Cavallucci: fragranti e duri "inguastiti". La ricetta della Befana
Una ricetta che, oltre ad essere un classico delle feste natalizie, rappresenta anche la complessità delle origini contadine di buona parte dei toscani
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Categoria
Dessert -
Difficoltà
Facile -
Tempo
30 minuti -
Dosi
10 persone
Ingredienti
- 200 grammi di farina 0
- 80 grammi di zucchero
- 20 grammi di miele
- 70 grammi di acqua
- 30 grammi di canditi d’arancia
- 60 grammi di noci tritate grossolanamente
- 3 grammi di ammoniaca per dolci (0 5 gr di lievito e un pizzico di bicarbonato)
- Un pizzico di sale
- ½ cucchiaino raso di spezie toscane (noce moscata, chiodi di garofano, cannella, pepe nero, coriandolo)
- anice q.b. (a piacere)
Procedimento
Come prima cosa fare uno sciroppo con lo zucchero e l’acqua, ma non far caramellare, deve solo essere sciolto nel liquido, il saccarosio. Mescolare la farina con l’ammoniaca, le spezie e il sale, unire le noci e i canditi. Unire al composto lo sciroppo e il miele e impastare il tutto. Mettere l’impasto nella farina e formare dei biscottini rotondi ma dalla forma irregolare e metterli sulla teglia ricoperta carta forno. Infornare a 160° per circa 12-15 minuti.
La ricetta
Ebbene sì. Befana anche ad Arezzo fa rima con cavallucci.
Sì, lo sappiamo la ricetta originaria è senese, non c'è bisogno di ripeterlo ulteriormente. Ma malgrado i natali siano tutti da ricercare nell'area sud est della Toscana, è evidente che le influenze di questo dolce sono arrivate fino in quel "de 'Rezzo".
In Valdichiana, ovviamente per prossimità territoriale, è più frequente riuscire ad incappare in massaie e pasticcerie che concedono spazio, tra le altre leccornie natalizie, anche ai cavallucci o pepini che dir si voglia.
Con la loro forma "ciombata" e rotondeggiante i pepini sono sicuramente una delle meraviglie del Natale. Sono in molti coloro che ricordano come da ragazzi, qualche giorno prima di Natale, venivano impastati e cotti i biscotti che con stoico coraggio e impavida parsimonia arrivavano fino alla Befana diventando parte integrante delle calze e dei doni.
Dolce di antiche ed umili origini, il cavalluccio è ancora oggi fatto di pochi semplici ingredienti che sono di facilissima reperibilità quali miele, farina, zucchero, canditi e noci. Niente uova, niente burro, niente grassi saturi così da consentirne una migliore e più facile conservazione.
Fragranti come un bouquet, buoni come il cuore di San Nicola la notte di Natale e duri come la terra che, generazione dopo generazione, ha sfornato teglie e teglie di pepini.
Ps. La consistenza del biscotto è differente a seconda del momento in cui viene consumato. Solitamente, visto che questa tipologia di dolci segnava la fine delle festività, il giorno dell'Epifania venivano mangiati insieme a qualche bicchiere di liquore così da non rischiare i molari.
(ClaFa)
Un calice in abbinamento
Un piatto dolce pretende un vino dolce. E la pasticceria secca toscana si accompagna, per convenzione, al "re" dei vini passiti del territorio: il Vin Santo. Quale scegliere? Anche in questo caso, ci facciamo guidare dalla tradizione, il cavalluccio aretino, essendo più legato alla Valdichiana, viene abbinato a un prodotto del territorio di riferimento: il Valdichiana Vin Santo Doc, a base di uve a bacca bianca, come Trebbiano e Malvasia. La dolcezza del biscotto si sposa con quella del sorso, la buona Pai di un prodotto artigianale corrisponde alla persistenza gusto-olfattiva nel calice. La grande succulenza indotta dalla masticazione è bilanciata dall'elevato tenore alcolico del vino passito (almeno 15°). Inoltre, un buon Vin Santo deve avere un'ottima acidità che permette di bilanciare le morbidezze in bocca. Tra le tipologie di Vin Santo, meglio scegliere quella base, piuttosto che la Riserva (destinata a un dolce con maggiore struttura, magari con grassi di origine animale nell'impasto - burro, ed es. - come i cantucci).
(Mat.Cial.)
Ebbene sì. Befana anche ad Arezzo fa rima con cavallucci.
Sì, lo sappiamo la ricetta originaria è senese, non c'è bisogno di ripeterlo ulteriormente. Ma malgrado i natali siano tutti da ricercare nell'area sud est della Toscana, è evidente che le influenze di questo dolce sono arrivate fino in quel "de 'Rezzo".
In Valdichiana, ovviamente per prossimità territoriale, è più frequente riuscire ad incappare in massaie e pasticcerie che concedono spazio, tra le altre leccornie natalizie, anche ai cavallucci o pepini che dir si voglia.
Con la loro forma "ciombata" e rotondeggiante i pepini sono sicuramente una delle meraviglie del Natale. Sono in molti coloro che ricordano come da ragazzi, qualche giorno prima di Natale, venivano impastati e cotti i biscotti che con stoico coraggio e impavida parsimonia arrivavano fino alla Befana diventando parte integrante delle calze e dei doni.
Dolce di antiche ed umili origini, il cavalluccio è ancora oggi fatto di pochi semplici ingredienti che sono di facilissima reperibilità quali miele, farina, zucchero, canditi e noci. Niente uova, niente burro, niente grassi saturi così da consentirne una migliore e più facile conservazione.
Fragranti come un bouquet, buoni come il cuore di San Nicola la notte di Natale e duri come la terra che, generazione dopo generazione, ha sfornato teglie e teglie di pepini.
Ps. La consistenza del biscotto è differente a seconda del momento in cui viene consumato. Solitamente, visto che questa tipologia di dolci segnava la fine delle festività, il giorno dell'Epifania venivano mangiati insieme a qualche bicchiere di liquore così da non rischiare i molari.
(ClaFa)
Un calice in abbinamento
Un piatto dolce pretende un vino dolce. E la pasticceria secca toscana si accompagna, per convenzione, al "re" dei vini passiti del territorio: il Vin Santo. Quale scegliere? Anche in questo caso, ci facciamo guidare dalla tradizione, il cavalluccio aretino, essendo più legato alla Valdichiana, viene abbinato a un prodotto del territorio di riferimento: il Valdichiana Vin Santo Doc, a base di uve a bacca bianca, come Trebbiano e Malvasia. La dolcezza del biscotto si sposa con quella del sorso, la buona Pai di un prodotto artigianale corrisponde alla persistenza gusto-olfattiva nel calice. La grande succulenza indotta dalla masticazione è bilanciata dall'elevato tenore alcolico del vino passito (almeno 15°). Inoltre, un buon Vin Santo deve avere un'ottima acidità che permette di bilanciare le morbidezze in bocca. Tra le tipologie di Vin Santo, meglio scegliere quella base, piuttosto che la Riserva (destinata a un dolce con maggiore struttura, magari con grassi di origine animale nell'impasto - burro, ed es. - come i cantucci).
(Mat.Cial.)