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Cronaca

Truffe e giro d'affari di oltre 200mila euro: così decine di anziani raggirati per telefono

Denaro ma anche gioielli e oggetti di valore richiesti come caparra per evitare il sequestro dell'auto al proprio figlio o peggio ancora. Il tutto architettato e coordinato da una donna, una 40enne partenopea con diversi precedenti a suo carico...

Denaro ma anche gioielli e oggetti di valore richiesti come caparra per evitare il sequestro dell'auto al proprio figlio o peggio ancora. Il tutto architettato e coordinato da una donna, una 40enne partenopea con diversi precedenti a suo carico. Era lei ad affidare i ruoli, stabilire i compiti e spronare il gruppo.

Sono in tutto dodici le persone finite la fresco con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe a danno di anziani.

Dopo lunghi mesi di indagini, alle prime ore di questa mattina, i carabinieri della compagnia di Arezzo, con il supporto dei colleghi del comando provinciale di Napoli, hanno dato esecuzione ad un’ ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari di Arezzo su richiesta del sostituto procuratore Iannelli

"Il provvedimento restrittivo - fanno sapere dal comando provinciale di Arezzo - costituisce l’epilogo di un’articolata e complessa attività investigativa, avviata nel novembre 2016, a seguito di una serie di truffe consumate nel territorio della provincia di Arezzo, e che ha permesso di individuare e ricostruire un’organizzazione malavitosa di soggetti originari e residenti in provincia di Napoli che commettevano raggiri a persone anziane su tutto il territorio nazionale".

Particolarmente ingegnoso ed elaborato anche il modus operandi architettato dai truffatori.

Le vittime venivano individuate consultando i siti internet contenenti riferimenti telefonici e indirizzi.

A coordinare l'attività era una donna che a sua volta si avvaleva del supporto di alcuni "addetti" alla logistica, di telefonisti e poi di emissari che avevano il compito di riscuotere la caparra dalle vittime.

"I telefonisti - proseguono i militari di Arezzo - si presentavano spacciandosi per carabinieri, avvocati o agenti di società assicurative, rappresentando generalmente un grave sinistro stradale dove era rimasto coinvolto un prossimo congiunto della vittima (solitamente un figlio o un nipote) e che per conferma della cosa potevano chiamare il 112. Facevano sì che ciò avvenisse senza che la parte offesa riattaccasse il telefono. Una volta sentito digitare i tre tasti, un altro soggetto telefonava qualificandosi come Carabiniere confermando alla vittima quanto già anticipato dall’altro complice. In questa fase, i truffatori cercavano di carpire alla vittima più dati personali possibili e soprattutto se la stessa si trovava in casa da sola. In alcune circostanze la vittima veniva rimbalzata tra più telefonisti al chiaro scopo di aumentarne l’angoscia e la confusione e indurla così al pagamento".

Una volta appurato questo aspetto ecco che entravano in azione gli emissari. Già, perché dopo essersi sincerati del fatto che l'anziano era a casa da solo e disposto a pagare per evitare guai al proprio figlio, i telefonisti concludevano il colloquio indicando alla vittima un avvocato o incaricato dell’assicurazione che si sarebbe recato presso la propria abitazione per ritirare quanto stabilito, che spesso, oltre ai soldi, si trattava di monili in oro, e ogni oggetto di valore, poi rivenduti presso compro oro compiacenti.

Le somme richieste arrivavano anche a superare i settemila euro.

Ben organizzata anche la gerarchia e ruoli che ognuno avrebbe dovuto ricoprire: a capo di tutto l’organizzatore che dirigeva il gruppo individuando le vittime e distribuendo i compiti. Poi ecco gli incaricati del supporto logistico che si occupavano del reperimento delle sim card, spesso intestate a ignari soggetti stranieri e del noleggio di autovetture usate per gli spostamenti. I telefonisti si occupavano invece di contattare da Napoli le vittime prescelte e poi da ultimo, gli emissari, che, pronti nelle vicinanze delle abitazioni degli anziani si presentavano per riscuotere quanto preteso.

"Per eludere eventuali indagini - continuano dal comando provinciale di Arezzo - i truffatori adottavano alcune cautele come cambiare frequentemente la zona di azione, sostituendo con regolarità i cellulari e le schede sim utilizzate, così come rivolgersi a diversificate società di noleggio auto per i mezzi utilizzati".

Le indagini hanno riguardato 70 truffe, tra tentate e consumate, compiute, tra il novembre 2016 e il marzo 2017, in Toscana, Liguria, Umbria, Lazio, Abruzzo e Puglia, quantificando in circa 200mila euro il valore complessivo sottratto alle vittime.

Inoltre, sono emersi legami, anche parentali, tra due destinatari delle misure cautelari e un soggetto ritenuto affiliato a un sodalizio criminale camorristico riconducibile all’Alleanza di Secondigliano.

Gli arrestati dovranno rispondere dei reati di associazione per delinquere finalizzata ai delitti di truffa aggravata in danno di persone anziane o comunque in condizioni di minorata difesa. I malviventi sono stati condotti presso la casa circondariale di Napoli Poggioreale e presso i rispettivi domicili dove dovranno scontare le pene detentive.

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