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Et compie 35 anni. Perché la magica favola di Spielberg non invecchia

Ci sono poche cose sicure al mondo tanto quanto l’universalità del film ET l’Extra-Terrestre. Non importa quale sia il paese che ti ha dato i natali o la tua l’età: ET è una favola magica che funziona per tutti; allora, nel 1982 quando uscì, come...

Ci sono poche cose sicure al mondo tanto quanto l’universalità del film ET l’Extra-Terrestre. Non importa quale sia il paese che ti ha dato i natali o la tua l’età: ET è una favola magica che funziona per tutti; allora, nel 1982 quando uscì, come oggi.

Per festeggiare i 35 anni dall’uscita in sala di una delle pellicole più iconiche non solo di Steven Spielberg ma del cinema tutto, approfondiamo quello che senza ombra di dubbio è e rimarrà per sempre un esempio di cinema del fantastico e dell’avventura che tocca vette di magia, poesia e amore raramente eguagliate, e molto spesso imitate.

La storia la conosciamo bene tutti: in una piccola cittadina di periferia americana, l’incontro tra Elliot e un piccolo alieno rimasto solo cambierà per sempre la vita del ragazzino e di tutta la sua famiglia. L’amicizia tra i due sarà l’inizio di un’avventura fantastica che Elliot e i suoi amici vivranno nel tentativo di far tornare ET a casa.

È cosa ormai nota che la nascita di ET sia strettamente collegata ad un altro grande successo del regista: Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo. All’epoca infatti, nel 1977, la Columbia Pictures chiese un seguito del film a Spielberg che venne inizialmente chiamato Night Skies. Il copione, decisamente dalle tinte più horror, parlava di una famiglia terrorizzata da un gruppo di alieni che tentava di irrompere in casa.

Spielberg decise però di riscrivere completamente la sceneggiatura. Quello che voleva fare era un film più personale, più intimo e autoriale. Qualcosa che parlasse delle sue esperienze da ragazzino e di quello che lui e le tre sorelle avevano provato con il divorzio dei genitori.

Così, durante le riprese de I Predatori dell’Arca Perduta, Spielberg chiese a Melissa Mathison (all’epoca moglie di Harrison Ford) di buttare giù una nuova storia. La Mathison se ne andò con i nastri delle registrazioni e con una serie infinita di appunti delle loro lunghe chiacchierate. Quando otto settimane dopo tornò con la sceneggiatura pronta, Spielberg disse di trovarsi tra le mani “la più bella prima stesura che avesse mai letto”.

La Columbia Pictures preferì produrre un altro film, Starman di John Carpenter con Jeff Bridges, così Spielberg andò con il copione da Sid Sheinberg, mentore, amico e capo della Universal Studios. ET l’Extra-Terrestre era appena nato.

Bastano le prime sequenze a farci innamorare della storia, con quel piccolo alieno che osserva curioso ed intimorito le enormi sequoie del bosco che circondano l’astronave da cui è atterrato. Pochi secondi e capiamo subito che la vera minaccia non alberga tra questo gruppo di esploratori intergalattici, ma tra gli uomini che, celeri ed arroganti, arrivano poco dopo l’approdo dell’astronave, armati di torce e di una poco rassicurante quanto tendenzialmente pericolosa curiosità verso quello che è diverso e sconosciuto.

Tutto si risolve velocemente. La minaccia umana è lì, vicina e sospettosa. L’astronave riparte ed il piccolo ET, rimasto solo, cerca di trovare riparo in una capanna degli attrezzi di una casa vicina. Lì conoscerà Elliot (Henry Thomas), la sorellina Gertie (Drew Barrymore) e il fratello maggiore Michael (Robert MacNaughton).

Dopo Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo, in cui la storia degli alieni era raccontata principalmente dal punto di vista degli adulti, con ET l’Extra-Terrestre Spielberg sceglie di mostrarla secondo la prospettiva dei bambini. Per quasi tutto il film, infatti, ad eccezione di Mary (Dee Wallace), la madre di Elliot, che Spielberg dipinge quasi fosse ancora una bambina, il regista decide di inquadrare gli adulti solo in lontananza, in controluce o dalla vita in giù.

