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Cultura

Arte Cinetica. Forse un buon investimento in questo periodo

Nello scorso articolo ho affrontato il tema della Biennale di Venezia, perciò vorrei parlare di un artista che ha partecipato a molte di Biennali, precisamente a quelle del 1982, ’86, ’95, 2007, 2009 e 2011. Si tratta del maestro Ferruccio Gard...

Nello scorso articolo ho affrontato il tema della Biennale di Venezia, perciò vorrei parlare di un artista che ha partecipato a molte di Biennali, precisamente a quelle del 1982, ’86, ’95, 2007, 2009 e 2011. Si tratta del maestro Ferruccio Gard, noto esponente a livello mondiale dell’Arte Cinetica e del movimento Optical Art o più semplicemente Op Art. Alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia di Ca’ Pesaro, si sta svolgendo fino al 10 dicembre, una sua mostra antologica intitolata: Chromatism and Optical Art con opere dal 1969 ad oggi. Curata da Gabriella Belli fa parte di MUVE Contemporaneo, la rassegna ideata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia che ha lo scopo di far dialogare le espressioni più significative della pittura veneziana contemporanea con la Biennale Arte, in occasione dell’attuale edizione curata da Okwui Enwezor. capesaro.ferrucciogard.

Colgo quindi l’occasione per parlare di Arte Cinetica, che in questi ultimi anni pare sia sempre più rivalutata da molte gallerie e collezionisti, basta fare un giro nei vari stand e si scorgono opere di Alberto Biasi, Getulio Alviani, Aldo Pupino o Gianni Colombo, certo, piccoli formati ma comunque, se le pratiche formali sono in regola e soprattutto non ingannano con qualche vizio burocratico come: certificati di garanzia, pubblicazioni dell’opera in cataloghi, partecipazioni ad aste nonché il periodo artistico, potrebbero essere un piccolo investimento che si unisce alla passione per l’arte in questo caso Optical.

Ma vediamo di fare luce su questa corrente artistica. Nata intorno agli anni venti e successivamente sviluppatasi negli anni cinquanta e sessanta, essa si propone di introdurre il movimento nell'opera, sia fisico come nelle sculture cinetiche di Jean Tinguely, nei Mobile di Alexander Calder o nelle prospettive Mobili di Gianni Colombo oppure virtuale, come nei dipinti Op Art di Bridget Riley, di Ferruccio Gard, di Yaacov Agam, nelle illusioni ottiche di Alberto Biasi o nelle superfici a testura vibratile di Getulio Alviani.

Anche se alcuni critici hanno cercato di suddividere l'Arte Cinetica in diverse categorie, chiamate "Arte Programmata", "Optical Art" o simili, il comune denominatore è sempre un rapporto attivo fra l'opera d'arte e lo spettatore con l'immagine che si modifica in sé o in seguito allo spostarsi nello spazio di chi guarda.

In realtà l'origine di questo movimento è strettamente collegato all'esaurirsi delle esperienze astratte informali introdotte dagli artisti: Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e Piero Manzoni. L’Op Art, fondata da Victor Vasarely, si inserisce di conseguenza nel contenitore dell’Arte Cinetica, ne sfrutta le sue caratteristiche come la ricerca del Bauhaus, di De Stijl e quella cinetica del Futurismo (Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, opera coniata nei venti centesimi di euro italiani) e ne aggiunge altre che risaltino i puri valori visivi. Come la volontà di provocare principalmente le illusioni ottiche, tipicamente di movimento, con l'accostamento opportuno di particolari soggetti astratti o altresì costruendo scientificamente l’opera, attraverso l'illusione bidimensionale servendosi della legge dei contrasti simultanei e dei dati sperimentali della psicologia della forma (Gestaltpsychologie).

È un'arte essenzialmente grafica, basata su una rigorosa definizione del metodo operativo, difatti, l’obiettivo degli artisti è quello di ottenere, attraverso linee collocate in griglie modulari e strutturali diverse, effetti che inducono uno stato di instabilità percettiva. Le relazioni tra le forme colorate corrispondono a proporzioni e progressioni aritmetiche. Ci sono due forme geometriche, il quadrato e il cerchio in grandezza diversa: il cerchio è sempre iscritto nel quadrato e due gradi di rosso (caldo); due di verde e due di azzurro (freddi); due di viola (medio: rosso + blu). In base alla teoria dei colori, i toni caldi, nella percezione, tendono a espandersi e a farsi avanti; i freddi a contrarsi e a ritirarsi. Il decrescere delle grandezze dall’alto al basso suggerisce un crescere delle distanze: infatti, date più figure simili, siamo portati a sentire le più grandi come più vicine. Altri dislivelli di piano, sempre illusori, sono suggeriti dai mutamenti delle relazioni cromatiche tra tondi e quadrati: freddo e freddo, caldo e freddo, freddo e medio. Questa è la costruzione che si ravvisa anche in Gard, unita alla precisione geometrica delle forme e la stesura piatta delle tinte, a dimostrare che la superficie del quadrato è perfettamente piana: le distanze spaziali illusorie sono dunque integrate al piano assumendo un carattere plastico.

Per ciò che concerne il dipinto, esso non implica significati simbolici, né può considerarsi soltanto un pannello decorativo, una gradevole combinazione di forme e colori, è chiaro che non contiene assolutamente nulla che non si dia nella sensazione immediata.

Il piano colorato offerto alla percezione implica tuttavia una nuova serie di operazioni mentali: valutazione del diverso valore che assume la medesima tinta a seconda che sia associata a una forma circolare o quadrangolare, valutazione e ragguaglio delle relazioni proporzionali tra le diverse grandezze e i diversi colori. La percezione del quadro è dunque una percezione selezionata, organizzata, strutturata: un “modello” di percezione. Ha perciò una funzione essenzialmente educativa: insegna a percepire con chiarezza, avendo coscienza delle leggi fisiche e matematiche che fanno della percezione stessa un processo intellettivo. In tal modo, essi stimolano il coinvolgimento dell’osservatore. Il destino dell’Op Art benché nata da solide teorie rimarrà nel tempo solo un Movimento e non una Corrente destinata ad essere soppiantata dall’americana Pop Art!

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