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Il dio Mitra torna a casa, al museo mine la Cavriglia romana riprende luce

Accadde di marzo del 1974. Un marzo freddo, che non impedì però a due ragazzi di Cavriglia, Gianni Grotti e Mauro Ferrucci, di afferrare un carretto a sterzo in legno e di giocare lungo un cantiere di un'abitazione alle spalle della Pieve di San...

Accadde di marzo del 1974. Un marzo freddo, che non impedì però a due ragazzi di Cavriglia, Gianni Grotti e Mauro Ferrucci, di afferrare un carretto a sterzo in legno e di giocare lungo un cantiere di un'abitazione alle spalle della Pieve di San Giovanni, vicino ad un campo di olivi.

Tra una corsa e l'altra, all'improvviso, videro spuntare da un mucchio di terra nei pressi del cantiere un sasso bianco, troppo bianco per essere una pietra naturale. Si avvicinarono e capirono che non si trattava di un macigno qualunque, ma di una statua mozzata. Raffigurava un uomo a cavallo di un toro nell'atto di pugnalare la bestia al collo. Ma il pezzo era stato in parte distrutto e la scena non era ben riconoscibile. I due ragazzi presi dall'euforia afferrarono la statua, la caricarono sul carretto e la portarono a casa.

Il padre di uno di loro, stupito per la clamorosa scoperta, allertò i carabinieri, che si occuparono di far trasportare il pezzo presso il Museo Archeologico di Arezzo tramite la Sovrintendenza, per effettuare studi ed analisi approfondite. Da queste emerse che quella statua non era un pezzo qualunque, un abbellimento antico, un oggetto di decoro di un'epoca remota, ma la prova provata che Cavriglia era stata presumibilmente fondata dagli antichi romani, forse su un avamposto etrusco. Già, perché quella statua raffigurava il "Dio Mitra nell'atto di uccidere il toro", una scena topica e purtroppo nel corso dei secoli completamente dimenticata insieme al culto stesso della divinità.

Mitra, che presenta molte analogie con la figura di Gesù Cristo, è un'importantissima divinità dell'induismo e della religione persiana, ma anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C. Non è chiaro quanto vi sia in comune fra questi tre culti. Benché "Mitra" sia un nome di divinità molto antico, le notizie sui suoi culti sono scarse e frammentarie. Quello ellenistico/romano non ha lasciato alcun testo e sembra molto diverso dal Mitra dei Veda e dello zoroastrismo. Sta di fatto però che dall'Oriente venne importato dagli eserciti romani fino in Europa e venerato anche nelle nostre terre, tra le quali, evidentemente, anche a Cavriglia.

Nel corso degli ultimi quarant'anni quella statua è stata depositata e conservata presso i magazzini del Museo Archeologico di Arezzo, ma purtroppo mai esposta al pubblico. L'Amministrazione Comunale di Cavriglia, in collaborazione con la Sovrintendenza ed il Ministero ai Beni culturali, per la prima volta esporrà nell'Auditorium del Museo Mine di Castelnuovo dei Sabbioni l'opera fino alla fine del 2017 in modo da diffondere la storia del Dio, del suo ritrovamento e delle origini romane di Cavriglia e del Valdarno. A curare il progetto allestitivo, la raccolta documentale e la ricerca storica, che all'interno della mostra illustrerà anche gli scavi di Alvaro Tracchi e del Comune di Cavriglia avvenuti negli anni sessanta e negli anni ottanta dietro alla Pieve di San Giovanni e che riportarono alla luce le fondamenta di una strada e di una villa romana, sono state le archeologhe Stefania Berutti e Silvia Nencetti di Camnes, il Centro Internazionale di Ricerca, formazione e tutela per l'Archeologia del Mediterraneo e del vicino oriente, codiretto da Stefano Valentini.

"Finalmente il nostro progetto dopo tanto lavoro è arrivato a compimento - ha detto l'assessore alla Cultura del Comune di Cavriglia Filippo Boni -. Grazie alla collaborazione con Soprintendenza, Ministero ai Beni Culturali e Istituto Camnes diretto da Stefano Valentini riporteremo a Cavriglia la statua della Tauromachia, il dio Mitra che uccide il toro, risalente al primo - secondo secolo dopo Cristo, rinvenuta a metà degli anni '70 dietro la Pieve di Cavriglia alta. Il gruppo è molto importante e racconta una storia perduta e dimenticata per troppi anni, ovverosia la storia romana di questo territorio, non solo di Cavriglia, ma anche di tutto il Valdarno. Quella statua sta a significare un concetto importante: il dio Mitra venerato soprattutto dalle milizie, originario del medioriente, indica che in quella zona esisteva un nucleo urbano abitato, forse una villa romana, o più di una, e che nell'ipogeo, in una costruzione sotterranea, si venerava questa divinità. Gli scavi di Alvaro Tracchi degli anni sessanta nella zona in oggetto, i cui disegni saranno esposti nella mostra, vanno proprio in questa direzione. Siamo orgogliosi di poter svelare alla comunità di Cavriglia e del Valdarno una storia perduta e dimenticata che ci permette di affrontare con sguardo più consapevole il nostro passato. Ringraziamo profondamente l'Istituto Camnes, la Sovrintendenza e tutti coloro che hanno lavorato e creduto in questo progetto fondamentale per la storia di tutti noi".

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