Una scelta bizzarra e molto autoriale per un film fortemente commerciale ma che ancora oggi dona alla pellicola un carattere tutto suo, oltre ad accentuare l’importanza ed il peso che il regista voleva dare alla figura dei bambini all’interno della storia.

Come dicevamo, infatti, con ET il regista nato a Cincinnati porta sul grande schermo l’esperienza e le difficoltà di un divorzio vissute da un bambino, le stesse che lui aveva provato. ET l’Extra-Terrestre, prima di essere un film di fantascienza, è un film che parla di unione e di amicizia e dell’importanza di queste cose nella vita di tutti i giorni.

Parla di come una famiglia, sgretolata e distrutta dal divorzio, riesca a ritrovare, grazie al piccolo alieno, serenità ed equilibrio. Parla di un’amicizia apparentemente impossibile ma che in poco tempo, come tutte le cose che nascono naturalmente, si trasforma in un legame indissolubile che trascende le diversità e la lontananza.

La scelta quindi di non mostrare gli adulti in maniera chiara concilia perfettamente con l’idea del regista. La storia si dipana secondo il punto di vista dei giovani protagonisti ma Spielberg, che aveva già ampiamente dimostrato di essere un abile regista, utilizza ingegnosi espedienti permettendoci di riconoscere alcuni di questi adulti pur non essendo inquadrati in volto. Come quello in cui decide di indugiare con la macchina da presa sul pesante mazzo di chiavi che tintinnante ciondola dalla cinta dei pantaloni di Keys (il personaggio interpretato da Peter Coyote).

Un dettaglio che ogni volta ci permetterà di riconoscerlo, almeno fino al momento in cui Spielberg, nelle battute finali, cambierà completamente registro mostrando Keys in faccia per la prima volta. Altra scelta, questa, non casuale ma meticolosamente ponderata che contribuisce a rafforzare il significato del film.

Pur nella sua fanciullesca e bonaria messa in scena, ET veicola infatti, tra le altre cose, un messaggio universale: l’importanza dei bambini, della loro innocenza e della loro purezza, ma soprattutto della loro visione delle cose priva (ancora) di qualsiasi pregiudizio, limpida ed incontaminata, capace di vedere ben oltre la bieca e sterile ottica degli adulti di fronte al diverso e all’ignoto. Le loro paure infondate (quelle degli adulti) finiscono per generare solo un avido e distruttivo desiderio di sondare con ogni mezzo, anche violento, tutto quello che sfugge alla comprensione.

Ieri come oggi, ET l’Extra-Terrestre resta una visione magica, commovente e divertente, e pur mostrando nella forma i segni dell’invecchiamento, nella sostanza nulla è cambiato di quel film che tutti adoravano (produttori e regista) ma che temevano, all’uscita nelle sale, si sarebbe trasformato in un insuccesso al botteghino capace di attirare solo bambini.

Così non è stato, come hanno dimostrato i numerosi meriti. ET venne infatti premiato con ben quattro Oscar, definito dalla critica “un classico” e – come se non bastasse – la scena in cui Elliot e il piccolo alieno amico volano in bicicletta (oltre ad essere diventata il logo della prima casa di produzione di Spielberg, la Amblin Entertainment) è considerata da Empire “la più magica mai realizzata”.

Diventato all’epoca il maggior incasso al cinema, venne accolto con entusiasmo al Festival di Cannes (presentato fuori concorso la sera della chiusura) per poi influenzare negli anni numerosi altri media (videogiochi, fumetti, pubblicità), fino ad essere citato e parodiato in film e serie tv.

La colonna sonora, poi, composta da John Williams (che si è aggiudicata una delle quattro ambite statuette vinte dal film, impreziosita da un easter egg durante la sequenza del giorno di Halloween in cui Williams, al passaggio di un bambino vestito da Yoda, inserisce per pochi secondi il tema musicale del personaggio) è probabilmente insieme a quella di Star Wars e Indiana Jones una delle più iconiche mai realizzate.

Insomma, ci sono così tanti elementi che rendono ancora oggi e per sempre ET l’Extra-Terrestre un classico immortale da vedere e rivedere.

Pubblicato su Moviestruckers

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