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American Pastoral - Voto 6,5

Con American Pastoral Ewan McGregor segna il suo debutto come regista tentando il difficile ed ambizioso compito, soprattutto per un esordiente, di portare al buio della sala il complesso ed omonimo romanzo di Philip Roth con cui vinse il Premio...

Con American Pastoral Ewan McGregor segna il suo debutto come regista tentando il difficile ed ambizioso compito, soprattutto per un esordiente, di portare al buio della sala il complesso ed omonimo romanzo di Philip Roth con cui vinse il Premio Pulitzer per la narrativa del 1998.

Una scelta ardita e coraggiosa quindi quella di McGregor qui anche protagonista nei panni di Seymour Levov, detto “lo svedese” da tutti per la sua chioma bionda e per gli occhi blu.

Da subito veniamo introdotti placidamente al racconto da Nathan Zuckerman (David Strathairn), personaggio che compare quale alter ego dell'autore in diversi romanzi di Roth.

Zuckerman si trova ad 45esimo incontro con gli ex alunni della scuola, sono passati ormai molti anni ma il ricordo dello svedese è ancora vivido.

Lo svedese.

Una vera leggenda, un eroe della comunità bello e gentile a cui la vita aveva regalato tutto: la gloria sportiva ai tempi del college, una moglie bellissima ex Miss New Jersey (Jennifer Connelly), una casa splendida immersa nel verde, una carriera lavorativa di successo, grazie al padre e alla sua solida fabbrica di guanti, e una figlia amabile e sensibile, Merry (Dakota Fanning).

Zuckerman si domanda cosa mai possa aver fatto tale prodigio, vera incarnazione del sogno americano, negli anni della sua assenza.

L’incontro con Jerry Levov (Rupert Evans), vecchio amico e fratello minore di Seymour, è l’occasione per farsi raccontare gli anni persi e la tragedia che improvvisamente cambiò radicalmente la vita dello svedese.

Una vita perfetta che comincia a manifestare le prime piccole crepe con le balbuzie della figlia Merry, disfluenze verbali dovute al difficile rapporto con la madre, con cui si mette a confronto, e dall’amore incondizionato verso il padre.

Fragilità psicologiche che portano in grembo i semi di quelle che anni dopo diventeranno idee politiche così radicate in Merry, tanto da lasciare che le proteste che infiammano l’America ormai impantanata nella guerra in Vietnam, la travolgono.

Sempre più politicamente attiva, Merry arriverà a compiere un attentato in cui perderà la vita un uomo.

Costretta a nascondersi per fuggire all’FBI, porterà alla rovina i suoi genitori, soprattutto il padre che non si arrende all’idea di averla perduta, consumandosi giorno dopo giorno nella speranza di poterla rivedere. Il sogno americano quindi che si sgretola sotto il peso impietoso dell’imprevedibile.

Ewan McGregor, al quale possiamo in parte perdonare una regia piatta e poco personale, si concentra principalmente sul rapporto padre e figlia.

Le rivolte dei manifestanti, lo scontro generazionale nell’affrontare il conflitto in Vietnam, tra i giovani rivoluzionari pronti a tutto pur di dare voce agli innocenti uccisi in guerra che non ne hanno, e l’acquiescenza dei genitori accusati invece di voltare le spalle e far finta niente, vine quasi lasciato in sottofondo.

Assistiamo per gran parte della pellicola alle vicissitudini di un uomo che non si capacita di aver fallito nella cosa più importante per un padre, crescere la figlia nella maniera giusta.

Divorato da quello che è accaduto, diventiamo testimoni della silente lotta di Seymour per ritrovare una figlia che pare non voglia più vederlo, ma anzi, qualcuno gli dirà che lo preferirebbe addirittura morto.

Un uomo che non si arrende a quello che la logica vorrebbe cercando disperatamente di difendere l’immagine pure ed innocente della figlia, anche dopo che questa gli confessa la verità.

Il racconto che McGregor ha tra le mani è di una potenza travolgente, nero, nerissimo, uno dei romanzi più acuti del 20esimo secolo, ma la sua trasposizione alleggerisce spesso quella che è una vicenda tremendamente cupa e violenta.

Non riesce a gestire la mole del romanzo originale di Roth, la sua prosa torbida viene snellita e quasi “edulcorata”.

Bella la fotografia e bravi gli attori ma al termine della visione rimane quell’amarezza di una pellicola riuscita a metà, incapace di sporcarsi del tutto le mani nel fango di una storia fosca e struggente.

Voto: 6.5

American Pastoral (Usa, drammatico, 2016)

Regia: Ewan McGregor

Sceneggiatura: John Romano

Cast: Ewan McGregor, Jennifer Connelly, Dakota Fanning, David Strathairn, Uzo Aduba, Valorie Curry, Rupert Evans, Molly Parker, Peter Riegert, Mark Hildreth, Emily Peachey, Hannah Nordberg, Ocean James, David Whalen

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