande Madre a rientrare nella simbologia più vasta e peculiare dell'archetipo femminile e riannodata dall’artista. La cui supremazia dal neolitico perdura per millenni e col passare del tempo e lo spostamento dei popoli assunse diverse personificazioni. Sempre dalle parole dello psicanalista: “la magica autorità del femminile, la saggezza e l'elevatezza spirituale che trascende i limiti dell'intelletto; ciò che è benevolo, protettivo, tollerante; ciò che favorisce la crescita, la fecondità, la nutrizione; i luoghi della magica trasformazione, della rinascita; l'istinto o l'impulso soccorrevole; ciò che è segreto, occulto, tenebroso; l'abisso, il mondo dei morti; ciò che divora, seduce, intossica; ciò che genera angoscia, l'ineluttabile”. De Luca si avvicina alla leggenda recuperando proprio dalla mitologia quella ricerca della donna, della bellezza e dell’amore, la saggezza e l’elevatezza spirituale che trascende i limiti dell’intelletto, ognuna alla ricerca della verità. Euridice, Eco, Arianna, Andromeda, Artemide, Afrodite, Psiche, rappresentazioni della coscienza matriarcale che è parte fondante della civiltà occidentale. Eroine del bene e del male campite in un corpus di opere con la tecnica del “finto” affresco a partire da uno strato di cemento steso sulla tela di juta sabbiata. Il procedimento che si predispone come per l’intonaco, risulta così pronto ad essere impresso dal tracciato disegnativo, per poi passare all’aggiunta dei pigmenti a colori naturali ed olio, stesi quasi sempre in maniera non uniforme.

Con questo tipo di opere chiamate “cementi”, De Luca completa quel passaggio di studio e assimilazione raggiungendo alti livelli non solo di espressività pittorica ma anche dal punto di vista della sua complessità formale; giungendo a quella maturità tale, atta ad esperire un linguaggio nelle immagini ancora più potente, sollecitato in questo caso, anche dalla rievocazione dei grandi racconti mitologici dell’antichità classica.

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il cibo per l’arte. Alma Mater. Opere di De Luca alla Fondazione Casa Museo Ivan Bruschi

ArezzoNotizie è in caricamento